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Lentini, far west social: carta funebre a Breci e killer islamisti per i cronisti

Ultimo aggiornamento mercoledì, 3 Marzo, 2021   01:17

LENTINI – “L’unica cosa vera che puoi scrivere è la tua carta funebre, bastadduni”. Ancora una volta Lentini si conferma terra di frontiera per la libertà d’informazione. A finire nel mirino delle minacce a mezzo Facebook stavolta è stato Silvio Breci (nella foto in copertina), direttore della testata online Webmarte e collaboratore del quotidiano La Sicilia. Il giornalista è stato pesantemente attaccato dal padre di un giovane arrestato per un ordine di estradizione in Svizzera, al quale non è andato giù quanto aveva riferito il mattinale della Polizia. Un comunicato ripreso senza ulteriori fronzoli dal cronista lentinese, così come hanno fatto altri giornali. Che però, il 29 febbraio, ha scatenato le ire social del genitore solo su chi aveva diffuso la notizia, anziché su coloro che l’avevano ufficialmente diramata. L’autorevolezza della firma lo ha fatto diventare obiettivo privilegiato, ma “è tutta la compagnia dell’informazione killer” ad essere stata oggetto di post pubblici dal tenore sempre più minaccioso. Che sono aumentati d’intensità, quando sono arrivate le preoccupate prese di posizione da parte di Assostampa, Unione cronisti e Agirt. Al punto da scrivere, l‘1 marzo, che “per voi delinquenti della notizia servirebbe la visita dei fratelli Kouachi“, autori della strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo.

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post dell’1 marzo
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La virulenza degli attacchi online ai colleghi che operano nel Lentinese, ha fortemente preoccupato gli organi di una categoria che nei mesi scorsi ha dovuto registrare anche un attentato incendiario all’auto del corrispondente dell’Agi da Siracusa, Gaetano Scariolo. Senza dimenticare le minacce a Paolo Borrometi arrivate prima su Facebook, e poi diventate una sentenza di morte registrata dai microfoni-spia piazzati per indagare su una cosca del Pachinese.“Siamo certi che le forze di polizia sapranno adottare i provvedimenti del caso contro il protagonista delle minacce”, ha scritto il segretario provinciale Prospero Dente, portando a Breci la solidarietà dell’Assostampa siciliana. “Siamo certi che gli inquirenti procederanno nelle sedi opportune nei confronti del responsabile del deprecabile gesto”, ha commentato a sua volta Francesco Nania, fiduciario della sezione Unci. Ma è tutto il Gruppo siciliano cronisti, per bocca del presidente regionale Leone Zingales, che “respinge al mittente le intimidazioni, certi che il cronista continuerà a svolgere il proprio lavoro con la schiena dritta senza cedere di un millimetro alle barbare minacce”.

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post del 29 febbraio apparso su un gruppo pubblico
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Sulla vicenda è intervenuta pure l’Associazione dei giornalisti radiotelevisivi e telematici, che nei mesi scorsi ha messo a disposizione uno sportello legale per aiutare i colleghi a denunciare ogni tipo di minaccia e intimidazione ricevuta: anche, e soprattutto, a mezzo Facebook. I social sono da tempo terra di nessuno e sempre più spesso la cronaca nera si è dovuta occupare di fatti nati e alimentati dalla rete, prima di esplodere drammaticamente nel mondo reale. Il comunicato del presidente Pippo Cascio sul caso Breci, inizia con un inequivocabile “ora risposta adeguata dalle istituzioni”. Come giornalista esperto in comunicazione sociale ricorda “il pessimo segnale” che, “come temevamo”, sembra aver dato nei mesi scorsi “l’archiviazione di una denuncia contro ignoti” presentata da un altro giornalista lentinese per minacce sul web. A Nello La Fata, direttore della testata online LaNotizia.tv“era stata promessa una corona mortuaria da un noto profilo falso che si mostra vicino alle posizioni dell’ammirazione comunale”. Adesso l’Agirt si augura che quell’errore di sottovalutazione “stavolta non venga ripetuto da chi sarà chiamato ad accertare i fatti e procedere di conseguenza”.

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post del 29 febbraio
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“Questa regione ha pagato un prezzo molto alto per quanto riguarda i cronisti assassinati o minacciati”, osserva Francesco Pira, sociologo e giornalista. Come docente di Comunicazione e giornalismo all’università di Messina, studia da anni l’impatto del web sulle strutture e le sovrastrutture sociali. Dalla sua cattedra nota che l’uso della rete come “maggiore veicolo per minacciare, è ormai parte integrante delle strategie criminali”. Al-Qaeda prima, e l’Isis poi, in questo sono stati esempio lampante. Grazie a internet sono arrivati ai disadattati delle periferie altrimenti irraggiungibili, trasformandoli in “cani sciolti”. Come appunto erano i fratelli evocati dal padre lentinese con la mosca al naso, in difficoltà con la lingua italiana ma con una buona “cultura” sugli islamisti francesi che nel 2015 hanno assassinato 12 giornalisti e 2 poliziotti. Il professore, che è pure uno dei relatori selezionati dall’Ordine per la formazione continua, nota che “c’è in generale una sottovalutazione delle minacce sul web: tantissimi pensano che sia diverso dal farla verbalmente. Il recente suicidio di una ragazzina presa in giro sui social perché sovrappeso, dimostra invece che hanno lo stesso tipo di valore“. Tutti i colleghi si sono stretti intorno a Breci, e difficilmente cambierà il suo modo di fare giornalismo. Ma non si può nemmeno sdoganare l’aperta minaccia a un cronista come una forma di “critica democratica”, solo perché appare su Facebook.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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