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Gelsomino Casula, il maestro d’arte che dalle pietre faceva uscire l’anima

Ultimo aggiornamento venerdì, 11 Dicembre, 2020   21:19

E’ la pietra che sceglie me. E’ lei che dirige le mie mani e mi aiuta a plasmarne la forma e che mi permette di carpine l’anima”. Così il maestro scultore Gelsomino Casula parlava del suo talento artistico a chi gli chiedeva, dinanzi alle sue opere imponenti, come facesse a far diventare arte una pietra.

Lo scultore Gelsomino Casula

E quelle “pietre” diventate volti ed elementi viventi (come amava ricordare), in grado di suscitare mille emozioni, e che furono esposte nel 2011 in un “percorso itinerante” lungo la provincia di Salerno, ora anche loro piangeranno la sua assenza. Nella serata del 27 ottobre ha smesso di battere il suo grande cuore. A 67 anni, lo scultore di origini sarde, nato ad Uta in provincia di Cagliari, trapiantato da anni nel cuore antico del Cilento, ad Altavilla Silentina, lascia tanti progetti che avrebbe voluto ancora realizzare. Le sue mani grandi, possenti (con il suo metro e 81 di altezza), avevano ancora desiderio di modellare quella natura a cui lui era profondamente legato, nonostante i lunghi mesi di una malattia che lo stava segnando nel fisico ma non nella sua mente.

I suoi volti ancestrali immersi nella natura cilentana

Quando ami la vitaha lasciato scritto nel suo personale sito web essa ti risponde. Questo è l’anelito con tutte le cose”. Per lui la natura era l’essenza della sua stessa vita e della sua arte. Non è un caso che da una terra aspra e ricca di tradizioni come quella sarda, sua terra natia, abbia poi scelto di trasferirsi in un’area geografica come il Cilento, dove il contatto con gli elementi naturali fanno parte della quotidianità. La natura con i suoi campi aperti era infatti la sua “vetrina” più congeniale. Non aveva atelier all’ultima moda, ma spazi dove presentava le sue sculture dalle forme incredibili e pesi enormi (e parliamo anche di quintali). Originale, dalla grande forza espressiva, avverso ad ogni stereotipo. I suoi volti ancestrali sono stati la sintesi di una continua ricerca in giro per i borghi cilentani, di pietre, massi, monoliti dove sono racchiusi millenni di storia

Una scultura di Gelsomino Casula

Le sue sculture, a volte monumentali, potete trovarle nelle piazze e negli angoli dei nostri paesi – ha scritto in un toccate post su Facebook, il suo amico giornalista Oreste Mottola e raccontano il percorso di un uomo alla continua ricerca del divino, attraverso le forme del creato. Centinaia di bambini e di adulti hanno incominciato a tenere in mano la mazzuola e lo scalpello sotto la sua guida, per apprendere come ritrovare nella pietra i segni del tempo e aggiungere il segno dell’uomo, per comunicare e per esprimere il bisogno di tornare ad una vita arcaica che ormai sta scomparendo, quando l’uomo non aveva che la pietra per comunicare con gli altri simili. Gelsomino sapeva esprimersi solo così, col suo lavoro e con la pietra, i pennelli, i colori”. Ed “erano anche i colori della biodiversità ad incantare l’artista – come ricorda Rosa Pepe, agronoma del Crea Of – ricordando a noi tutti come dalla semplicità della natura possono nascere anche delle opere d’arte”.

Al centro il maestro Casula con Anna Pina Arcaro, Rosa Pepe e Vincenzo Sannino durante una premiazione con. le sue opere

Ad Anna Pina Arcaro, architetto, presidente dell’Ente per lo Sviluppo Sostenibile “I Piccoli campi” di cui anche Gelsomino era socio, condividendone l’idea del “rigenerativo”, nell’approccio che si ha con l’uomo e ciò che lo circonda, ha lasciato l’ultimo compito: quello di salutare tutti i suoi amici. “E’ stato amico di tutti e della natura – racconta commossa Anna Pina – non ci sarà bisogno di parole per sintetizzare chi era Gelsomino Casula. Saranno le sue opere che parleranno di lui, anche in futuro”. 

Ed è ora Giuseppe Tarallo, ex presidente del Parco Nazionale del Cilento, che ha conosciuto bene l’arte di Gelsomino con la sua grande forza espressiva, a lanciare un messaggio anche alla politica, spesse volte distratta: che ci sia qualcuno a prendersi cura delle sue opere e sappia farne un museo in suo nome. Quei suoi volti archetipici, ancestrali, originali, meriterebbero un posto tutto loro dove ogni visitatore potrà trovare ancora e per sempre, ad imperitura memoria, l’energia di uno scultore che amava la natura tanto quanto la sua arte e la sua stessa vita. 

Maria Rosaria Sannino
Giornalista professionista, cronista, reporter di viaggi, appassionata di fotografia e reportage.
http://www.twitter.com/mrsannino

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