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Il Carmasciano, il pecorino che racconta la Valle dell’Ansanto citata nell’Eneide

L’unicità del formaggio diventato Presidio Slow Food sta nelle caratteristiche del suo territorio, di cui scrisse anche Virgilio nell’Eneide: merito delle sorgenti sulfuree.

Nel cuore dell’alta Irpinia da sempre si produce dell’ottimo latte, grazie al suo ambiente naturale, con pascoli che si concentrano nella Valle dell’Ansanto, tra gli 800 e i 500 metri di altitudine. Un pecorino d’eccellenza è il Carmasciano e grazie all’”Associazione Pecorino di Carmasciano”, nata nel 2008, è riuscito a riemergere dall’oblio e a diventare anche Presidio Slow Food.

Zone toccate dal terremoto dell’80

L’area di produzione è tra i comuni di Sant’Angelo dei Lombardi, Rocca San Felice, Guardia de’Lombardi e Frigento, provincia di Avellino: zone toccate pesantemente dal terremoto dell’’80 che ha lasciato per anni un’economia al tracollo e una forte emigrazione. Un po’ alla volta chi è rimasto è riuscito a ricostruire pezzi di tessuto socio economico e ad immaginare in un’ottica nuova, di recuperare vecchie tradizioni. Fino agli anni ’50, ogni famiglia contadina dell’area produceva pecorino per il consumo familiare e allevava due razze ovine: la laticauda e la bagnelese (detta anche malvizza). Poi un po’ alla volta, ogni famiglia ha aumentato il numero dei capi fino ad arrivare anche a 50 pecore: la produzione si è così trasformata in una fonte di reddito. “Questa è l’unica zona dell’Irpinia a non aver subito uno stravolgimento, nonostante le gravi perdite causate dal sisma – spiega Angelo Lo Conte, fiduciario della Condotta Slow Food Irpinia Colline dell’Ufita e Taurasi –  È scampata all’edificazione e non è stata oggetto di quelle promesse di sviluppo industriale che spesso poi non sono state mantenute. Questo territorio è rimasto una zona agricola al riparo anche dalle sirene che hanno ammaliato agricoltori di altre aree, dove sono state avviate colture industriali di barbabietole e tabacco, causando la perdita di biodiversità e tradizione e provocando gravi danni di inquinamento ambientale”.

Oggi le aziende che producono il pecorino di Carmasciano del Presidio Slow Food sono soltanto sei. Ci sono però un’altra trentina di famiglie che producono come accadeva a inizio ‘900, per consumo familiare, con greggi di venti o trenta pecore, trasformando il latte e vendendolo fuori dai canali convenzionali.

Virgilio cita la Valle dell’Ansanto 

La Valle dell’Ansanto citata da Virgilio

Vi è un luogo al centro dell’Italia circondato da alte montagne, famoso e celebre in ogni posto: la valle d’Ansanto. Ha quinci e quindi oscure selve, e tra le selve un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade, e sì rode le ripe e le scoscende, che fa spelonca orribile e vorago”. Virgilio nell’Eneide (libro settimo) descrive questa terra come un luogo incantato. 

La valle è davvero unica grazie alla presenza della Mefite di Rocca San Felice, un lago di origine sulfurea ricco di pozze solforose. Ribollono a seguito delle emissioni di gas provenienti dal sottosuolo. Lo zolfo emanato dalle acque caratterizza le essenze foraggiere dell’area, che a loro volta conferiscono al latte un sapore molto particolare e complesso. 

I sentori del pecorino di Carmasciano

Il pecorino di Carmasciano con la sua nota olfattiva di zolfo

Ed ecco la “particolarità” del pecorino di Carmasciano: il formaggio prodotto in questa zona ha una spiccata nota olfattiva di zolfo, sentori di latte fresco, erba appena sfalciata e fiori. Già al primo impatto, si percepisce un sapore dolce e molto delicato, poi una nota piccante e, nel finale, un leggero retrogusto di zolfo.

Poi c’è il suo latte crudo senza l’aggiunta di fermenti: si pone nel “caccavo” (caldaia di rame), si riscalda alla temperatura di 36-38°, sul fuoco a legna. La coagulazione avviene con caglio di agnello o di capretto o anche liquido di vitello. La cagliata si rompe fino a ottenere granuli della dimensione di un chicco di riso e si lascia depositare sul fondo della caldaia. Poi si raccoglie la pasta, si sistema nelle fuscelle di vimini e, in seguito, si scotta nel siero caldo. La salatura è a secco. 12 mesi di invecchiamento per raggiungere il massimo della sua potenza sensoriale. E poi c’è anche l’importanza della scelta dei “locali di stagionatura” le muffe che si sviluppano al loro interno contribuiscono alla perfetta maturazione del prodotto.

Non c’è un solo elemento che non contribuisce a rendere davvero unico questo prodotto di eccellenza. Chi lo assapora, ne “assaggia” anche il territorio. 

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