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Mare monstrum 2020: maglia nera alla Campania e al sud che non difende le sue bellezze

Ultimo aggiornamento martedì, 4 Agosto, 2020   20:56

Colate di cemento illegale, inquinamento delle acque, pesca di frodo. Sono sempre loro i nemici del mare che continuano ad allarmare. Mare monstrum 2020 come sempre è una fotografia che mostra non il bello della nostra Italia, ma tutto ciò che anzi la danneggia e la devasta. Ed è un grido di allarme.

A cura dell’Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente è un “libro nero” di un’Italia che sta facendo di tutto per distruggere le sue bellezze. Anche questa volta è la Campania ad avere un primato negativo con 13 reati al giorno per un totale di 4.697 illeciti, 19,9% del totale nazionale, 10 infrazioni per km di costa con un aumento dei predoni del mare (più 35% rispetto lo scorso anno). Così come per il cemento: un aumento delle illegalità di ben il 20%. 

Questo dossier – commenta Francesca Ferro, direttore Legambiente Campaniaci restituisce uno spaccato di illegalità, purtroppo, ancora troppo rilevante, indice del fatto che contro i “nemici del mare” è necessario alzare il livello, non solo della repressione dei reati, ma anche della vigilanza preventiva. Il nostro mare, bellissimo e prezioso, ha bisogno di maggiore cura. E’ un compito che tocca a tutti. Ai cittadini che devono rispettarlo e difenderlo, allo Stato che deve fare molto di più. I numeri, già pesantissimi, che si trovano in queste pagine sono solo quelli che raccontano l’emersione del problema, la classica punta dell’iceberg”.

Ecco cosa “racconta” Mare monstrum 2020:

Il 52,3% di tutte le infrazioni contestate si concentra in Campania, Puglia, Sicilia e Calabria. La classifica nazionale per numero assoluto di reati contestati vede stabilmente in vetta la Campania, che primeggia nella classifica del cemento che in quelle dell’inquinamento e della navigazione fuorilegge, cedendo il passo solo nella pesca, dov’è seconda dietro la Sicilia. Se si valuta, invece, il numero di reati in rapporto ai chilometri di costa, sale al primo posto la Basilicata, con 10,7 reati a chilometro, seguita dal piccolo Molise, con 10,5 reati a chilometro, e, al terzo posto, l’immancabile Campania con 10.

L’abusivismo edilizio

Anche nel 2019, l’abusivismo edilizio e i reati legati al ciclo del cemento hanno dominato la partita con il 42,5% dei reati sanzionati.

Le regioni più colpite sono state Campania, Puglia, Lazio, Calabria e Sicilia: cinque regioni, che da sole pesano il 64,5% del totale. Segue con il 33,1% dei reati, l’inquinamento, che deriva dalla maladepurazione degli scarichi civili, ma anche dagli scarichi industriali, dagli impianti petroliferi e dalla plastica, con il fenomeno del littering.

Prima è anche in questa classifica la Campania, con quasi il 25% dei reati, seguita da Puglia, Lazio, Calabria e Toscana. La pesca illegale, quella che depreda il mare con pratiche e stumentazioni fuorilegge, rappresenta il 22% delle infrazioni accertate, con 555mila chili di pescato, quasi 69mila metri di reti killer e oltre 7.500 attrezzi da pesca finiti sotto sequestro.

Nelle regioni litoranee, i reati legati al ciclo del cemento sono il 42,5% del totale: 10.032 illeciti, 7550 persone denunciate o arrestate e 2684 sequestri nel corso del 2019. A guidare la classifica c’à sempre la Campania, con il 17,1% dei reati nazionali, seguita dalla Puglia, dal Lazio, dalla Calabria e dalla Sicilia

Regioni del sud sotto attacco

A subire l’attacco più aggressivo sono sempre le aree più belle, in particolare nelle regioni del Sud, ma anche in Sardegna e nel Lazio. Se è finita l’epoca dei grandi alberghi e dei villaggi turistici senza regole, se non sorgono più mega lottizzazioni come nei decenni passati, è sempre viva la tentazione di “tirare su” edifici senza permesso, confidando nell’assenza di controlli o nella possibilità di schivarli.

La Campania, lo dicono i numeri, è la regina indiscussa in questo campo, con la Costiera amalfitana, le isole napoletane e la costa cilentana in prima linea. Un fenomeno che, a differenza che nelle altre regioni, forse trova meno spazi liberi sulla costa, si manifesta con abusi “minori”, realizzati in immobili preesistenti, oppure, come ci raccontano le cronache, si nasconde nei Parchi e si concentra nell’entroterra dei comuni costieri.

