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Siracusa perde le tivù, Assostampa: si spegne la voce di tanti

Ultimo aggiornamento lunedì, 9 Maggio, 2022   14:08

SIRACUSA: Arriva il 5G, scompare l’informazione di prossimità. La liberazione delle frequenze riservate alla telefonia mobile di ultima generazione, nella sola provincia di Siracusa ha cancellato tre quarti delle emittenti locali. Assestando il colpo di grazia a un’offerta informativa già fortemente depauperata dall’abbandono dei grandi quotidiani, che hanno tagliato le collaborazioni e chiuso le redazioni periferiche. Lo switch off che dal 29 aprile lascerà in vita solo due emittenti in chiaro sul digitale terrestre, fa sparire tutte le altre sopravvissute alla legge Mammì e al crollo del mercato pubblicitario. Un paio di queste continueranno teoricamente a essere visibili solo sui televisori smart collegati al wi-fi, e qualcuna tenterà di sopravvivere come web tv. Per le altre ci sarà semplicemente il buio sullo schermo, dopo averlo riempito negli anni delle svolte epocali nel Siracusano. Non si tratta solo di aziende che chiudono e posti di lavoro che si perdono, ma sono la spia che segnala riserva nel carburante della democrazia.

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Libertà politiche nel mondo dimezzate in 15 anni, e l’Italia chiude le tivù di prossimità.

Secondo i dati di Freedom House, ripresi dal Corriere della sera del 28 aprile, negli ultimi 15 anni “la quota di popolazione mondiale che vive in regimi liberi è passata dal 46 al 20 per cento”. Un trend verso l’autoritarismo in apparente contraddizione con l’espandersi della Rete, libertaria ai limiti dell’anarchia: se non fosse appunto che favorendo la disintermediazione nella diffusione delle informazioni, di fatto favorisce chi riesce a manipolare le pulsioni latenti in una democrazia. La quale si regge su un patto sociale dove ognuno rinuncia a qualcosa per mantenerlo coeso, e che si disgrega quando ciascuno viene incentivato alla miope rivendicazione degli interessi diretti. Una strumentalizzazione travestita da rappresentanza politica, che nei sistemi democratici trova argine nella riflessione ponderata che la libertà di stampa assicura, e nella pluralità dei mezzi informativi che ne concretizzanoqueil pluralismo antidoto alle derive del pensiero unico. Con la sostanziale scomparsa delle piccole tivù private, un patrimonio di professionalità si disperderà nel mare magnum di internet. Dove l’assenza di filtri culturali e sistemici, fa competere il giornalismo sullo stesso piano delle scempiaggini e della disinformazione professionalizzata. Un limite che il progetto Articolo 21: istruzioni per l’uso ha toccato con mano, durante il semestre di seminari che ha coinvolto 250 studenti di 7 scuole superiori.

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Art.21, istruzioni per l’uso: report dei liceali nella Giornata Onu per la libertà di stampa.

Aldo Mantineo.

“Fra i giovani c’è una voglia generalizzata di informarsi correttamente, ma non tutto viene percepito come informazione”, racconta il giornalista Aldo Mantineo. L’ex caporedattore della Gazzetta del Sud ha coordinato il progetto del Comune di Siracusa, svolto in collaborazione con Ordine dei giornalisti, Associazione siciliana della stampa e Università di Messina. Il 3 maggio, al liceo Einaudi, ci sarà la presentazione degli elaborati realizzati dagli studenti. “Non a caso è stato scelto il giorno in cui si celebra la Giornata mondiale della libertà di stampa, perché è emersa la difficoltà a saper riconoscere una notizia; oggi non la vanno a cercare ma deve arrivare direttamente nei loro device”, conclude Mantineo. In sostanza non si riesce più a distinguere fra fatti di interesse collettivo, che incideranno sulla vita di tutti, e vicende di portata più ristretta al limite della curiosità personale. I quotidiani, e successivamente le redazioni televisive, con la loro selezione nella narrazione svolgevano un ruolo di educazione a riconoscere la differenza.

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Il direttore Nania: Tris sopravvive ma dovrà dare respiro regionale al notiziario.

Francesco Nania.

