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Lampedusa, l’isola dell’accoglienza

Ultimo aggiornamento sabato, 9 Novembre, 2019   00:26

Lampedusa è stata nell’antichità una “zona franca” anche per gli schiavi. Un posto dove riprendere fiato anche per pochi giorni. Ed è incredibile come tutto ciò si ripeta ancora oggi…

Lampedusa è un approdo che accoglie viaggiatori e disperati. C’è chi cerca bellezza e chi speranza. Chi svago e chi accoglienza. Fin dalla sua storia più remota quest’isola che geologicamente appartiene all’Africa, ha rappresentato il luogo dove ci si sente a casa.“…Mi avvicinai al timonieri e gli dissi di puntare verso l’isola di Lampedusa…Era stata scelta perché era considerata zona franca sia dai musulmani che dai cristiani. Si poteva gettare l’ancora in una delle numerose cale e rifornirsi d’acqua e legna senza timore di essere aggrediti…Nessuno aveva mai saputo spiegarmi quando e per quale motivo fosse stato preso questo tacito accordo tra avversari che solo qualche miglio al largo si sarebbero scannati senza pietà..”. Questo brano appare sul retro di “Breve storia di Lampedusa”, scritto da Antonino Taranto, presidente dell’associazione culturale “Archivio Storico di Lampedusa”. Questa descrizione racconta ciò che anche nel passato ha significato per lo “straniero” questo lembo di terra delle Pelagie circondato dal mare.

Lampedusa è stata nell’antichità una “zona franca” anche per gli schiavi. Un posto dove riprendere fiato anche per pochi giorni. Ed è incredibile come tutto ciò si ripeta ancora oggi. E non solo per i migranti che vengono accolti, curati, vestiti, nutriti per poi riprendere il viaggio, ma anche per i viaggiatori che vi soggiornano. E’ un luogo che sa farti sentire a casa, che ti mostra subito il volto della “misericordia”. E’ un’ isola battuta dal vento e dal dolore. Ma che riesce, nonostante tutto a donare serenità.

Tanti i simboli dell’accoglienza che si vedono ovunque: i “barconi della speranza” approdati e “parcheggiati” lungo i bordi di una strada vicino al porto e che ricordano l”attualità” (quella che di solito vediamo solo in tv e che qui vivono quotidianamente); la scritta sui muri di Punta Favaloro: Un sorriso per la stampa”, “Proteggere i non confini”, tra i tanti volti dipinti con i colori dell’arcobaleno; le raffigurazioni artistiche che hanno sempre braccia che si aprono agli altri su barconi sgangherati. E poi le lapidi nel cimitero dei lampedusani: i migranti che non ce l’hanno fatta sono accolti con dignità e rispetto anche nella sepoltura.

Lampedusa, punta Favaloro

Su un’opera realizzata con lo stesso legno delle barche usate nelle traversate, dall’artigiano locale Francesco Tuccio, si legge: “In questo luogo riposano musulmani e cattolici, vecchi e giovani, neri e bianchi. Tutti migranti morti in mare in cerca della libertà. Questo monumento simboleggia la speranza che nasce nonostante tutte le tragedie nel Mar Mediterraneo e la salvezza che è data a tutti i popoli” .

Cimitero di Lampedusa, lo spazio riservato ai migranti

E poi “La Porta d’Europa” realizzata da Mimmo Paladino che si trova sulla punta di Cavallo Bianco. Sferzata dal vento e dalla salsedine, simboleggia “l’approdo” per migliaia di naufraghi che ogni anno si dirigono verso l’Europa.

La porta è rivestita da una ceramica. La sua anima è in ferro zincato. “Ho provato a spiegare qualcosa che avesse a che fare con un esodo forzato – ha spiegato Mimmo Paladino – qualcosa di comprensibile a tutti i popoli. Per questo ho voluto la porta il più lontano possibile dal centro abitato e il più vicino possibile all’acqua e quindi all’Africa”.

L’8 luglio 2013 è una data storica per Lampedusa, uno spartiacque per molte cose (come l’avvio di Mare Nostrum): arriva Papa Francesco, senza “papa mobile” e cerimoniali, solo con la sua semplicità: “Ho sentito che dovevo andare – dirà il Santo Padre in un’intervista – mi avevano toccato e commosso le notizie sui migranti morti in mare, inabissati. Bambini, donne, giovani uomini… Una tragedia straziante. Ho visto le immagini del salvataggio dei superstiti, ho ricevuto testimonianze sulla generosità e l’accoglienza degli abitanti di Lampedusa”. Nella chiesa di San Gerlando, a pochi metri dalla via principale (via Roma), oltre ad un magnifico crocifisso a forma di remi, realizzato a Cuba dall’artista Kcho e donato da Raul Castro a Papa Francesco, e che a sua volta ha regalato alla chiesa lampedusana, c’è un presepe – sempre regalato dal Santo Padre – con il Bambino che nasce su un barcone, mentre un migrante tenta si salvarsi aggrappandosi alla scialuppa.

Ci sono persone straordinarie, come il medico Pietro Bartolo (nominato ambasciatore Unicef) che da oltre venticinque anni cura i migranti (va letto il suo libro “Lacrime di sale” per scoprire come ci sono medici che dedicano anima e corpo agli altri, facendo fede al giuramento di Ippocrate); e Antonino Taranto, presidente dell’Archivio Storico di Lampedusa, che nella sede accoglie e ascolta le storie di tanti ragazzi che grazie ad un passa parola arrivano come in processione, tra i libri e le foto storiche raccolte in questa biblioteca-libreria. E tanti volontari anonimi, cittadini che non conoscono cosa sia il vocabolo “razzismo”.

Alcuni migranti a Lampedusa

Sono tanti i motivi che rendono quest’isola un posto speciale. Per la sua gente e per la “lentezza” della sua quotidianità, scandita dal ritmo della natura. Quasi tutti hanno una barca. E con l’arrivo del turismo, c’è chi ha costruito alberghi e chi ha aperto le sue porte con la formula “bed and breakfast”, o semplicemente affitta la sua seconda casa. Si vive di pesca e di turismo. Tanti che dal nord Italia si sono trasferiti qui e hanno aperto strutture ricettive. I ristoranti poi sono i “testimonial” del buon vivere: piatti della tradizione (dalla pasta con le sarde e pistacchi alla ricciola alla lampedusana) ed (esageratamente) abbondanti.

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Senza 'filtri' (#Lampedusa)

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Il mare, grazie anche ai fondali, ha il colore verde smeraldo contornato da una natura selvaggia, tra calette e scogliere. Un entroterra che sembra un paesaggio nordico. Le spiagge sono “cartoline” paradisiache, come ad esempio la spiaggia della Guitgia (si va oltre punta Favaloro e si apre un altro mondo) e l’isola dei Conigli, una spiaggia che si trova nella parte sud ovest dell’isola.

Sorge al centro di un’ampia baia, e ci si arriva lungo un sentiero che conduce verso il mare. E’ stata definita tra le spiagge più belle al mondo, grazie al suo mare cristallino, alla flora, alle tartarughe caretta caretta e al gabbiano reale. Qui nidificano in santa pace. Tutto è a portata di mano (basta avere anche uno scooter per muoversi) e in meno di un’ora, attraversare da sud a nord, da ovest ad est, tutta l’isola. E’ un concentrato di “isolitudine” che ti fa star davvero bene.

Maria Rosaria Sannino
Giornalista professionista, cronista, reporter di viaggi, appassionata di fotografia e reportage.
http://www.twitter.com/mrsannino

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