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Facebook e copia-incolla comunicati, l’Unci avverte: così muore il giornalismo

Ultimo aggiornamento mercoledì, 3 Marzo, 2021   18:53

LENTINI – Meno comunicati stampa e più suole da consumare. Nelle redazioni con le Olivetti non era manco il caso di dirlo. Ma con l’avvento dell’online molto è cambiato nel giornalismo. Pure troppo. Così l’Unione cronisti ha avvertito la necessità di rispiegare l’ovvio ai nuovi giornalisti. E rinfrescarlo ai vecchi che si “adattano”. Lo ha fatto a Lentini il 7 aprile, nel polivalente Nervi, col corso di formazione “Verifica delle notizie e rapporto con le fonti”. Un auditorium “ristrutturato coi fondi del Pon Sicurezza, per dare agli studenti la possibilità di confrontarsi con realtà extrascolastiche”, spiega Salvo Di Salvo. Il presidente provinciale dell’Ucsi ha così introdotto alla complessa realtà locale i vertici Unci, che da un paio d’anni portano nelle periferie dell’informazione il peso e l’esperienza delle organizzazioni di categoria.

Non si verifica la cronaca sui social e nei comunicati.

Come già lo scorso anno ad Augusta, per il convegno “Giornalisti minacciati in Sicilia: mai soli”, ci sono pure Ordine e Assostampa regionali al tavolo dei relatori. Venuti per raccontare come “non si verifica una notizia di cronaca affidandosi esclusivamente a Facebook“. Lo spiega Concetto Mannisi, segretario dell’Odg Sicilia e cronista di nera a Catania. Lo ricorda Carmelo Maiorca, direttore della storica L’isola dei cani”. Lo racconta Nino Amante, redattore Rai e dirigente sindacale. Lo puntualizza Francesco Nania, fiduciario Unci di Siracusa. E lo spiegano bene Alessandro Galimberti e Leone Zingales, presidente e vicepresidente dell’Unione cronisti.B

Occhi aperti e scarpe comode: come nasce uno scoop.

Il “vice” nazionale è anche presidente regionale. Ma sopratutto è giornalista di giudiziaria a Palermo. Perciò proprio Zingales racconta una di quelle storie che Humphrey Bogart avrebbe portato in bianco e nero sullo schermo. Confida come “fiutò” il rientro in segreto dei familiari di un capomafia a Corleone, andando direttamente sul posto a investigare. Occhi aperti, orecchie tese e scarpe comode, per vedere se fosse vera l’imbeccata su un ritorno che faceva temere una nuova guerra di mafia. C’è riuscito a documentare lo scoop, trovando la casa e parlando coi vicini. E tenendo il telefonino rigorosamente in tasca, senza ricorrere alla facile tentazione di risparmiarsi tempo e fatica chiamando carabinieri e polizia.

Ordine, fake news e il far west della deregulation.

Cosa che invece una web-giornalista di Catania non ha fatto, quando ha diffuso la fake-news di una soldatessa della Marina francese violentata sotto gli archi del porto etneo. La nativa digitale prestata al giornalismo si era limitata a vagliare le “diagnosi” fatte sui social, smentite poi al Pronto soccorso dove l’avevano trovata semplicemente ubriaca fradicia. Una storia raccontata da Mannisi, insieme ad altre che sono costate provvedimenti disciplinari. Perché, diversamente da un blogger o da un influencer, o dagli improvvisati street journalist, un giornalista viene giudicato e sanzionato. E qui sta la differenza fra stare in un Ordine per fare informazione, e il far west vagheggiato da maliziosi paladini della deregulation totale.

Galimberti: Fonti autorevoli? Verificate lo stesso.

Galimberti il cronista l’ha fatto a lungo, prima di diventare responsabile nazionale dell’Unci e firma del Sole 24 Ore. La sua lezione nasce dall’esperienza e dall’osservatorio privilegiato di presidente dell’Ordine della Lombardia:“Non bisogna innamorarsi delle fonti”. Anche se sono autorevoli, “vanno incrociate e verificate“. La dipendenza dai comunicati stampa di procure e forze dell’ordine semplifica il lavoro giornalistico, ma lo dirotta verso un innaturale ruolo di fiancheggiamento. Che diventa pericoloso quando capita che qualche Istituzione inizia a deviare.

Professionalità argine all’incompetenza eretta a valore.

Oggi che tutto viene imboccato dai comunicati e dai post,“la funzione della verifica deve tornare a essere centrale nello svolgimento delle professione; unico antidoto all’imperante canone dell’uno vale uno e dell’incompetenza eretta a valore democratico. Nell’era alluvionale delle ‘fake news’ e della irresponsabilità diffusa per tutto ciò che accade nel mondo digitale, il giornalismo deve interrogarsi sul suo ruolo e sui suoi elementi distintivi”. Non è una questione astratta per giornalisti radical-chic fuori dal tempo e dalla realtà virtuale. E’ la stessa democrazia a soffrine se il suo “cane da guardia”, anziché abbaiare, inizia rincorrere l’osso che gli viene lanciato.

Alessandro Galimberti e Leone Zingales, vertici nazionali dell’Unione cronisti
Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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