Atrani, a dieci anni dall’alluvione ancora nessun monitoraggio TERRITORI di Redazione Scritto venerdì, 11 Settembre, 2020 09:14 Ultimo aggiornamento lunedì, 1 Marzo, 2021 14:02 Dieci anni dall’alluvione di Atrani. Dieci anni dalla morte della giovane Francesca Mansi, vittima della pioggia torrenziale che si abbatté il 9 settembre del 2010 sulla Costiera amalfitana. Presso la Biblioteca comunale di Amalfi, il Centro di Cultura e Storia amalfitana, nel giorno del decennale, ha riunito i rappresentanti di Italia Nostra Salerno, del Club per l’Unesco di Amalfi, del Comitato “Tuteliamo la Costiera”, insieme a geologi, per fare un’analisi su cosa si è fatto per prevenire situazioni simili. Ancora mancanza di monitoraggi Al centro Linda Di Lieto e a sinistra Secondo Squizzato in un momento dell’incontro presso la Biblioteca di Amalfi La mancanza però ancora di un monitoraggio capillare e periodico sul territorio, è stata sottolineata dalla presidente del Centro di Cultura, Linda Di Lieto con la persistente criticità di un dissesto idrogeologico sempre più allarmante. E’ il primo dato che balza sotto gli occhi di tutti. Secondo Squizzato, già sindaco di Cetara e componente del consiglio direttivo del Club per l’Unesco di Amalfi, ha rimarcato come “questo incontro ha lo scopo di mantenere alta l’attenzione su un tema come quello della fragilità del territorio della Costa d’Amalfi troppo spesso martoriata da alluvioni e frane e dove purtroppo il rischio di abbassare la guardia sulla problematica del dissesto idrogeologico è sempre presente”. Inevitabile non pensare anche ad altri eventi del secolo scorso, come la disastrosa alluvione dell’ottobre 1910 (che interessò Cetara) o quella del 1954 che raccontano di continui livelli elevati di esposizione al rischio. Il geologo Aldo Cinque Aldo Cinque, già ordinario di geomorfologia alla Federico II di Napoli, nel suo intervento ha ricordato come un torrente come quello del Dragone :“abbatte e seppellisce e si riprende i suoi spazi”. Come dire: è inutile che poi parliamo di eventi inaspettati. Dieci anni è un periodo sufficiente per fare un’analisi di ciò che è stato fatto da quel giorno dove la forza dell’acqua (in seguito ad una “bomba d’acqua“) è stata così dirompente, che ha trasportato ogni cosa che incontrava lungo la sua strada (decine le autovetture parcheggiate lungo via dei Dogi e arrivate fino alla spiaggia), ostruendo e allagando la piazzetta simbolo di Atrani. Qui, in un bar dove lavorava, trovò la morte Francesca Mansi, ritrovata a mare (nei pressi delle isole Eolie) venti giorni dopo. A lei è dedicato il Premio Francesca Mansi per l’Ambiente “Quest’anno siamo alla settima edizione – spiega Michela Manzoni, per anni preside ad Amalfi e che ha conosciuto generazioni di giovani del territorio – valorizzando la sensibilità dei ragazzi, dobbiamo lavorare sulla conoscenza e arrivare attraverso loro ai genitori per una più diffusa attenzione su questi temi”. Pericoli ancora presenti Il geologo Vittorio De Benedetto durante il suo intervento ad Amalfi “I pericoli allo stato ancora incombenti ad Atrani – evidenzia il geologo Vittorio De Benedetto, che ad Atrani vive e conosce il territorio, ponendosi un po’ fuori dal coro da altre analisi fatte fino ad ora da altri colleghi – traggono origine non dalle frane ma da esondazioni provocate da insufficienze idrauliche derivanti da condizioni naturali e artificiali esistenti”. Ancora oggi mancano progetti adeguati. “Si lavora sempre su interventi postumi – ha sottolineato Gioacchino Di Martino, vice presidente del Centro di Cultura e storia amalfitana, nonché storico ambientalista della Costiera – ed è dinanzi agli occhi di tutti come la mitigazione dei rischi sia poco efficace. E’ in atto negli ultimi anni ciò che definisco un processo di ingabbiamento della Costiera con “lenzuoli metallici” che creano danni anche alla flora mediterranea, e insieme ai continui incendi e a disboscamenti selvaggi, con l’abbandono delle aree coltivate e il disordino idrico dovuto proprio all’abbandono, creano un’evidente fragilità mettendo in pericolo intere aree”. Da anni si chiede una rete di telecamere Si continua così, inascoltati, a chiedere agli enti territoriali, una rete di telecamere in grado di favorire un monitoraggio costante. “E’ evidente che c’è una grossa assenza da parte delle istituzioni pubbliche – sintetizza Rosario Di Pino, rappresentante del comitato Tuteliamo la Costiera che ha preso posizione contro i progetti di gallerie che trasformerebbero il volto della Costiera – e non c’è ancora nessuna cultura della prevenzione, come abbiamo registrato più volte durante questi anni, già prima con il comitato SOS Dragone”. Secondo Squizzato e Rosario Di Pino Come sia diventato un fattore culturale anche questo aspetto, l’ha ricordato Raffaella Di Leo, presidente di Italia Nostra Salerno: “Il lavoro dell’uomo che durante i secoli ha creato i terrazzamenti, con il sistema di canalizzazione delle acque, è lo strumento che gli abitanti della zona hanno applicato con intelligenza e che ha difeso la Costiera dal dissesto idrogeologico e ora questo sistema non viene sufficientemente curato”. Raffaele Mansi, papà di Francesca, ha voluto lanciare un altro ennesimo messaggio di speranza: “Facciamo in modo che il nostro ambiente fragile possa essere preservato nel migliore dei modi possibili, il Premio dedicato a Francesca è un esempio di come i ragazzi possano dare una maggiore sensibilità verso questo tema”. Intanto la ricerca e il monitoraggio, così come la progettazione della prevenzione e le misure di mitigazione del rischio, sono ancora argomenti che dopo dieci anni attendono di essere una realtà. 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Autore Redazione Articoli redatti dalla redazione di e'Costiera Visualizza tutti gli articoli