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Megara Iblea, scavo francese scopre il porto militare greco?

Ultimo aggiornamento lunedì, 28 Novembre, 2022   17:24

AUGUSTA – La vita sociale non concentrata in un unico centro storico, ma distribuita in una corona di quartieri con relativi luoghi di culto. Che si riconoscono in un’entità amministrativa comune, per territorio e appartenenza culturale condivisi, come qualsiasi città metropolitana. Dotata di un grande porto commerciale, per le navi mercantili che trafficano sulle rotte mediterranee, e di un apposito scalo militare per la flotta da guerra che difende i confini marittimi. Oggi sarebbe la descrizione di Augusta, ma duemila e settecento anni fa è quello che trovavano i marinai greci quando approdavano nella sua antica dirimpettaia Megara Iblea. A ricostruire quella cartolina spezzettata dal tempo, sono gli archeologi della Scuola francese e i colleghi della Soprintendenza di Siracusa, diretti da Lorenzo Guzzardi. Quando il direttore del parco archeologico ha fatto da cicerone per la visita straordinaria del 19 giugno, organizzata dall’Archeoclub d’Italia nell’ambito Giornate europee dell’archeologia, gli studiosi d’Oltralpe avevano lasciato solo da qualche giorno il sito circondato dalle raffinerie. Ricoprendo lo scavo – da proteggere per riprenderlo la prossima stagione – che ha riservato straordinarie sorprese. Perché quando si pensava di conoscere quasi tutto sulla colonia fondata dai megaresi nel VIII secolo avanti Cristo, ecco che fra gli eucalipti a ridosso della massicciata ferroviaria viene fuori l’inatteso: un’iscrizione di dedica, collocata su strutture murarie arcaiche notevoli, così importante da essere mantenuta quando le mura sono state rese più imponenti con grandi blocchi squadrati.

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“Ipotesi archeologica” sui muri all’Arenella: una base per la flotta diversa dallo scalo commerciale.

Come ogni scienza, l’archeologia si muove su intuizioni verosimili e trae conclusioni da riscontri inconfutabili. Troppo presto per averne a sufficienza dei secondi, Guzzardi non si sbilancia nemmeno sulle prime. Ma è indubbio che la ipotesi archeologicadi un insospettato porto militare nell’antico torrente scomparso in contrada Arenella, più piccolo e appartato delle già studiate banchine in muratura alla foce del Cantera, è più che una suggestione. Dato che nella madrepatria avevano la prassi di non mettere nello stesso riparo mercantili stranieri e triremi della polis, come d’altronde facevano i rivali commerciali punici, dai quali i megaresi hanno pure copiato la tecnica costruttiva per la porta sud delle mura urbiche. “Potrebbe anche essere un santuario periferico come quello selinuntino di Demetra Malophoros“, puntualizza Guzzardi. D’altronde la splendida Selinunte fu fondata proprio dai discendenti dei coloni arrivati dall’Attica, diventati così numerosi che la fertile piana davanti Augusta non bastava più a garantire ricchezza per tutti. “Oppure si tratterebbe di un importante edificio pubblico, magari parzialmente finanziato da chi ha lasciato l’iscrizione in caratteri arcaici, ipotizza ancora l’archeologo. Ciò che è assodata, comunque, è la grande rilevanza della zona già al momento della fondazione. “Tanto che poi vennero realizzate delle opere idrauliche in muratura, per drenare le acque ed evitare l’impaludamento”. Cosa c’era di così importante fin da da quando iniziò la colonizzazione?

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Sepolture tarde tengono in piedi pure le tesi di un tempio fuori le mura risalente alla fondazione.

Il direttore del parco Lorenzo Guzzardi mostra una sepoltura.
copertina, le mura da decifrare innalzate sul muraglione arcaico.

