Tu sei qui
Home > CULTURA > Dalla manodopera ai sindacati, fino alla nascita della democrazia moderna

Dalla manodopera ai sindacati, fino alla nascita della democrazia moderna

La storia politica raccontata dallo storico di Amalfi, Giuseppe Gargano, ci porta in questo testo a ripercorrere alcune tappe importanti, partendo dalla rivoluzione scientifica del Seicento fino ad arrivare alle idee rivoluzionarie francesi quando emersero anche a Napoli e nel regno delle Due Sicilie con la Rivoluzione del 1799…

La rivoluzione scientifica del Seicento, che, figlia del Rinascimento, prese le mosse dall’Italia barocca, trovò il suo epilogo nell’Inghilterra di Isaac Newton. Il pensiero scientifico in evoluzione trovò larga comprensione in una società che progrediva in modo significativo nell’economia e nella politica. Era inevitabile la sua influenza nel settore tecnologico; e questa influenza generò la prima rivoluzione industriale nel XVIII secolo.

La nuova tecnologia, fondata sulle scoperte della fisica e sulla formulazione della moderna chimica, modificò sensibilmente le tecniche produttive della tradizionale protoindustria mediante l’invenzione di macchine sempre più capaci nella lavorazione sia dal punto di vista della quantità che della qualità. Ne costituisce un esempio emblematico la macchina a vapore ideata da James Watt, il quale entrò in società con Wilkinson, produttore di spade (ancora oggi i suoi discendenti fabbricano lamette da barba), per l’estrazione del ferro e la lavorazione dell’acciaio: la sigla WW rappresentò il loro sodalizio. 

Nel contempo una seconda rivoluzione industriale, avvenuta nella prima parte dell’Ottocento, migliorava sensibilmente le condizioni produttive della carta: così nelle cartiere le vecchie tecniche fondate sull’impiego di magli e di pile furono superate dalla francese macchina continua fourdrinier e dalla sfilettatrice olandese. In tal modo la produzione divenne sei volte maggiore. Nella tessitura del cotone in Inghilterra furono applicati progressi tecnologici che permisero la creazione del filatoio idraulico, mediante il quale aumentava la produttività di alta qualità. Nel settore siderurgico fu prodotta la ghisa mediante la fusione di minerale ferroso e carbon fossile nell’altoforno. 

La prima locomotiva in Inghilterra: 1804

Nel 1804 fu realizzata la prima locomotiva e di conseguenza si procedette alla costruzione di ferrovie pubbliche, specialmente in Inghilterra, per il trasporto di minerali e di persone. 

Tutto questo effettuato comunque in un regime di sfruttamento della forza- lavoro, favorì la formazione del capitalismo moderno

L’applicazione delle macchine fece diminuire sensibilmente la richiesta di manodopera; ciò scatenò la prima rivolta proletaria della storia, conosciuta col nome di luddismo, da Ned Ludd, colui che la capeggiò in Inghilterra, distruggendo nel 1759 un telaio meccanico; il fenomeno tornò alla ribalta in maniera efficace nel 1820. Così furono gettate le basi per la formazione dei movimenti operai che alla fine del XIX secolo si mutarono nei primi sindacati (trade unions), particolarmente attivi nella società industriale

La prima rivolta proletaria nella storia è conosciuta con il nome di luddismo da Ned Ludd che la capeggiò

Nel corso del Settecento in Inghilterra cominciò a formarsi una nuova filosofia, che prendeva il nome di Illuminismo, essendo ispirata ai lumi della ragione e tesa a collocare l’uomo al centro di ogni cosa, perché con la sua ratio può trovare una risposta a ciascuna domanda, servendosi del metodo sperimentale della scienza moderna

LUomo è la misura di ogni cosa, ha già in sé la sua grandezza”; questo è il nocciolo della nuova filosofia. A tale affermazione ci piace aggiungerne un’altra di nostra coniazione: “L’Uomo è l’ultima tappa di un processo biologico scaturito dalla materia inerte”

Gli illuministi ripresero un’antica concezione che cercava di individuare nella natura una sorta di ius naturale relativo a tutte le creature viventi e in particolare all’uomo. 

