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La Beatrice di Dante, figura sovrumana e guida nel viaggio ultraterreno

La Beatrice di Dante raccontata in “De Comedia Dantis cogitationes” dallo storico medievalista e astronomo, Giuseppe Gargano, in occasione della ricorrenza del VII centenario della morte del Sommo Poeta. Già pubblicati: Dante a sette secoli dalla morte, Gargano commenta la Commedia“ e Dante e il tema medievale del viaggio, dai pellegrinaggi a quello mentale“.

Beatrice, la copertura

Beatrice della Comedia non è la stessa donna della Vita Nova e neppure quella ch’è sul numer de le trenta fanciulle di Firenze, corrispondente alla donna di Dante in associazione a monna Vanna e a monna Lagia, le donne di Guido Cavalcanti e di Lapo Gianni, nel viaggio incantato a bordo di un vasel nell’eterna bonaccia. 

Beatrice della Comedia è una figura sovrumana, forse la personificazione della filosofia cristiana medievale fondata sulla patristica di Agostino e sulla scolastica di Tommaso d’Aquino. Ma noi crediamo che sia qualcos’altro; la riteniamo una sorta di “copertura” teologica e metafisica, una protezione correttiva delle idee fisiche del poeta dalle inquisizioni dei tribunali ecclesiastici.

Gli esponenti massimi della Chiesa medievale non furono, d’altro canto, favorevoli alla Comedia, tenendosi per secoli alla debita distanza dall’opera dantesca. Mentre l’uso degli esametri servì a Lucrezio ad addolcire, come il miele col quale si cospargeva il bordo della tazza, affinché il bambino malato potesse ingurgitare la medicina amara, la difficile materia scientifica del De rerum natura, Dante usa Beatrice come pellicola protettiva contro gli attacchi aciduli che avrebbe provocato il medicinale nel contesto dello stomaco. Infatti le sue interpretazioni fisiche soprattutto relative all’astronomia, la cui validità sarà da noi misurata in altro articolo, potevano incorrere nel veto ecclesiastico, per cui, nel proporle, si umilia al cospetto dei richiami teologici di Beatrice

L’incontro di Dante e Beatrice raffigurato in una vecchia stampa

Beatrice, promotrice del viaggio ultraterreno di Dante

E veniamo all’apparizione di codesta Beatrice. Ella, promotrice del suo viaggio ultraterreno, gli appare nell’atmosfera calma del Paradiso terrestre, in un’aura dal sapore apocalittico, segnata dalla presenza del carro, del grifone e dei ventiquattro candelabri. Campeggia nel ciel l’Orsa Maggiore, costellazione circumpolare che non vede mai il sorgere né il tramontare, e serve al navigante per fargli individuare la Stella Polare, ripetendo visualmente per sei volte la distanza in gradi tra la stella ? (Dubhe) e la ? (Merak) del Gran Carro. Il cielo è colorato di quel celeste caratteristico del sereno, mentre l’oriente è rosa, colore che contraddistingue l’aurora. E’ possibile osservare il disco rosso del Sole grazie al filtro dei vapori che ne attenua l’intensità luminosa al suo sorgere dalla bassa latitudine. Dalle mani degli angeli che affiancano il carro trionfale sale e ricade dentro e fuori una nuvola di fiori, dalla quale appare una donna cinta di una corona di ulivo e sopra un velo bianco, avvolta in un mantello verde e vestita di scarlatto, come le donne nobili del Trecento. Qui il bianco del velo, il verde del mantello e il rosso della veste rappresentano le tre virtù teologali: fede, speranza, carità. Doveva somigliare alla Vanda Osiris mentre scendeva sublime le scale del palcoscenico, intonando “sentimental”. Con una similitudine marinaresca inerente all’ammiraglio che si sposta repentinamente a poppa e a prora per controllare l’operato dei marinai imbarcati sulle altre navi, Dante spiega i suoi frenetici movimenti diretti a focalizzare sul carro la donna che gli ha appena parlato. Ella si presenta come Beatrice, quella Beatrice della Vita Nova che due volte incrociò nella vita terrena. Dal 1274 al 1290 egli, a lei fedele, fu guidato dal semplice sguardo della giovane sulla via del bene.

Con la morte di Beatrice, Dante perse la dritta via, abbandonandosi ad altri amori e dissipando la giovinezza in compagnia di Forese Donati. Per bocca di Beatrice il poeta illustra la credenza degli influssi astrali nell’indirizzo di ciascuna creatura al proprio fine. Quando Beatrice, al cospetto della Candida Rosa e delle schiere angeliche, lascerà Dante nelle buone mani del senex San Bernardo da Chiaravalle, il poeta ricambierà quel discorso che lei gli ha fatto nel giardino dell’Eden, accogliendolo con soddisfazione per averlo salvato, con un accorato saluto e un appassionato ringraziamento. Per lui e per la sua salvezza ella si era sporcata i piedi, calpestando i fanghi dell’Inferno

Beatrice svanisce col sorriso sulle labbra alla vista di Dante così come si era dileguata la figura di Virgilio nella foresta dell’Eden. Resta un mistero irrisolvibile il possibile riscatto del poeta mantovano dal Limbo e una sua acquisizione, com’è avvenuto per Stazio, nel Paradiso: di certo sarebbe stato un giusto premio per la missione che egli ha compiuto per volontà e su richiesta di tre sante Donne.  

DA LEGGERE: Dante a sette secoli dalla morte, Gargano commenta la Commedia

Dante e il tema medievale del viaggio, dai pellegrinaggi a quello mentale“.

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