Triscina, Sicilia, abusi sulla spiaggia

Se ci spostiamo in Sicilia, troviamo Triscina, la località marina di Castelvetrano, in provincia di Trapani: una vecchia conoscenza di Mare monstrum, per molti anni raccontata come caso esemplare di insediamento abusivo a pochi passi dalle onde, con 5mila case illegali, di cui 1.300 insanabili. Basta guardare una foto aerea per avere chiaro come sono sorte quelle case. Un agglomerato fatto a pettine, con i lotti stretti stretti lungo una miriade di stradine parallele che si tuffano nella sabbia, per riuscire a realizzare quante più villette per le vacanze possibile. E’ oggetto di una telenovela che dura da decenni, con gli 

Restando in Sicilia, a Realmonte, in provincia di Agrigento, dove dopo decenni di battaglie anche nelle aule giudiziarie, Legambiente ha ottenuto la demolizione degli scheletri che deturpavano la spiaggia della celebre Scala dei Turchi.

Ma a portare nuovamente questi luoghi alla ribalta è una lottizzazione, il Borgo di Scala dei turchi, che nel 2013 prevedeva la realizzazione di 50 villette di lusso a poco più di un chilometro dalla scogliera di marna bianca, fermate da un procedimento giudiziario innescato da Legambiente. Il giudice ha confermato le denunce di Legambiente rispetto alla violazione delle distanze di inedificabilità assoluta dalla battigia e agli sbancamenti necessari per realizzare il villaggio vip.

Torna in auge anche l’Oasi del Simeto a Catania, dove nonostante le demolizioni fatte dal Comune e dalla Procura negli ultimi anni, non mancano i nuovi abusi.

La costa del Salento è, tradizionalmente, l’altra vittima pugliese dell’opera degli abusivi. Da Lecce a Porto Cesareo, da Nardò a Gallipoli, sono tanti i manufatti fuorilegge che costellano la battigia: basti pensare che a Porto Cesareo, come nella vicina Nardò giacciono ancora migliaia di richieste di condono edilizio inevase e la grande maggioranza riguarda illeciti commessi sul demanio.

Passando in Calabria, quello di Isola Capo Rizzuto è un territorio da anni nel novero dei casi di “Mare Monstrum”. Anche durante l’emergenza Covid19, c’è chi non ha pensato di sospendere i lavori abusivi. Ma è tutta la costa crotonese a pagare un conto altissimo al cemento. Così come quella della provincia di Vibo Valentia.

Non è immune dallo sfregio dell’abusivismo nemmeno la Sardegna.

Ci sono le isole Eolie sotto attacco, Lampedusa, c’è, infine Ischia e Procida, nonché l’Isola di Capri.

L’isola di Salina, per molti anni esempio di buona gestione ambientale, sta vivendo un periodo molto delicato. Sconvolta da scandali e abusi, rischia anche di vedersi sfregiata da un porto turistico da 200 posti barca nella rada di Rinella.

Sempre nelle Eolie, non è immune dal cemento illegale nemmeno Vulcano, dove a settembre i carabinieri hanno denunciato diciotto persone per abusivismo edilizio, a causa di costruzioni realizzate in aree vincolate senza lo straccio di un’autorizzazione. Così come la piccola Panarea, dove pochi mesi prima sono state sequestrate alcune aree dove si stavano realizzando opere in cemento senza permesso e sono state denunciate sei persone.

Dopo molti anni, le ruspe si sono messe in azione a Lampedusa, la maggiore delle Isole Pelagie, dove per decenni si è costruito senza regole per beneficiare del proprio privato angolo di paradiso, trasformando il territorio in una costellazione di ville abusive.

Sotto tiro, da sempre, c’è anche l’isola di Capri. Nel solo territorio del comune di Anacapri ci sono circa 4mila domande di condono pendenti su una popolazione residente di 7mila persone. Una situazione complicata, generata da connivenze politiche che negli anni hanno portato a un pesante bilancio di abusivismo, aggravato dall’assenza di edilizia pubblica e programmazione con cui rispondere al bisogno abitativo.

La mancata depurazione

Dal livello della depurazione di ogni singolo territorio deriva lo stato di salute del mare antistante. E sotto questo punto di vista il nostro Paese naviga sempre in cattive, anzi pessime, acque. Secondo i dati ufficiali dell’Istat, poco più del 44% dei Comuni italiani è dotato di un impianto di depurazione adeguato agli standard imposti dall’Unione europea, di questi, quasi il 47% dispone a malapena di vasche Imhoff, il 9% di impianti con trattamento primario e solo il 44,2% può contare su depuratori con un trattamento secondario o avanzato. Ancora peggio: in 342 comuni, in cui risiedono circa 1,4 milioni di abitanti (il 2,4% della po- polazione), è totalmente assente il servizio di depurazione delle acque reflue urbane.

Le situazioni di maggior criticità si registrano in Sicilia, dove i comuni senza depurazione sono 75 (12,9% della popolazione regionale), in Calabria con 57 comuni (7% della popolazione) e in Campania con 55 comuni (3,9% della popolazione).

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