Hobbes, Locke, Rousseau, Kant furono i principali sostenitori dello giurisnaturalismo, un’idea filosofica che riteneva il diritto naturale superiore al diritto positivo, cioè quello prodotto dagli uomini. Così dallo stato di natura, che fonda la sua essenza sul diritto alla felicità, si passa alla creazione dello Stato mediante un contratto tra gli uomini. La ragione degli uomini è in grado di realizzare leggi civili in sostituzione delle leggi naturali. Nella loro storia gli uomini hanno ideato il concetto di Stato civile e politico. Rispetto a questo punto i predetti filosofi ebbero concezioni differenti: Hobbes era per lo Stato assoluto; Locke e Kant per lo Stato liberale; Rousseau per lo Stato democratico. Il risultato più importante dello giusnaturalismo settecentesco fu la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.

Dispotismo illuminato: il nuovo si mesce all’antico.

Lo Stato assoluto propugnato da Hobbes trovò la sua applicazione concreta nel Secolo dei Lumi: Voltaire ne fu il sostenitore più convinto. Egli, risiedendo in una villa svizzera, svolse il ruolo di consigliere di alcuni sovrani europei. Il suo dispotismo illuminato fu la ricetta per la sopravvivenza di antiche monarchie, che altrimenti sarebbero state travolte dalla crisi della nobiltà acuitasi proprio nel XVIII secolo. La Francia dei Borbone, che non volle prestare ascolto alla proposta suggerita da Voltaire fu travolta da inesorabili eventi affatto controllabili. E pensare che proprio in quella nazione operarono i massimi esponenti dell’Illuminismo!

Il filosofo francese era convinto che le monarchie d’Europa avevano necessariamente bisogno di rinnovarsi per mantenere stabili il loro potere e l’Illuminismo poteva essere la soluzione al problema. Così si inventò il dispotismo illuminato, che consisteva nel lasciare tutti i poteri nelle mani del sovrano, il quale, però, avrebbe dovuto governare secondo alcuni principî fondanti dell’Illuminismo, che prevedevano riforme della giustizia, della società, dell’economia, dell’istruzione; pertanto, avrebbe dovuto servirsi di ministri illuminati. Voltaire ebbe un lungo scambio epistolare con la zarina Caterina di Russia, la quale lo stimava particolarmente, al punto da tentare un’occidentalizzazione della sua nazione, chiamando alla sua reggia l’illuminista Diderot, autore, insieme a d’Alambert, dell’Enciclopedie, una preziosa fonte multidisciplinare della cultura umana. 

Maria Teresa d’Austria prestò particolarmente ascolto alla provocazione di Voltaire, realizzando nel Lombardo-Veneto un’amministrazione, alla quale prestarono la loro opera Cesare Beccarìa, giurista autore Dei delitti e delle pene, trattato contrario alla pena di morte, gli economisti fratelli Carlo e Pietro Verri, il letterato precettore Giuseppe Parini. Nel contempo Carlo III di Borbone, re di Napoli dal 1733, affidava la direzione del governo all’illuminista Bernardo Tanucci, il quale ebbe quali suoi collaboratori l’economista Antonio Genovesi e il geografo Ferdinando Galiani. Inoltre promosse e favorì gli scavi archeologici di Pompei e di Ercolano, richiamando nel regno illustri viaggiatori e studiosi. Sostenne, quindi, la cultura nelle sue varie forme, tra cui l’arte e il teatro. 

San Leucio, il Belvedere come si presenta oggi

Le seterìe di San Leucio furono poi una delle sue più illuminate realizzazioni, esempio lungimirante di razionalizzazione del lavoro basato su concetti di utilitarismo umanitario configurabili nell’organizzazione di villaggi-azienda. Questo esempio fu imitato dagli inglesi nella loro terra.   

Liberalesimo e liberismo.

Lo Stato liberale immaginato da Locke e da Kant fu teorizzato sia sotto il profilo politico che sotto l’aspetto economico. Le nuove proposte trovarono ben presto attuazione concreta.

L’illuminista francese Montesquieu delineò una riforma moderata del sistema dell’ancien régime, il quale manifestava, agli inizi del Settecento, già i primi segni di una crisi irreversibile, che avrebbe potuto creare effetti disastrosi. Egli voleva preservare la monarchia, che a suo avviso si sarebbe potuta conservare a condizione di una sua revisione: è chiaro che il suo sguardo era rivolto all’Inghilterra, la quale, dopo la rivoluzione di Cromwell e già dai tempi di Carlo II Stuart, aveva abbandonato l’assolutismo per accettare l’aspetto costituzionale. Montesquieu fu il primo a concepire lo Stato moderno, togliendo al monarca il potere assoluto e distribuendolo in tre distinte competenze, assegnate a diverse istituzioni. Così al re competeva il potere esecutivo, che esercitava insieme al governo di sua nomina, al parlamento il potere legislativo, alla magistratura il potere giudiziario. Nobili e popolo avrebbero eletto il parlamento; naturalmente dovevano avere diritto al voto i cittadini di sesso maschile, che sapevano leggere e scrivere, da una certa età in su e provvisto di un minimo reddito. Tutto questo e altro ancora è riportato nella sua magistrale opera L’esprit des lois

