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Dalla Bielorussia a Salerno: Vlady e l’accoglienza del dopo Chernobyl

Vlady è arrivato a Salerno dall’orfanotrofio di Zhodino in Bielorussia. Nove anni fa è iniziata la nostra avventura di “adozione temporanea” dopo che la catastrofe di Chernobyl del 26 aprile 1986, mobilitò molte persone attivando programmi per ospitare bambini ucraini, russi e bielorussi. 

Le immagini che arrivano nelle ultime settimane dalla Bielorussia, con migliaia di manifestanti che si sono riversati nelle piazze di Minsk per ribellarsi al regime decennale di Alexsandr Lukashenko, ci fa ritornare alla mente la scelta fatta, soprattutto ora che Vlady che oggi ha quindici anni, in seguito alle misure anti covid-19, non è potuto arrivare in Italia, come fa durante ogni estate. 

Le immagini della tv ci rimandano alle proteste di piazza a Minsk. Tra i tanti c’erano anche i lavoratori della BelAZ di Zhodino, potente società specializzata nella produzione di mezzi pesanti utilizzati nel settore edile. Anche loro hanno marciato in segno di protesta.

E proprio da Zhodino, dall’orfanotrofio di questa città, che nove anni fa è cominciato il nostro rapporto affettivo con Vlady, arrivato casualmente nella nostra famiglia.

Zhodino in Bielorussia

Salerno Accoglie

L’associazione “Salerno Accoglie” all’indomani della catastrofe nucleare di Chernobyl, aderì al progetto che vide l’Italia fin da subito il Paese più coinvolto da queste “adozioni temporanee”. Questo permise a centinaia di migliaia di bambini di vivere, almeno per alcune settimane all’anno, in un ambiente non contaminato, dove il loro organismo, normalmente esposto alle radiazioni, potesse disintossicarsi. Continua a esserlo ancora oggi, nonostante le cifre in calo: le famiglie hanno accolto circa la metà di tutti i minori coinvolti nel programma, con prevalenza di cittadini bielorussi.

Vlady

Tra questi bimbi, un anno è arrivato anche Vlady, ma la famiglia che ne aveva fatto richiesta non era più disponibile e allora come un ciclone è arrivato da noi. Un’esplosione di energia e felicità. Parlava, parlava, parlava rigorosamente in russo ed evidentemente diceva cose spiritose perché rideva, rideva, rideva e noi, pur non capendo una parola di russo, per non deluderlo ridevamo con lui! Era una esplosione di gioia. Vivere in un orfanotrofio non era proprio il massimo per lui e, all’improvviso ritrovarsi in una famiglia doveva essere per lui una cosa di una tale portata che la sua felicità era incontenibile.

Antonella Dell’Orto e Vlady

Mama, mama, mama…la sua prima parola in italiano. Sono passati tanti anni e ogni estate, e qualche volta anche a natale, dalla Bierlorussia ci arrivava il nostro uragano! Non è stato sempre facile. Crescendo ci sono stati tutti i piccoli problemi di convivenza con i miei figli. Denis molto geloso e Masha, la sua compagna di giochi preferita, che a volte preferiva la compagnia dei suoi coetanei e lo lasciava da solo… Il nostro compagno di avventure, il nostro aiutante preferito in tutte le faccende domestiche dal tagliare il prato a nutrire le galline e a cucinare. Un bambino prezioso come lo sono tutti i bambini del mondo. Compagno di escursioni, perché poi dovevamo anche trovare il lavoro adatto a lui. Uno dei quali, oltre al “tractorista” (che era il suo sogno), mentre io lo volevo “doctore”. Il compromesso è stato: la guida turistica per i Bielorussi che avrebbe portato   qui in vacanza. Per cui in questi anni siamo andati alla scoperta dei nostri luoghi, dal mare alla montagna, ai fiumi all’archeologia.

Tante le esperienze vissute anche con il gruppo di scout CNGEI Eboli 1. Vlady nel gruppo dei lupetti ha partecipato ai campi estivi, grazie alla disponibilità e all’apertura di Carlo Vece e tutti i senior del gruppo che hanno accolto la piccola peste. Contenerlo non è stato sempre facile. Seguire le regole per tutto l’anno in istituto, e in estate la sua vivacità è sempre esplosa. Negli ultimi anni ha poi partecipato ai campi di volontariato di Legambiente (circolo Silaris di Eboli) e con Caterina Manzione, la presidente del locale circolo, per quest’anno ci proponevamo di inserirlo in più campi grazie alla disponibilità di Legambiente Campania. Vlady diventa sempre più in ragazzo accolto dalla comunità. Abbiamo sempre pensato che per Vlady era importante avere questo spiraglio aperto.

Kinning 

Quello che si è creato tra di noi è chiamato in sociologia, il fenomeno del  “kinning, termine che si può tradurre come creazione di parentela o affinità. Dove non c’è un legame di sangue, attraverso l’interazione quotidiana e la cura dedicata, si crea una relazione affettiva pari a quella tra membri di una famiglia: si tratta di un rapporto reciproco, non a senso unico, che influenzerà le scelte che il bambino farà da grande. Non ci sono, quindi, “solo” i benefici diretti sulla salute, ma anche quelli sociali e culturali: le famiglie ospitanti imparano a conoscere la cultura dei bambini. Come questi conoscono quella italiana e il suo modello familiare, paradigma positivo per la loro vita adulta, con effetti benefici per la società. Il legame affettivo che scaturisce da questo tipo di esperienze non investe solo gli individui coinvolti direttamente, ma l’intera nazione, se straniera, meritevole di gratitudine agli occhi della persona che ne riceve le cure.

Quest’anno per il Covid-19 i  programmi di accoglienza sono stati sospesi e così Vlady non è potuto venire. E Noi con tutti stiamo vivendo un tempo sospeso. Il filo rosso teso con la Bielorussia rimane forte grazie ai telefonini e a internet. Vlady ha un profilo Instagram molto attivo e ci tiene al corrente della situazione che stanno vivendo e mi dice sempre “Mamma, vedi cosa succede a Minsk!”.

Siamo vicini ai fratelli Bielorussi ed esprimiamo tutta la nostra solidarietà perché al mondo non esiste bene più prezioso della libertà e dell’autodeterminazione dei popoli.

Ciao Vladinsky. Mama ti aspetta!

Antonella Dell’Orto (biologa/contadina/mama)

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