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Souvenir di Sicilia, un viaggio nei sensi anche con le paste di pistacchio

Noto e il barocco

Quest’anno sono stata per qualche giorno di vacanza in Sicilia e così, fin dal primo giorno, é cominciata la ricerca di qualcosa da portare al mio ritorno. Perché ogni viaggio che si rispetti è d’obbligo ritornare a casa con un souvenir.

Nei miei primi viaggi la ricerca del souvenir occupava una buona parte del tempo. Avevo il desiderio di portare ai miei cari, alle mie amiche, un “pensiero” che potesse testimoniare che anche nel viaggio li avevo pensate.

Ricordo il mio primo viaggio in assoluto, dopo la laurea, mio padre mi diede il permesso di andare a Londra con i miei amici e con l’allora mio fidanzato, che poi diventò mio marito.

Ero ossessionata dai souvenir, in particolare quello da portare alla mia prima nipotina che aveva poco più di 1 anno.

La ricerca, quasi ossessiva, era focalizzata su qualcosa che doveva essere “tipicamente inglese“. La mia attenzione ricadde su una costruzione in legno, che a quei tempi era difficile da trovare in Italia, non so quanto fosse tipica. 

Rimasi abbagliata dai Charity Shop. Sono sempre stata appassionata di mercatini dell’usato, è una delle mie manie. In Inghilterra un Charity Shop è molto più di un mercatino dell’usato, è un negozio di vendita al dettaglio gestito da un ente di beneficenza per la raccolta di fondi. Trovai una vecchia racchetta Dunlop con il suo telaio, una mazza da baseball nella sua sacca di tela, un tris di bottiglie per i liquori, cose veramente English Style! Quando mi presentai con questi oggetti all’imbarco faticai a convincerli a farmi entrare in aereo, tanto ero ingombrante! 

Negli anni la ricerca è stata sempre più difficile, ormai è tutto made in China e la globalizzazione ha reso anche il souvenir un oggetto che non è più legato ad un luogo ma che puoi trovare ovunque. 

Il termine souvenir, deriva dal francese e significa “ricordo”, qualcosa che, guardandolo, ti riporta alla mente un luogo.

Ma eccomi in Sicilia. 

Antonella Dell’Orto immersa tra le pietre vulcaniche dell’Etna

Ho visitato siti archeologici, monumenti, mercati e spiagge. Non sono mancate bancarelle di ogni tipo, ma non riuscivo a decidermi su quale potesse essere l’oggetto che avrebbe creato emozione in chi lo riceveva. 

Alla fine la scelta è stata di portare qualcosa da mangiare. Con questo non si sbaglia mai. 

Ma cosa? La granita pistacchio e mandorla, con panna montata e brioche col tuppo ancora calde? Impossibile, la granita si scioglie e la brioche di raffredda, e poi avrei dovuto portarmi dietro anche la facciata delle tante chiese barocche davanti alla quale degustavo queste delizie. Oppure portare l’arancino/a/u (ancora non ho capito qual è la giusta vocale da usare nel finale), ma anche lì, vuoi mettere mangiarlo ancora caldo? 

Il prodotto agroalimentare è diventato la vera espressione di un territorio, anche qui dobbiamo stare attenti a non cadere nella globalizzazione e nell’industrializzazione che omologa il tutto togliendo valore e gusto alle tradizioni. 

Negli ultimi anni, quello che mi interessa durante un viaggio è entrare nei territori e, non c’è porta d’ingresso migliore che quella che passa dalla cucina. 

Il souvenir al pistacchio

Le paste di pistacchio di “zia Graziella”

Così la scelta non è stata quella di recarmi presso una pasticceria – ce ne sono di buonissime e anche artigianali – ma, per rendere unico il mio souvenir ho chiesto a mia zia Graziella, siciliana doc di Giarre, di girare un tutorial sulla preparazione delle sue squisite “Paste di Pistacchio”.

Ci siamo così messe sul tavolo della sua cucina e ha tenuto un laboratorio sulle paste di pistacchio che, insieme alle paste di mandorle, son un’emblema di questa terra etnea, alle cui pendici vengono coltivati sia i pistacchi di Bronte che le mandorle

Il “souvenir” l’ho composto così io impacchettando gli ingredienti, le farine di mandorle e di pistacchi. Le mie sorelle e le mie amiche – con l’aiuto del tutorial caricato sul mio canale you tube – si dovranno cimentare nella preparazione di questo dolce, questo sì tipicamente siciliano.

Ma oltre alle farine ho impacchettato anche la cenere dell’Etna.

Mia zia Graziella vive a Giarre, sotto “Idda, a Muntagna ” come la chiamano i catanesi.

Ogni tanto la montagna sbuffa e ricopre di cenere tutta la città. I tetti, le terrazze, le strade, le terre vengono ricoperte da questa cenere granellosa nera.

Per loro è un problema, per noi “turisti” è una curiosità da impacchettare. 

Alcuni souvenir “originali” della Sicilia

Immancabile poi il giro nei mercatini dell’antiquariato. Qui la mia attenzione è ricaduta sulle “formine” di terracotta che in Sicilia si usavano per la realizzazione della mostarda o della cotognata. Erano parte del corredo delle donne e, ancora oggi si conservano nelle famiglie le formine delle bisnonne. Ne ho prese due, una per me e una per una mia amica appassionata di stampini, chissà se sono veramente antiche, se lo sono hanno anche un valore economico oltre quello emozionale. 

Ultimo souvenir prelevato sulla spiaggia di Stazzo. Un po’ di alghe e dei sassolini di pietra lavica. Penso che quest’ultimo souvenir non teme la globalizzazione ma è espressione vera di una terra che sa di mare e di vulcano.

Ricetta delle paste di pistacchio

320 gr di farina di pistacchio, possibilmente di Bronte

280 gr di farina di mandorle, possibilmente di Avola

6 bianchi d’uovo

480 gr di zucchero a velo

2 bustine di vaniglina

1 cucchiaio e mezzo di miele

Un pizzico di cannella. 

GUARDA IL TUTORIAL DELLA RICETTA DELLE PASTE DI PISTACCHIO

Le paste di pistacchio di “zia Graziella”

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