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Mario Francese 40 anni dopo, il ricordo di un giornalista coraggioso che raccontava la mafia

Mario Francese 40 anni dopo, il ricordo di un giornalista coraggioso che raccontava la mafia

Ultimo aggiornamento giovedì, 21 Febbraio, 2019   23:19

“Ricordare Mario Francese significa ricordare i valori del mestiere di giornalista, fatto di sudore, sacrifici, impegno civile, voglia di sapere e di raccontare – scrive Giulio Francese, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sicilia, a quarant’anni dall’uccisione del padre per mano della mafia – Onorarne la memoria significa continuare a credere in un giornalismo che può cambiare in meglio il mondo e che, nonostante le campane a morto suonate da più parti, ha ancora un futuro”. 

L’Assostampa siciliana, con l’Ordine dei giornalisti, l’Unione Nazionale Cronisti italiani, hanno così ricordato a Palermo “Mario Francese e il coraggio di raccontare la mafia. Da Siracusa a Palermo, 40 anni dopo”. Un incontro quello del 25 gennaio, inserito tra gli eventi di “aggiornamento” della professione. La figura del giornalista che negli anni ‘70 sulle pagine del Giornale di Sicilia raccontava in solitudine, la mafia dei Corleonesi che nessuno “a quei tempi vedeva”,  e la realtà del giornalismo d’oggi costretto a districarsi tra fake news, perdita di lettori e di credibilità. Il presidente dell’Unci Sicilia, Andrea Tuttoilmondo, nel suo indirizzo di saluto, rivolgendosi a Carlo Verna e ad Alessandro Galimberti ha fatto notare come “la vostra presenza è segno dell’interesse verso il coraggio di raccontare la mafia”. Ed erano proprio lì insieme a tanti colleghi come Roberto Leone, componente della Giunta dell’Assostampa siciliana che ha rivolto subito “un grande abbraccio a chi come Paolo Borrometi ancora vive sotto scorta. Cronisti in quegli anni raccontavano ogni giorno le stragi di mafia, continui allarmi, avvertimenti, un giorno trasferirono il cronista de L’Ora, Gianni Lo Monaco, che abitava nella borgata di Partanna che aveva ricevuto minacce dal clan Riccobono. Fu trasferito a Roma per salvargli la vita , ma da allora scrisse di ambiente e natura. La mafia è cambiata e sono cambiate le minacce. Vi invito a leggere la relazione sul depistaggio della strage Borsellino, durissime contro organi costituzionali. Il ruolo e il lavoro dei due colleghi Mangano e Palazzolo hanno evitato che si mettesse la pietra tombale su ciò che accadde il 19 luglio 1992″.

La foto che ritrae Mario Francese con un taccuino in mano – ha ricordato invece il giornalista Franco Nicastro è molto simbolica anche perché ci rimanda ad un’antica funzione. Le redazioni erano delle botteghe artigianali secondo regole anche rigide e dove il mestiere veniva insegnato. Come la ricerca e la verifica delle notizie. Il taccuino era uno strumento inseparabile e quella foto ci racconta di un buon giornalismo. Ora anche se tutto corre e viene velocizzato, non si possono però cambiare le basi di questo mestiere”. 

La Sicilia è sempre stata una terra di frontiera, anche per la stampa. Mario Francese ha rappresentato un modello di giornalismo d’inchiesta basato sui fatti, sulle notizie raccolte andando sui posti, scavando fino in fondo. Ed era diventato così scomodo tanto da essere ucciso dalla mafia il 26 gennaio del 1979 a Palermo.

Palermo, nella sede dell’Assostampa Regionale: Leone Zingales, Carlo Verna, Alessandro Galimberti, Giulio Francese

A Salvo Piparo, brillante attore e cantastorie palermitano, il compito di leggere un testo su ciò che successe in quella maledetta sera di quarant’anni fa. Scritto da Felice Cavallaro, giornalista del Corriere della Sera ha raccontato commosso come “Mario Francese, era un uomo che ne il giornale ne noi fummo in grado di difendere dalla mafia dei “corleonesi”. La mafia scelse quel proscenio per regolare i conti, anche quelli di mafia su Palermo centro. L’Ora scrisse di Francese addirittura che era un visionario, erano anni di sbandamento totale“.

Da questo momento in poi ci sarà uno spartiacque anche per il giornalismo siciliano. 

Mario Francese andava alla ricerca delle notizie laddove nascevano – racconta Cavallaro nella sala nella sede dell’Assostampa, troppo piccola per accogliere tanti colleghi – ancora oggi, più che mai, abbiamo bisogno di un giornalismo di qualità e che racconti”.  A fare da moderatore ed organizzatore, Leone Zingales, vice presidente nazionale Unci, che ha rimarcato il dovere di ricordare tutti i giornalisti uccisi dalla mafia (solo la Sicilia ne conta sette) come arma contro l’oblio e il disinteresse verso il senso civico. 

Anche il presidente nazionale Unci, Alessandro Galimberti, ha sottolineato l’importanza di attivare la “scorta mediatica a tutti i colleghi che ne hanno bisogno. La lezione di Mario Francese è ancora attuale. Il suo metodo di lavoro è sempre il migliore: andare sui luoghi, parlare con le persone, documentarsi il più possibile. Rileggiamo i suoi articoli perché è stato davvero un anticipatore dei tempi, testimoniando il valore del giornalismo”.  Carlo Verna, presidente nazionale Odg, ricordando l’importanza della figura di Francese anche per le nuove generazioni, ha sottolineato come: “L’educazione all’informazione deve diventare una materia curriculare nelle scuole. E i giornalisti devono continuare ad essere i cani da guardia della democrazia”.

Questa non è “una fase abusata”, ma una verità che non si può disconoscere. Nonostante il (nuovo) potere politico faccia di tutto per delegittimare la stampa e il ruolo dei giornalisti. 

Mario Francese, il giornalista che scoprì gli affari di Cosa Nostra 

Mario e Giuseppe Francese

 

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