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Più forti della mafia: nel fumetto di Libera i supereroi sono le vittime

AUGUSTA – Un fumetto per raccontare ai ragazzi le storie di undici “vittime innocenti” della violenza mafiosa. E un tour di testimonianza che si incunea fra i cartelloni estivi, per ricordare agli adulti che la Sicilia non è ancora solo canzonette. C’è la firma di don Luigi Ciotti nella prefazione della graphic novel, che Libera presenta il 20 luglio ad Augusta, per diffondere la cultura della legalità fra le nuove generazioni. Perché “i disegni arrivano semplici e sicuri alla testa e al cuore”, dice il prete-simbolo della resistenza antimafia. A parlare della pubblicazionePiù forti della mafia” ci saranno gli autori, i giornalisti Francesco Nania e Aldo Mantineo, che ne hanno curato rispettivamente le tavole grafiche e i testi didascalici. Ma soprattutto ci sarà Giovanna Raiti, sorella del carabiniere siracusano Salvatore, trucidato 40 anni fa a Palermo mentre scortava un boss in carcere. Anche la sala di palazzo San Biagio scelta per la presentazione, fissata alle 18, ha un richiamo fortemente simbolico. L’auditorium è dedicato a don Paolo Liggeri, antifascista augustano deportato nei campi di concentramento. La memoria di due violenze – quella ideologica di ieri mai sopita, e quella delinquenziale di oggi mai sconfitta – la cui rimembranza trova il suo senso nell’introduzione del sacerdote torinese:“Sentiamoci chiamati a costruirli questi diritti, questa democrazia spesso troppo pallida, troppo permeabile alle forme di corruzione, di ricatto, di prepotenza e infiltrazione illegale“.

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Prefazione di don Ciotti nella graphic novel della “A&A Edizioni”: immagini più forti delle parole.

La graphic novel curata dalla “A&A edizioni” si inserisce in un filone editoriale, che in Italia è considerato di nicchia sotto il profilo letterario, ma all’estero gode di grande considerazione. D’altronde non ci sarebbe stata la fortunata letteratura sul Grand tour, capace di essere ancora oggetto di ristampa dopo più di due secoli, senza i disegni di Jean Houel e gli acquerelli di Wolfgang Goethe a corredo delle loro cronache di viaggio. Il fumetto nato come sottoprodotto pulp da periferia culturale, riservato allo smercio usa e getta in edicola, è diventato volume da biblioteca quando ha incontrato la raffinatezza nel disegno e l’accuratezza nelle storie. Con narrazioni assimilabili a vere e proprie sceneggiature avvincenti, grazie all’astrattismo sintetico del tratto a china, che rende un’immagine simbolica più emotivamente incisiva. Un’opportunità che il cinema ha sfruttato, come dimostrano pellicole di cassetta quali “Sin city” e “300“. Diventando persino manifesto politico come accaduto con “V per vendetta“, dal quale hanno attinto molti movimenti d’opinione organizzati sul web, al punto che il collettivo di hacker Anonymous ne ha mutuato simbologia e filosofia di fondo. “La forza di questo libro (Più forti della mafia, ndr) sta appunto nelle immagini più che nelle parole, che sono comunque preziose e scelte con cura”, nota infatti don Ciotti. La cui lunga storia da prete di strada, iniziata con la fondazione del gruppo Abele per i tossicodipendenti, dimostra la sensibilità delle sue antenne ai settori emarginati dal mainstream.

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Francesco Nania, cronista e disegnatore sulle orme di Joe Sacco per raccontare storie di mafia.

Francesco Nania.

