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Libri, passa da Napoli “Il Mondo Capovolto” di Vincenza Tomaselli

SIRACUSA – Qualche critico l’ha chiamata scrittura surrealista, e fondamentalmente lei stessa si ritrova in questa definizione. Ma la prepotente sensazione che lascia Vincenza Tomaselli nella sua ultima “pensata”, invece, è quella di aver fatto capire al lettore come tenere realmente i piedi per terra. Che poi, ne Il Mondo Capovoltotratteggiato già a partire dal titolo, sono “piedi quasi sempre scalzi, sporchi, chiacchieroni di una vita che percorrono irriverenti senza protezione, sempre pronti a prendere a calci in culo gli allineati”. L’opera, germogliata durante i giorni distopici del lockdown, è stata pubblicata dalle edizioni “Infuga e presentata il 12 marzo nella natia Siracusa. Dal 24 marzo l’autrice inizia il tour italiano partendo da Napoli, dove alle 19 è attesa al “Fly Studios” di Parco Pastore, in via Raffaele Ruggiero. Poi, il giorno dopo, sarà a Ferrara. E a seguire Milano, Firenze, Torino, concludendo a Roma l’11 maggio. Gira mezza Italia per raccontare “un libro che sperimenta un pragmatico rovesciamento della logica nel quale la società vive, incastrata con le sue leggi e la sua grammatica, allo scopo di dimostrare l’intelligenza di una vita semplice animata dall’arte“.

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“Noi siamo le parole che pronunciamo”.

Non è certo un testo da consumare veloce a bordo piscina, ma anche si, visto che “il mondo capovolto è semplicità e leggerezza”. Tomaselli spiega che “grazie a un metodo di raccontare introspettivo, oscillante fra l’ironico e il drammatico, un capitolo dopo l’altro, ogni lettore soddisfa l’esigenza primordiale di creare un mondo fatto di leggerezza di azione e pensiero, slegato da compromessi sociali e regole lessicali”. La chiave di lettura sta nel “siamo le parole che pronunciamo”, sgorgate spontanee dall’autrice dopo una lite, e poi metabolizzate come una Baedeker universale per guidare nella ridefinizione del proprio mondo. “Il dizionario che mi hanno rifilato fin dai primi anni di scuola, non mi ha mai rappresentato. Spesso quello che leggevo, era l’opposto di quello che ogni parola mi suscitava a pelle: alcuni sostantivi, verbi e aggettivi li trovavo perfino contraddittori, mortificanti, depistanti”. Così la scrittrice seziona le parole, le scompone nelle loro radici etimologiche, e le ricompone “per coniare un inedito rapporto con il linguaggio che non si sarebbe più lasciato ricattare dalle parole“. Ne viene fuori un agile volume di 78 pagine, fitto di pensieri liquidi scolpiti come lapidi.

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“Espressione di una scrittura dell’istante”.

Vincenza Tomaselli (foto tratte da facebook).

L’autrice, conosciuta come “profonda conoscitrice di storia dell’arte e storia dello spettacolo”, parla della sua opera letteraria come “espressione di una scrittura dell’istante, dove quello che conta non sono volti e luoghi, ma corpi di carne che pensano e agiscono secondo le leggi impunibili delle emozioni”. Giornalista dal 1999 e art director dell’Agenzia di comunicazione integrata “Linea11“, ha pubblicato nel 2008 La voce a me dovuta”, nel 2018 “Novanta Novesimo Cancello“, nel 2019 il racconto “Corpus in Fabula”, e a dicembre scorso “Il Mondo Capovolto”. Scritto quando “il mondo fuori non era più di nessuno, apparteneva a sé stesso e con nessuno voleva più interagire”. Attraverso “piccoli cenni scarabocchiati su un milione di pizzini, dispersi per le stanze della mia casa”, dove stava confinata insieme alle milioni di persone segregate dalla pandemia. “Decisi così di creare il mio mondo, quello capovolto, perché il dritto s’era smarrito e io altrimenti sarei morta in quello di qualcun altro”, racconta Tomaselli nel primo capitolo. Un racconto che poi si snoda fra il filosofico e l’autobiografico letterario, di una cinquantenne stretta fra un cancro che la turba, un cane che la coccola, e un compagno che l’accarezza (o forse tutto il contrario, perché qui vita e parole sono plastilina per il senso comune).

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“Ci vuole sentimento per creare disordine”.

Tutto è compiuto fra le mura di un Getsemani creato dalla paura di un virus ignoto. Ma “dove gli altri vedevano solo confini io scorgevo orizzonti, e così facendo ogni fine altrui diventava un mio inizio”. Così persino la casuale confusione degli oggetti diventa metafora di libertà attraverso l’atto demiurgico della creazione. “Il disordine era sempre stato per me un racconto intenso: centinaia di dettagli che parlavano di una vita, di una giornata o anche di una sola ora in maniera inedita. Detestavo riordinare, lo trovavo spontaneamente innaturale. Nel casino c’era un mondo di creatività che mi appassionava. Ci vuole tempo ed energia per creare disordine. Ci vuole sentimento, impegno, entusiasmo”. Quando il covid non è più un Leviatano e si torna alla libertà di respirare, “la nostra vita è cambiata. La vita di tutti è cambiata. I prezzi di ogni cosa sono schizzati alle stelle, il valore delle stelle è finito nell’immondizia. L’immondizia circola indifferenziata per le strade: donne di plastica, uomini di cartone e politici di vetro”. La scrittrice dalle parole compostabili va invece smaltita nella libreria accuratamente “disordinata”, per farsi sussurrare alla bisogna che “quando non si ha voglia di niente, si ha bisogno di tutto, amore mio”.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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