Montesquieu, il primo a concepire lo Stato moderno

La monarchia liberale, e per certi versi democratica, inglese lo affascinava particolarmente: sin dalla fine del secolo XVII si costituirono il partito dei tories, conservatori, fedeli alla corona, nazionalisti, e il partito dei wighs, monarchico-costituzionali, industriali, liberali. L’eredità inglese raggiungerà anche l’Italia postunitaria, dove fu molto sentito il confronto tra la Destra storica conservatrice e la Sinistra storica progressista. 

Una vera e propria rivoluzione economica fu prodotta dall’ideologia di Adam Smith, ebreo scozzese, che ne La ricchezza delle nazioni sviluppa la teoria del liberismo, fondata sul concetto di libertà di mercato. Lo Stato deve offrire alla popolazione servizi pubblici di avanzato progresso, finanziandoli tramite le tasse pagate principalmente dai più ricchi, mentre la conduzione dell’economia è affidata ai privati in un regime di concorrenza e di libero mercato. Smith usa un’espressione francese per esprimere tutto ciò: laissez-faire, con la quale indica nella capacità dei privati, senza l’intervento statale, la vera soluzione del problema economico. Possiamo a giusta ragione affermare che Adam Smith è stato l’istitutore dell’Economia Politica.

La teoria economica del liberismo, appoggiata da quella politica del liberalesimo, trovò gradualmente applicazione pratica in vari Stati dell’Europa. D’altronde essa perfezionava il concetto di capitanìa et labor che sin dal Medioevo favoriva lo sviluppo delle società mercantili e le loro forme, dando vita ai primi grandi uomini d’affari. Il liberismo, associato al progresso industriale, fu la causa principale del capitalismo moderno e dell’avvento al potere della borghesia. Questa classe mediana soppiantò la nobiltà e in alcuni casi la borghesia creò una nuova nobiltà aristocratica. Addirittura la borghesia ebbe il suo imperatore, Napoleone Bonaparte, che trasportò sull’onda delle baionette dei suoi soldati gli ideali liberali e liberisti in tutta Europa. 

Il pragmatismo napoleonico, basato sull’opportunismo politico e sul concetto di imperialismo, disilluse molti combattenti per la libertà, tra cui Ugo Foscolo, soprattutto per quanto riguarda la vendita della decrepita repubblica di Venezia, patria del poeta, all’Austria. Il progetto di Napoleone si concretizzò, attraverso matrimoni e conquiste militari, nell’intronizzazione di suoi stretti parenti in alcuni regni europei.

Ugo Foscolo disilluso dal pragmatismo napoleonico

La sua principale nemica fu l’Inghilterra, che lo considerava irriducibile concorrente sia per il sistema politico-economico sia per l’imperialismo. E così la perfida Albione, liberale e liberista, si alleava con gli imperi centrali assolutistici per cancellare le conquiste napoleoniche e tornare alla restaurazione sancita con il Congresso di Vienna. Il suo nemico si spegneva, oppresso dal cumulo delle memorie, come vuole il vero poetico di Manzoni, in un’isola sperduta dell’Atlantico, dedicata a un’imperatrice romano-cristiana. Chissà se a Waterloo non fosse piovuto e il capitano francese fosse giunto per tempo coi rinforzi come sarebbe andata! Forse l’esito della battaglia sarebbe stato favorevole a Napoleone e la storia conseguente sarebbe stata scritta diversamente! Le idee della Rivoluzione Francese, concretizzate e perfezionate dal nuovo Cesare d’Oltralpe, continuarono la loro missione nei movimenti e nelle associazioni segrete del primo Ottocento romantico.

Repubblica moderata e terrore giacobino.