“Il formato è pensato per fare compagnia ai ragazzi anche nel tempo libero”, racconta Nania, classe 1963. Che a Siracusa è conosciuto come direttore dell’emittente regionale Tris tv, e cronista di giudiziaria per il quotidiano La Sicilia. Ma nei circoli culturali è invece noto come eclettico fumettista, capace di sfornare tavole per illustrare tragedie greche come Andromaca e Filottete, o ripercorrere la storia dello sbarco alleato nel 1943. “Cimentarsi sulle vittime di mafia è stato emotivamente impegnativo, anche se fortemente stimolante sul piano civile e professionale”, dice il giornalista, professionista dal 1994. La graphic novel “Più forti della mafia”, nasce proprio dalla fusione della passione per l’illustrazione, con quella per la cronaca. “Non ci sarebbe questo libro senza l’una e l’altra insieme”, spiega. Narrazione grafica supportata dall’approccio giornalistico, che richiama anche stilisticamente quella del quasi coetaneo reporter Joe Sacco, vignettista maltese-americano i cui reportage a fumetti sono pubblicati in mezzo mondo. Il volume promosso da Libera ha tuttavia richiesto uno sforzo documentale maggiore, per ricostruire le ambientazioni degli omicidi di mafia raccontati. Ne sono stati scelti 11, dei 1055 ricordati ogni 21 marzo nella Giornate della legalità. Molti ripescati dall’oblio in cui sono caduti, quando la cronaca è passata inevitabilmente ad altro.

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Aldo Mantineo, 30 anni di cronaca e “le storie dalle verità inconfessabili che ti scavano dentro”.

aldo mantineo
Aldo Mantineo.

“Ci sono storie che ti restano appiccicate sulla pelle, che ti scavano dentro, che finiscono con l’inghiottirti e trascinarti nel gorgo dei dubbi”, scrive Mantineo nella sua introduzione. Classe 1960, menzione d’onore nell’edizione 1994 del premio nazionale cronista dell’anno assegnato dall’Unci, le definisce “storie nelle quali ti imbatti magari casualmente come non di rado può capitare ad un cronista”. Ma nei 20 anni da corrispondente Ansa da Siracusa, e negli oltre 30 alla Gazzetta del Sud conclusi guidando la redazione di Reggio Calabria, ce ne sono state alcune che hanno lasciato un solco particolare. Sono quelle “storie che ti fanno toccare con mano l’opacità di certe situazioni, ti sbattono in faccia verità inconfessabili, che per troppo tempo erano rimaste coperte da una coltre di dolorosi e inquietanti silenzi quando non di connivenze omertose”. Quella del carabiniere Salvatore Raiti l’ha già raccontata nel suo primo libro “Ucciso due volte“. E l’ha riproposta nelle tavole del collega Nania, perché appartiene a quelle storie che “quando la verità – o solo una parte – viene a galla, è fortissima la sensazione che manchi ancora qualche altro tassello”.

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“Non chiamatemi eroe”, l’esempio che si alimenta dal vissuto quotidiano con la schiena dritta.

Il muro degli eroi” realizzato da Giusy Fazio in corso Sicilia.

Nel fumetto dove i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono come numi benevoli per le vittime innocenti, il ventenne carabiniere di Siracusa “diventa una sorta di Virgilio, che dialoga con chi divide l’attesa di essere chiamati” nell’appello delle vittime. Sono “soprattutto giovani e giovanissime, in alcuni casi solo bambini”. Come Cocò Campolongo, ucciso a 3 anni insieme al nonno dalla ‘ndrangheta. O Nicholas Greenn, che di anni ne aveva 7, e in Calabria era venuto in vacanza dall’America. Ucciso per sbaglio come accaduto a Carmelo Zaccarello nel suo bar di Ortigia, da killer arrivati per altri malavitosi siracusani. Per Graziella Campagna lo sbaglio è stato invece di avere 17 anni e parlare candidamente di una camicia portata nella lavanderia in cui lavorava, a Villafranca Tirrena, dove aveva trovato una carta d’identità con la foto del cliente “ingegnere” ma le generalità di un boss latitante. “Storie strazianti che il tempo non ha confinato nel recinto del dolore familiare, dando loro piuttosto una connotazione collettiva“, sottolinea la prefazione. Una novel di Mantineo per l’insegnamento della legalità nelle scuole, usando la graphic di Nania per invogliare i ragazzi a leggerla. E far capire che “è proprio quel sangue innocente versato da tutti loro, che li ha resi e che ci rende tutti più forti della mafia”. Una forza che attinge dall’esempio eccezionale, ma si alimenta di un vissuto quotidiano con la schiena dritta. Al napoletano Giancarlo Siani, simbolo di tutti i giornalisti-giornalisti“, gli autori fanno dire “non chiamatemi eroe: se la camorra non mi avesse ucciso avrei continuato a essere un cronista di strada, e raccontare quello che riuscivo a scovare”.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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