Ad arricchire il giallo che i prossimi scavi dovranno risolvere, ci sono anche alcune sepolture successive. Nelle tombe costruite con i blocchi dell’edificio monumentale, riutilizzati dopo che venne abbandonato, uno scheletro è stato persino trovato con una moneta fra le dita. “Siamo solo all’inizio di un lungo lavoro interdisciplinare”, si schernisce Guzzardi. Se qualche tesi comincia a prendere consistenza dai reperti trovati, non la “brucia” per rispetto dei colleghi francesi impegnati a prepararne la pubblicazione. Riservatezza comprensibile, anche per proteggere l’area dalle mire degli onnipresenti tombaroli. D’altronde già quel minimo di Megara Iblea portato alla luce basta e avanza, per valere una visita istruttiva sul mondo che ha inventato i fondamenti di ciò che chiamiamo civiltà moderna. L’agorà, ad esempio, “conserva il più antico impianto termale del Mediterraneo”. I romani avrebbero poi fatto delle terme il tratto distintivo della loro cultura imperiale, insieme agli straordinari acquedotti. Ma già i megaresi del periodo ellenistico sperimentavano quella raffinatezza, popolando una città dotata di una pianificazione urbanistica all’avanguardia. “Perché i primi villaggi sparsi nella pianura, che Erodoto e Tucidide raccontano sia stata concessa dal re siculo Hiblon, presto si daranno un impianto urbano omogeneo”. Sarà fatto di strade dritte che si incrociano ad angolo retto, intervallate da piazze e luoghi pubblici, secondo uno schema che Ippodamo metterà in opera nel quartiere portuale ateniese del Pireo e arriverà fino a giorni nostri.

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Rada megarese trafficata già nella preistoria, ceramica pre greca trovata anche a Augusta isola.

Con la distruzione da parte di Siracusa, questa città dotata del primo Prg moderno uscirà dalla storia per consegnarsi intatta agli storici. Continuerà a vivere nelle poesie di Epicarmo, ma l’abitato ridimensionato in età romana è ridimensionato. Sopravviverà ancora nel medioevo, con insediamenti sempre più ridotti, soprattutto nella zona del faro. Però le stratificazioni successive al periodo greco sono minime, così quei due secoli e mezzo di splendore coloniale sono oggi sfogliati dagli studiosi come un’enciclopedia dell’antichità. Quando arrivarono con le pezze al chitone nella piana di San Cusumano, dopo essere stati espulsi dai calcidesi di Lentini e aver sgomberato pure da Thapsos troppo vicina agli intraprendenti corinzi di Siracusa, i megaresi non erano i primi a posare armi e bagagli su quei terreni ricchi di sorgenti. “Sono molti i reperti e gli insediamenti di età preistorica e protostorica trovati nel sito”. Gli scavi finora raccontano che i precedenti inquilini erano già spariti da tempo, quando arrivarono i nuovi occupanti dalla Grecia, “ma chi può dire che in futuro si scopra da qualche parte una continuità di insediamento”. Perché la rada battezzata megarese e poi diventata il porto petrolifero di Augusta, è trafficata da tempo immemorabile. “Reperti di ceramica pre-greca sono stati trovati nel centro storico dell’isola, soprattutto nella zona del Paradiso, e persino negli isolotti coi forti spagnoli al centro del golfo”. Tuttavia solo reperti sporadici, ” ma null’altro finora che possa far pensare a un vero e proprio centro abitato”.

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Un parco “enciclopedia” per archeologi sopravvive col volontariato di Archeoclub e Hangar team.

Mariada Pansera (Archeoclub) e Ilario Saccomanno (Hangar team).

A differenza di Megara, da 8 secoli invece si costruisce sulla città ufficialmente fondata da Federico Secondo di Svevia, ma probabilmente preesistente al convento domenicano sorto prima ancora del maniero federiciano. Nessuno sa cosa ci sia sotto il borgo medievale, spianato dal terremoto del 1693 e ricoperto dalla spianata dei giardini antistanti il Milite ignoto. Così come nessuno finora ha scavato nel cortile del castello, il punto più alto e difendibile che domina l’accesso all’istmo, esile collegamento con la terraferma prima del successivo taglio da parte degli spagnoli. Per ricostruire la storia di Megara e dintorni sembra ci sia ancora molto da fare, così come sulla futura valorizzazione. L’area archeologica deve lottare con le sterpaglie, che la cementeria Buzzi sta dando una mano a togliere. L’antiquarium era già inagibile da molti anni, quando è stato ulteriormente danneggiato dall’ultimo incendio estivo. Ora un finanziamento sembra dare certezza alla riapertura, anche se manca una data, e il possibile affidamento in gestione all’Archeoclub ne assicurerebbe la fruizione. L’accorpamento al parco di Leontinoi ferisce l’orgoglio locale, ma consente di attingere ai suoi fondi per le manutenzione. Che saranno incrementati con una recente legge di valorizzazione della zone archeologiche con pochi incassi in biglietteria, perchè trascurate dal flusso turistico. Ciò consentirà di curare quello che c’è, e scavare altri tasselli di un puzzle sempre più sorprendente. Anche se nel frattempo, per avere almeno i pannelli esplicativi degli scavi più significativi, c’è voluto l’intervento di Hangar team. L’associazione che si batte per un altro giacimento culturale straordinario, sul quale ci sono stati troppi demagoghi.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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