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Costiera amalfitana, Pasqua senza palme svanita l’antica arte degli intrecciatori

Ultimo aggiornamento venerdì, 26 Maggio, 2023   15:07

Quando a Conca dei Marini, il comune marinaro della Costiera amalfitana, l’artigianato legato all’intreccio delle palme, era una vecchia tradizione che si tramandava da padre in figlio. E la Domenica delle Palme era un momento molto sentito, dove la “spiga, il calice, la pagnotta, la colomba, la mitra”, erano simboli irrinunciabili, frutti di una sapiente maestria. Rita Di Lieto, già nel 2002 lanciò l’allarme per non far scomparire questo settore di artigianato locale, in un articolo pubblicato sull’edizione cartacea di E’Costiera (n.4, pag. 23). Lo ripubblichiamo integralmente, come testimonianza di un tenace tentativo di arrestare una trasformazione in atto che era sotto gli occhi di tutti, ma che in pochissimi vedevano. Al Musée de l’Homme di Parigi venne esposta, nel 2002, proprio una palma proveniente dalla Costiera amalfitana. Più di altri ne avevano capito la bellezza artistica. 

Una caratteristica palma dell’antico artigianato di Conca dei Marini

Le palme di Tovere, di Conca dei Marini e di Praiano

Le palme di Tovere venivano fatte con le foglie di ulivo intrecciate, adornate con qualche nastrino o fiorellino giallo; fresie per la loro fraganza. Quelle fatte con le palme da dattero venivano da Conca dei Marini. C’era una palma praianese di foglie d’ulivo con al centro una crocetta di palma da dattero gialla ornata con minuscoli caciocavalli e caramelle; era per i maschietti. Per le femminucce, invece, al centro c’era una colomba bianca fatta con l’interno di un ramo d’i fico.

Le palme benedette era usanza portarle al cimitero e poste sulle tombe dei cari defunti. Un ramo d’olivo veniva messo sul quadro a capo del letto, uno dietro alla porta di casa e i rami più belli si legavano al pergolato della vigna in giardino o, se non c’era la terrazza, comunque fuori casa.

Mario Carbone, “l’ultimo intrecciatore di palme” (come veniva giustamente descritto nel titolo), non c’è più da tempo. Aveva piantato alberi di palme in più  ‘piazze‘. Le figlie avevano continuato a commerciarle per un certo periodo. Poi è arrivato il punteruolo che ha fatto seccare le piante. Ne sono sopravvissute solo alcune di un tipo che non veniva attaccato. Il commercio è finito. A Conca dei Marini, comunque, tutti sanno intrecciare le palme e ciascuno le fa per sé, per rispettare la tradizione. “I giovani non vanno in chiesa” , hanno risposto a Rita Di Lieto, autrice dell’articolo – “figuratevi si ce vanno cu ‘o pesce ‘e palme mmano”


Mario Carbone, ultimo intrecciature di palme (articolo pubblicato sull’edizione cartacea di E’Costiera (n.4, pag. 23).

La famiglia Carbone è l’ultima di una lunga generazione di intrecciatori di palme. Ma questa tradizione rischia di scomparire. Al Musée de l’Homme di Parigi esposta una palma proveniente dalla Costa

I tortani per la Lavanda del Giovedi Santo

Nella famiglia Carbone la lavorazione delle artistiche Palme da benedire durante il rito della domenica delle Palme, è una tradizione antica, nata da un voto. Saperi trasmessi da padre in figlio e la madre in figlia. Dalla cura delle piante, a cui vengono negati i raggi del sole e che restano legate tutto l’anno, al taglio dei rami e delle foglie, con cui si creano aeree sculture, fatte di minuti merletti e di sottili treccioline, che assumono la forma e il significato di simboli: la spiga, il calice, la “pagnotta”, la colomba, la mitra. Occorrono mille attenzioni per assicurare il giusto grado di temperatura e di umidità, affinché le foglie si arrendono docili all’estero e alla maestria delle lavoratrici. Si è costretti, perciò a una fatica affannosa, che si concentra in meno di un mese e a cui pochissimi, ormai, si sottopongono con grande sacrificio solo per non venir meno alla tradizione. Ma fino a quando? 

Il sepolcro del Venerdì Santo a Pogerola

Un tempo se ne facevano a migliaia e venivano portate nelle chiese di Napoli. La più bella era, naturalmente, quella del Cardinale. Per lo più venivano distribuite ai membri delle congreghe. E non erano vendute. In cambio si riceveva un’ offerta. Oggi le congreghe sono pressoché scomparse e le tante mediazioni vanificano il guadagno.

Perché non tutelare questa nobile forma di artigianato prima che scompaia? Una di queste Palme è esposta addirittura al Musée de l’Homme di Parigi. Dove è esposto in costiera tutto il campionario di crocette, “panarielli” e palme di varie dimensioni?

Mario Carbone ricorda che da ragazzo andava a prendere i rami di Palma a Praiano, dove, come Conca, ogni casa aveva la sua pianta, e poi insieme ai genitori, a piedi, trasportava questo pesante fardello su fino a Conca. All’epoca, in casa sua, c’erano almeno 12 donne che lavoravano le palme. Un pasto e una merenda erano tutta la loro ricompensa. Ed erano felici, perché allora si pativa la fame. Due settimane prima della domenica delle Palme un gruppetto di donne si trasferiva a Napoli, dove un amico metteva a loro disposizione un locale nei pressi del Duomo. Ancora oggi arrivano ordinazioni da Napoli, ma la tradizione si va perdendo, soppiantata dall’ulivo, sempre più spesso argentato o dorato, e dalle Palme fatte con confetti colorati. Cerchiamo di conservarla almeno qui in Costiera

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