L’epilogo dell’Illuminismo fu la Rivoluzione Francese del 1789 con le conseguenze degli anni successivi. Tale rivoluzione fu la resa dei conti nella partita da lungo tempo giocata tra nobiltà e borghesia e per lungo tempo dominata dal monarca assoluto, fino a quando non si ruppe l’equilibrio stabilito dal Roi Soleil con l’innovata politica economica di Colbert

La rivoluzione francese

Se Maria Antonietta avesse potuto offrire una brioche a ogni francese, forse la rivoluzione non sarebbe scoppiata! Altro che brioche! La questione era ben più complessa: il Terzo Stato era stanco di perdere sempre per 2 a 1 nel corso delle votazioni per deliberare nei confronti del Clero e dei Nobili; ora pretendeva la votazione per cranio e non più per Stato. Essendo composto dalla borghesia produttiva, la sola a pagare le tasse, ben più numerosa rispetto a nobili e clero, decise di ribellarsi per ottenere ciò che voleva.

Ai primi sentori della crisi Filippo d’Orléans, reggente per Luigi XV, aveva cercato di aprire la partecipazione politica all’aristocrazia. Grazie al finanziere scozzese John Law tentò di risanare le finanze mediante l’emissione di cartamoneta, con lo scopo di rilanciare l’economia. La decisione, apparentemente positiva, si arenò a causa dell’obiettivo di consolidare il debito pubblico a vantaggio della corona, conseguito tramite l’accettazione di titoli di Stato al loro valore nominale, il cui valore di mercato era meno della metà, quale pagamento per l’acquisto di azioni della Compagnia delle Indie. La corsa all’acquisto delle azioni fece lievitare esageratamente il prezzo delle azioni della Compagnia: il risultato fu la bancarotta. In seguito le finanze furono affidate a Bertin, il quale, per aiutare le casse dello Stato, propose l’istituzione del catasto fondiario, con il fine di far pagare le imposte sulla proprietà terriera anche ai nobili; ma i Parlamenti controllati dagli aristocratici si opposero e ottennero il suo licenziamento. Allora il ministro della giustizia de Mapeon avanzò una proposta di legge giudiziaria per limitare i poteri parlamentari; ma il nuovo re Luigi XVI bloccò anche questa riforma. 

Fu la volta di Turgot, il quale tentò la liberalizzazione del mercato dei grani, provocando la guerra delle farine da parte dei ceti popolari. Il successore Necker, cosciente del disastro finanziario provocato dalle ingenti spese per l’appoggio militare offerto ai ribelli americani nel 1776, annunciò pubblicamente le condizioni negative del bilancio statale; il risultato fu il suo licenziamento. Quindi venne escogitata una soluzione, che consisteva nella formazione delle assemblee dei notabili, comitati di consulenza di nomina regia, di cui facevano parte nobili, finanzieri e professionisti. Il risultato di tale trasformazione costituzionale della monarchia fu una reazione dei Parlamenti. L’alleanza tra i nobili liberali e i membri del basso clero con il Terzo Stato produsse la nascita dell’Assemblea Nazionale Costituente determinata fermamente alla scrittura di una costituzione. 

Nella sua prima fase la rivoluzione assunse toni moderati, incentrati sulla formazione di una monarchia costituzionale

L’aristocratico liberale La Fayette, eroe della guerra d’indipendenza americana, divenne il capo della guardia nazionale, la milizia che difendeva la rivoluzione. Primo risultato fu l’abolizione del regime feudale

I sanculotti francesi indossavano il rosso berretto frigio di Masaniello

Una milizia popolare si organizzò a Parigi, i sanculotti, che indossavano il rosso berretto frigio di Masaniello caricato della coccarda tricolore. Nell’Assemblea Nazionale nacque la politica moderna: le fazioni si sedevano secondo la propria ideologia; così a destra stavano gli aristocratici liberali, al centro i moderati, a sinistra i democratici repubblicani e i giacobini. Tra accese discussioni furono delineate le prime riforme per la Francia: 

eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge; soppressione dei Parlamenti; adozione dei distinti poteri esecutivo, legislativo, giudiziario; costituzione della Chiesa nazionale autonoma dal papato; abolizione delle corporazioni e dichiarazione della libertà del lavoro e dell’iniziativa economica.

Si discusse animatamente circa il diritto di veto sulle leggi da parte del sovrano e sulla confisca dei beni del clero.

Il sistema elettorale si basava sul voto passivo dei maschi adulti che versavano imposte pari al salario di tre giorni di lavoro ed eleggevano gli elettori attivi, i quali pagavano imposte pari al salario di dieci giorni di lavoro; questi ultimi nominavano i deputati dell’Assemblea legislativa, che aveva il compito di legiferare. Al sovrano e ai ministri spettava il potere esecutivo.

