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Il lungo cammino della ceretta araba con limoni condita da racconti

Ultimo aggiornamento martedì, 2 Giugno, 2020   00:47

Una storia che inizia ai tempi della frequentazione dell’Università di Perugia, dal fascino dell’incontro con culture diverse fino ad arrivare alla conoscenza della “ceretta araba” a base di limone e zucchero. 

Con questa ricetta apriamo un altro capitolo: la cura della propria persona utilizzando elementi naturali. Fa sempre parte di un percorso personale lo scoprire come la natura ci viene sempre in aiuto.

Ai tempi dell’Università di Perugia

Era il tempo dell’Università. Perugia la mia città universitaria dove ho studiato Scienze Biologiche. Con la sua Università per stranieri è sempre stata una città molto accogliente. Per questo i miei primi anni di studi universitari sono stati soprattutto di Antropologia.

L’Università per Stranieri di Perugia

Venivo da un’educazione con molte restrizioni. Mio padre mi ha sempre dato molte regole e negli anni del liceo ero sempre quella che non poteva andare alle feste o fare tardi la sera o andare a dormire a casa di amiche. E’ rimasta nella storia quella volta che ho raggirato l’ostacolo informando solo mia madre che sarei rimasta a dormire a casa di Mariella. Quella sera stessa mio padre mi cercò  per tutta la città. Ma per fortuna nel palazzo della mia amica c’erano più persone con lo stesso cognome e non riuscì a trovarmi. L’indomani mattina ce lo trovammo davanti al liceo, le mie amiche non dimenticheranno mai quello sguardo.

Quando decidemmo di andare a studiare a Perugia con la mia amica del cuore avevamo due montagne da superare. Per me era mio padre, per lei era la madre. Finì che mio padre, di fronte alla mia volontà di studiare non se lo fece ripetere due volte e acconsentì immediatamente. La mia amica, invece, pur avendo una mamma che pensavamo più aperta, rimase a studiare a Napoli.

Antonella Dell’Orto nel giorno della sua laurea

Arrivata a Perugia recuperai il tempo perduto e l’Università per stranieri diventò il mio quartier generale. Mi affascinavano le storie raccontante dai tanti ragazzi che incontravo.

Nawfel, di Cartagine, con negli occhi la sicurezza di chi ha viaggiato e attraversato il Mediterraneo. O  quel ragazzo che arrivava dal Libano con i suoi occhi velati di tristezza, quella di aver visto la guerra. O come quelli di un altro ragazzo che invece portava tutto il peso di appartenere ad un popolo che aveva subito un genocidio curdo-armeno. Di Eva, la ragazza greca che ci fece conoscere i “calabresi” (leggi l’articolo: La cucina narrata: la malva, tra i fiori di campo da dedicare alla mamma )

In Via Beatrice, n.15

Via Beatrice, 15 – Perugia

La nostra casa in Via Beatrice n. 15 era un andirivieni di studentesse e amici. Un anno sono arrivate anche due mie cugine. Una di loro incontrò Andreas , un Greco-Cipriota. Si innamorarono perdutamente. Si sposarono e oggi vivono felicemente  a Nicosìa, dove Lucia promuove la Cultura Italiana collaborando con La Società Dante Alighieri. Un’istituzione culturale italiana che ha lo scopo di tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo; è membro degli Istituti di cultura nazionali dell’Unione europea (EUNIC). Ha poi avviato anche una piccola impresa di catering che si chiama “Aglio olio e peperoncino” organizzando anche corsi di cucina in casa (pagina Facebook “Aglio, Olio E Peperoncino – catering services”). Andreas lavora con una ditta di import /export. Una delle figlie, laureata in Italia in Beni Culturali, lavora all’Ambasciata Italiana di Nicosìa. Ci immaginiamo di trovare un filo con un progetto Erasmus che ci unisca, accomunati da tanto, magari sulla Dieta Mediterranea. L’altra figlia studia a Salonicco dalla nonna Niki.

La famiglia cipriota di Andreas e Lucia

Ed eccoci al legame con la ricetta di oggi. Me la insegnò Niki, la mamma di Andreas quando venne a trovare il figlio a Perugia. Che dolce figura di donna Niki. Viveva a Salonicco, e in quelle permanenza perugine ci deliziò con le specialità greche: Moussaka, Tzatzichi e  i dolci  sempre aromatizzati con miele, cannella, chiodi di garofano e l’immancabile acqua di fior d’arancio. Lei era cipriota e la sua infanzia, trascorsa a Cipro, le aveva dato quell’impronta  di dolcezza che ritrovo in molte persone mediorentiali. Un misto di compostezza, cortesia, amorevolezza.

Usando l’acqua di fior d’arancio riaffiorò uno dei suoi ricordi legato al tempo in cui, bambina, viveva a Cipro: al mattino sotto gli alberi di arancio venivano posti delle lenzuola bianche così da raccogliere tutti i fiori che in maniera naturale cadevano. In ogni casa c’era un alambicco e così da quei fiori si estraeva l’olio essenziale che poi veniva utilizzato per queste acque di fior d’arancio che qui da noi usiamo soprattutto per la pastiera, e sono boccettine, a Cipro invece se ne usano bottiglioni. 

Quanta nostalgia in quel racconto. Da ragazza dovette abbandonare la sua casa, passata al dominio turco senza poter più farci ritorno. Ancora oggi la questione di Cipro è aperta. E’ ancora un’isola divisa dall’ultimo muro d’Europa: da una parte l’etnia greca, dall’altra quella turca.

PER APPROFONDIRE – Nicosia e Lefkada Street: la Cipro divisa tra due culture

La ceretta araba

Un pomeriggio Niki ci insegnò questa famosa ceretta araba: la prima civiltà che ha utilizzato questo metodo per la depilazione naturale è stata quella egiziana. La stessa Cleopatra adottava questa stessa procedura per eliminare i peli superflui. Con il passare dei secoli la ceretta araba verrà utilizzata anche dai Greci che la rivoluzionarono e la plasmarono in base alle loro esigenze sportive. 

Quel pomeriggio ci depilò tutte e io rimasi particolarmente colpita da questo metodo naturale, per cui negli anni l’ho conservato. Ne sanno qualcosa i miei polpastrelli. Mi depilo in questo modo da oltre trent’anni. Adesso è arrivato il momento di passare il testimone a mia figlia e così eccoci a realizzare anche il tutorial.

Antonella Dell’Orto e la lavorazione della ceretta araba

La ricetta

6 cucchiai di succo di limone, 6 cucchiai di zucchero.

Procedimento: far sciogliere lo zucchero e il limone fino a che non arriva alla colorazione del “caramello”. Versare in un piatto precedentemente bagnato. Far raffreddare rigirando e cominciare la lavorazione fino ad ottenere una pallina.Se avanza si può anche congelare per utilizzarla la volta successiva.

Limone, zucchero e color caramello

E con i limoni spremuti che avanzano, preparo anche un detersivo per la lavastoviglie. Ma questa ve la racconterò la prossima volta.

Antonella Dell’Orto (*biologa /contadina/naturalista)

Ceretta araba con zucchero e limone

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