E’ stato col proliferare delle piccole emittenti in Fm, che si ruppe il patto di connivenza fra politica al governo e grandi gruppi editoriali. Fu grazie a stazioni come Radio Aut di Peppino Impastato, che la mafia “invenzione dei giornali del Nord per screditare la Siciliaentrò nelle case dei siciliani. Piantando i semi di un’antimafia popolare, che germoglierà nella Primavera di Palermo e contribuirà nelle urne alla caduta della Prima repubblica. Tempi in cui muoveva i primi passi nella cronaca Francesco Nania, che ora si trova a dirigere quella Tris sopravvissuta alla falcidia del 5G. Ricorda bene che “nelle tante tivù siracusane degli anni Novanta sono cresciuti professionalmente molti giornalisti”. Che non sarebbero mai approdati alla professione, né contribuito alla crescita civile nella provincia, in un sistema dell’informazione locale in mano ai pochi editori dei grandi quotidiani metropolitani. Adesso si torna alla concentrazione, costringendoci pure coloro che erano nati per sottrarsi. “La concessione della frequenza è regionale; anche se abbiamo una sinergia con i trapanesi di La Tr3, nella mezz’ora del telegiornale siracusano dovremo dare un respiro più ampio ai pezzi e maggiore attenzione alle altre province”, anticipa Nania.

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Canale 8 vittima dello switch off, l’anchorman Cascio: meno contrasto alle fake news.

Se il direttore di Tris riconosce comunque “il danno alla collettività”, nonostante l’assenza di concorrenza agevola l’emittente a recuperare gli 80 mila euro annui di concessione e tenere aperta pure la sua redazione, chi se l’è vista chiudere è ancora più netto nell’analisi degli effetti sociali. “Con la sparizione di molti telegiornali locali si abbassa notevolmente quel minimo argine alla deriva totale rappresentata dai social, osserva Pippo Cascio, anchorman dei servizi informativi a Canale 8. Con un master post-laurea in Social media manager,l’anziano cronista fa rilevare che “le piccole redazioni televisive contribuivano notevolmente al contrasto delle fake news. Perché ascoltare opinion leader locali che i telespettatori conoscono bene e di cui si fidano, come i tanti ospitati nella seguitissima rassegna stampa mattutina che dirigevo, rendeva immediatamente percepibile la disinformazione veicolata attraverso Facebook. Specialmente quella che vede protagonisti gli enti territoriali più disinvolti. Il web non è gratis come appare: chi ha più risorse economiche viene premiato da algoritmi che non sono affatto neutri, agli altri restano nicchie ininfluenti a prescindere dalla qualità dell’informazione”.

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L’Agirt: senza redazioni problematico far crescere buoni cronisti sull’online.

Pippo Cascio, presidente Agirt.
copertina: una rassegna stampa di Canale 8.

Cascio, da presidente dell’Associazione dei giornalisti radiotelevisivi e telematici,nota che “anzi il buon giornalismo è penalizzato su internet. Perché richiede verifiche incompatibili con la velocità di divulgazione richiesta dalla Rete, e professionalità che non si inventano dall’oggi al domani”. E nota anche che “per i giovani cronisti sarà problematico crescere solo con l’online. Sia perché viene meno la continuità nell’apprendistato di un mestiere che tivù locali assicuravano in qualche modo, dopo la sostanziale scomparsa dei quotidiani. Sia perché col web sarà utopico avere quei contributi previdenziali che, bene o male, le emittenti ancora garantivano”. L’aspetto occupazionale e l’inquadramento contrattuale non sono questioni solo sindacali, ma investono la qualità stessa del giornalismo. “È un passaggio epocale che mette a rischio posti di lavoro e la pluralità di informazione”, commenta Prospero Dente, segretario di Assostampa. La Regione si è adeguata a direttive comunitarie per il 5G, ma il risultato finale sembra andare in direzione opposta agli stessi principi cardine dell’Unione europea.

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Assostampa, Dente: era pagina di giornalismo guardiano della democrazia e voce di tanti.

Prospero Dente.

“Troppe tv locali penalizzate con il nuovo piano delle frequenzecommenta Dente. Scompaiono realtà che contribuivano, comunque, a sostenere i livelli di occupazione. Giornalisti, tecnici, amministrativi che adesso si ritroveranno a spasso perché il mercato generale di chi resta non consente un immediato rientro nel mondo del lavoro. I tempi hanno mutato tecnologie e molti piccoli editori non sono stati in grado di ammodernare la propria struttura”. Il sindacalista riconosce che ”molte tv locali, comunque, sono riuscite a dare occupazione certa e continuativa. Ma soprattutto sono state riferimento per la comunità assicurando una pluralità di informazione che oggi viene sicuramente meno”. Il segretario provinciale dell’Associazione siciliana della stampa conclude con una sottolineatura:“Credo sia un’ulteriore pagina del giornalismo che si chiude, e che è riuscito a essere guardiano della democrazia e voce di tante persone”. Tengono il testimone le poche testate tradizionali che resistono, e il giornalismo artigianale che si è rifugiato su internet: di fronte all’arretramento mondiale delle libertà politiche, riusciranno ad aiutare a tenere in piedi almeno la nostra democrazia?

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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