La scoperta del tentativo di Luigi XVI di abbattere la rivoluzione con l’aiuto di potenze straniere accelerò la nascita della repubblica, sostenuta dalla fazione dei giacobini. Gradualmente i più radicali presero il potere, organizzando un regime totalitario, capeggiato da Robespierre e sostenuto da Saint-Just, che, per le sue violente esecuzioni di massa rivolte non solo alla nobiltà, ma anche a membri giacobini scomodi, fu ricordato col nome di Terrore. Sotto la mannaia della ghigliottina di Robespierre finirono l’ateo Hebert, il padre della repubblica Danton e molti di quei giovin signori di pariniana memoria che andavano a coricarsi all’alba dopo una notte di giochi e di trastulli cicisbei, proprio nel momento in cui contadini e artigiani lasciavano i tiepidi lettoni, nei quali dormiva l’intera famiglia, per recarsi alle dure fatiche dei campi o a riprendere il lavoro usato nelle botteghe.

Maximilien de Robespierre

Laddove non era possibile processare e ghigliottinare si procedeva all’eliminazione dell’avversario scomodo utilizzando sicari, come la donna che pugnalò nel bagno Marat, tragica scena ben raffigurata con gusto romantico da David e da Santiago Rebull. Un personaggio misterioso e inquietante, la Primula Rossa, riuscì abilmente a porre in salvo in Inghilterra un buon numero di nobili francesi durante le persecuzioni del Terrore. In seguito si è saputo che era il nobile inglese sir Percey Blakeney, che amò firmare le sue imprese con quel soprannome. 

Perché il sistema monarchico costituzionale liberale inglese e per certi versi con spunti democratici avversava la repubblica francese? 

In primo luogo per l’opposta caratterizzazione istituzionale, quindi a causa dell’appoggio francese alla giovane repubblica democratica degli Stati Uniti d’America e infine per la vocazione rivoluzionaria e anti-moderata.

Il potere esecutivo, affidato al Comitato di salute pubblica, adottò un nuovo calendario, istituì il culto della Ragione, fissò un calmiere dei prezzi per bloccare la crisi economica. Una grande insurrezione abbatté la tirannide e promosse la formazione di una repubblica di moderati. La Convenzione della nuova repubblica, formata da repubblicani moderati e da filo-monarchici costituzionali, abrogò subito il calmiere dei prezzi, scatenando di riflesso la rivolta popolare, che inneggiava al defunto incorruttibile Robespierre; ma ancora una volta tutto fu represso nel sangue. Una nuova costituzione fu promulgata, attenta a tenere lontano dal potere le masse popolari e ad evitare una revanche assolutistica. Così fu reintrodotto il sistema del voto per censo a doppio livello; inoltre fu istituito un parlamento bicamerale: Consiglio dei Cinquecento, che formulava e discuteva le leggi; Consiglio degli Anziani, che le approvava o le respingeva. Sistemato il potere legislativo, la costituzione s’interessava del potere esecutivo, affidandolo al Direttorio composto da cinque membri.  

La nascita della democrazia moderna.

Jean Jacques Rousseau: il vero ideatore della democrazia moderna

Il vero ideatore della democrazia moderna fu Jean Jacques Rousseau, illuminista che forse ancor più di Napoleone fu l’arbitro che s’assise in mezzo ai due seoli l’un contro l’altro armato, cioè il Settecento illuminista e l’Ottocento romantico; infatti con la sua Nouvelle Eloise traghettò l’Illuminismo verso il Romanticismo. La sua democrazia è repubblicana e prevede un presidente eletto ogni quattro anni, nonché il suffragio universale. Si differenzia dalla democrazia classica ateniese soprattutto per gli aspetti sociali: abolisce la schiavitù, considera tutti i cittadini uguali di fronte alla legge, accetta l’elezione diretta delle cariche pubbliche e respinge il sorteggio. 

La prima applicazione concreta della democrazia di Rousseau avviene nel 1776 con la costituzione degli Stati Uniti d’America, una repubblica federale fondata sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, suggestiva fusione tra il giusnaturalismo e il liberismo liberale e democratico. A imitazione della madrepatria i coloni americani inserirono nella loro democrazia due partiti: il repubblicano d’impronta conservatrice e il democratico attento alla istanze progressiste. 

