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Eboli-Rende, sull’autostrada del bel vedere e del buon cibo

Ultimo aggiornamento giovedì, 1 Luglio, 2021   13:40

Dalla Campania regione gialla, alla Calabria regione arancione, andata e ritorno. Per lavoro devo spostarmi e così compilo la più recente delle autodichiarazioni ed imbocco l’autostrada del Mediterraneo da Eboli, direzione sud. Un lungo nastro di asfalto che ho percorso un numero di volte infinito considerando che ho vissuto a Rende per quindici anni e sono di Eboli.

L’autostrada con paesaggi per ogni stagione

Una vecchia mappa della Lucania con destinazione Cosenza

Questo tratto l’ho percorso in tutte le stagioni. In inverno, quando il colore dominante era il bianco, con le cime innevate del massiccio del Pollino e il paesaggio immerso nella morsa del giaccio. In autunno, quando la nebbia a Campotenese non ti permetteva di vedere ad un palmo dal naso. In estate, quando a dominare era il giallo con i campi di grano riarso e i foraggi mietuti e raccolti in balle di fieno. In questa stagione di primavera il paesaggio è una tavolozza di colori. Imboccata l’autostrada, sulla  destra, imponente si staglia la sagoma degli Alburni, con le sue cime calcaree e il verde che forma una gradazione di colori a seconda dell’altitudine, dalle faggete ai castagneti per scendere giù con cerri e uliveti.

Poco dopo s’incrocia il fiume Sele che partito da Caposele, dopo essere passato per Contursi Terme, l’odore di zolfo delle sue acque termali a volte invade anche la corsia autostradale. Ed è in questo tratto ricevute  le acque del Calore, si dirige verso la Piana del Sele per poi sfociare nel Mar Tirreno. Procedendo si entra nel Vallo di Diano dove le montagne fanno da cornice ad una vasto pianoro, una volta paludoso. Per questo motivo i piccoli borghi sono risaliti sulle colline. Atena Lucana, Teggiano, Padula, con il centro antico inerpicato e l’imponente Certosa, patrimonio Unesco, ai suoi piedi.

La Basilicata tra vini Doc e cucina tipica potentina

Il pino loricato, albero simbolo di resistenza e resilienza

Arriva poi il tratto della Basilicata con Lagonegro e Lauria, segnano il metà percorso. Qui c’è sempre qualche nuvola bassa a farci compagnia. I pannelli autostradali ci accompagnano e ci ricordano come stiamo attraversando un territorio ricco di storia e di cultura. Uno dei pannelli ci indica anche terra di vini DOC e cucina tipica potentina. Il valico di Campotenese ci porta in un altopiano con vacche podoliche, capre e pecore che placide pascolano in questi pascoli erbosi di altura, immaginate il sapore dei formaggi. All’orizzonte sulle falde scoscese del grande massiccio del Pollino regna incontrastato il Pino Loricato, definito da molti “fossile vivente” o ancora “dinosauro degli alberi”, protagonista indiscusso di questo scenario ed emblema del Pollino. Un albero simbolo di resistenza e resilienza. Si prosegue circondati da montagne. I cartelli ci parlano di castelli, ormai diruti, ma sempre ricchi di fascino.

Il Viadotto Italia

Il Viadotto Italia: uno dei miei incubi più ricorrenti è precipitare giù da qui. E’ il più alto viadotto autostradale italiano, il secondo in Europa (il primato europeo è stato detenuto dal viadotto italiano fino al 2004 per poi essere superato dal viadotto di Millau in Francia) e uno dei più alti al mondo.

In discesa verso la Calabria

E poi è come se iniziasse la discesa verso Cosenza, entrando verso la Valle del Crati. Prima di procedere, una deviazione verso Civita con le sue Gole del Raganello sarebbe consigliata. Entriamo nella Piana di Sibari che da queste parti è dedicata alla coltivazione di frutteti, soprattutto pesche. Un grande impianto fotovoltaico rafforza la mia convinzione che non dovrebbero essere posizionati a terra ma su altro. Tutto questo nastro autostradale di asfalto nero, è a volte grigio, a volte interrotto, con deviazioni. Siamo sempre su quel tratto della SA-RC che è un eterno cantiere. In questo periodo dell’anno è circondato da una tavolozza di colori che si estende a destra e a manca. L’odore delle ginestre invade l’abitacolo dalle prese d’aria. Il bianco dell’acacia ricca dei suoi grappoli di fiori bianchi. Mi ricordo anni fa quando si cominciava a parlare di “frittelle di fiori”: fu un viaggio pieno di soste per raccoglierli. Anche la ferula, con la sua crescita esuberante tinge di giallo il paesaggio. Il suo tronco può arrivare fino a tre metri. Non sembrano erbacce nate per caso, ma  pare quasi che dall’alto dei cieli sia avvenuta una semina di calendule, achillea, tarassaco, papaveri, sulla. Giallo, rosso, bianco, verde.

La ferula tinge di giallo il paesaggio

All’orizzonte la cima del Monte Cucuzzo ci dice che siamo quasi arrivati. Quant’è bella questa Italia, una striscia di terra lunga e stretta che si protende nel mar Mediterraneo. Il paesaggio è variegato e ricchissimo, pianori, colline, montagne, e il mare sempre vicino.

L’Italia, il Bel Paese, quanto è importante e necessario riscoprirlo, partendo da noi italiani. Impariamo a viaggiare in prossimità e anche in pochi chilometri perché c’è un mondo da scoprire.

A Rende polo universitario e parchi fluviali

Rende, viale Italia

Sono arrivata a Rende, cittadina vivace e frizzante con il suo polo universitario di Arcavacata e la sua urbanistica di strade larghe, piste ciclabili e parchi fluviali. I mie anni vissuti qui sono stati molto belli e quando arrivo mi sento anche qui un po’ a casa. Sbrigate le pratiche riprendo la strada del ritorno.

I paninazzi calabresi

Un’amica mi indica un fast food per un panino. Ed ecco che ritrovo la genialità tutta calabrese: Mi Ndujo! Il nome dei paninazzi è tutto un programma: Silano, Bisignano, Acri, Mi sbunno. Mi prendo un Conzativicci: pane appena sfornato Bio, Hamburger di carne calabrese, caciocavallo affumicato, pancetta croccante, crema di zucca, peperoncino dolce. Ho preso la Calabria a morsi. E così imbocco di nuovo l’autostrada. Questa volta direzione Nord.

*Antonella Dell’Orto, viaggiatrice per caso

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