Qual era la differenza tra essi e i partiti inglesi? Diversamente dai Tories, monarchici e assolutamente conservatori, i repubblica americani comprendevano l’idea liberale; mentre i Wighs erano liberali, i democratici americani erano più attenti alle classi inferiori. L’evoluzione del dopoguerra mondiale in senso imperialista sui tre livelli politico, militare ed economico ha trasformato la democrazia rousseauniana americana in una sorta di timocrazia, comandata dai forti poteri finanziari (cfr. in seguito il capitolo Il futuro dell’umanità). 

Negli anni Venti del secolo appena trascorso nel contesto del parlamento italiano si costituì il Partito Democratico, una formazione che raccoglieva democratici liberali, democratici costituzionali, democratici sociali, mazziniani, socialisti riformisti. Proprio quando stava per allargarsi a tutto il paese, fu annientato dall’avvento del Fascismo, che andava a sostituire l’ormai decrepito Stato liberale

Le idee democratiche e rivoluzionarie francesi emersero anche a Napoli e nel regno delle Due Sicilie con la Rivoluzione del 1799, sostenuta militarmente dalle truppe inviate dal Direttorio. La flotta francese obbligò alla resa tutti i centri abitati reazionari. 

I francesi schierati con le navi nel mare di Amalfi…

Così i francesi, schierati con le navi nel mare di Amalfi, minacciavano di distruggerla se la comunità locale non avesse versato un congruo tributo. Gli Atti del Decurionato riportano, a firma del sindaco e dei decurioni, l’elenco analitico dei cittadini che contribuirono associato alle rispettive somme versate; il documento è preceduto da forti invettive contri i francesi, che sono definiti senza Dio

Intanto i Borbone, rifugiatisi in Sicilia, preparavano, con l’appoggio degli inglesi, la riconquista del territorio regio continentale. Mentre in alcuni centri la borghesia filo-francese innalzava olmi, simbolo del popolo, i pescatori cetaresi mettevano a disposizione degli inglesi le loro barche nell’assalto al fortino francese sul Capo di Conca. Intanto i banditi detenuti nelle carceri delle isole napoletane venivano liberati dalla marineria inglese, armati e sguinzagliati tra i Monti Lattari. Capeggiati da Giuseppiello ‘e Ponte Primaro, creavano non pochi problemi al generale Desvernois, combattente alla battaglia delle Piramidi, ancora durante il regno di Giuseppe Bonaparte (1806-1808). Un capitano francese, Rebuffat, si accasò a Minori, dando origine a una stirpe tuttora esistente.

Eleonora Pimentel de Fonseca capeggiò la repubblica napoletana

La repubblica napoletana fu capeggiata dai nobili progressisti Eleonora Pimentel de Fonseca e ammiraglio Francesco Caracciolo, collaborati da Luisa Sanfelice, Vincenzo Cuoco, Vincenzo Russo, Mario Pagano, tenace sostenitore delle idee di Rousseau, Francesco Lo Monaco, rifugiatosi a Milano, dove fu maestro di Alessandro Manzoni, nipote dell’illuminista Cesare Beccaria. L’impronta del governo repubblicano napoletano fu dichiaratamente borghese, per cui i responsabili non seppero dialogare nel giusto modo col timoroso e sospettoso popolo vascio. Sul fuoco di malcontenti che evidenziavano pubblicamente elementi di corruzione da parte della nuova classe dirigente seppe abilmente soffiare il reazionario cardinale Ruffo, il quale organizzò la riscossa borbonica, travolgendo la rivoluzione democratica.

Il Canto dei Sanfedisti, popolare e anti-rivoluzionario, scritto per l’occasione, mediante alcuni significativi versi stigmatizza bene la situazione: “‘e signuri ‘e giacubini/ l’hanno fatto ‘na mappina”, per indicare la rivincita della nobiltà conservatrice contro gli invasori anticlericali; “e voilà, e voilà/ cavece ‘nculo ‘a libertà”, per sottolineare le promesse di libertà non mantenute; “liberté, egalité/ tu arruobbe a me, ie arrobbe a te “, per evidenziare la corruzione dilagante. Se si aggiunge il ritornello “sona, sona Carmagnola/ sona li cunsiglia/ via ‘o re cu la famiglia”, il quadro della reazione è completo. La strofa assume un’aria canzonatoria d’ironia: infatti la Carmagnole era un canto francese contadino legato alla rivoluzione giacobina.  

DA LEGGERE ANCHE:
La storia della politica: da Machiavelli al Re Sole, tra scienza e utopia

Le amministrazioni e le leggi delle Repubbliche marinare
Nel Medioevo la grandezza delle Repubbliche Marinare di Amalfi, Genova, Pisa e Venezia

Lascia un commento:

Top