Il vino più di ogni altra realtà è la storia CIBO di Stefano Buso Scritto mercoledì, 18 Novembre, 2015 12:44 Ultimo aggiornamento sabato, 1 Aprile, 2017 20:09 Per gli antichi romani il vino aveva raggiunto un’importanza notevole, al tal punto che celebravano assiduamente e in più occasioni una divinità dedicata (Bacco). Altro aspetto comprovato fu la diffusione massiva del vino in tutte le province dell’Impero, anche in quelle più lontane e sconosciute. Fu, senza dubbio, una sorta di timida globalizzazione ante litteram anche secondo i pareri storici accreditati. Sicuramente un momento aulico per la dorata-scarlatta bevanda come in ben poche altre civiltà. Avviene di discutere a proposito del vino e alla cornice storico-culturale che lo racchiude, auspicandone ricerca e studio, scordando però che tutto ciò avvenne proprio nell’antica Roma. Con il depauperamento della civiltà latina e il suo inevitabile e catastrofico tracollo (caduta dell’Impero romano d’Occidente a.D. 476) la dionisiaca bevanda entrò in un periodo di pesante calvario quello che ricercatori, esperti ed estimatori appellano quale l’epoca oscura del vino. Se per i Romani il vino aveva assunto aspetti cultural-propiziatori che andavano ben oltre quelli effimeri del mero piacere elargito dalla degustazione, dopo l’inevitabile capitolazione dell’Impero, il Cristianesimo limitò il vino e il suo consumo, reo di trascinare l’uomo in uno stato di estasi e stolta dissennatezza distaccandolo in tal modo dalla contemplazione e religiosità. Il motivo è facilmente realizzabile, seppur siano trascorsi secoli e secoli. La condizione di visibilio provocata da un uso smodato del vino era in grado di indurre l’uomo in deduzioni e ragionamenti destabilizzanti, diciamo pure pericolosi per il sistema, cagionando così dubbi e perplessità riguardanti la sua grama situazione! In poche parole, il vino era un elemento di temibile interferenza, che andava contrastato con ogni provvedimento e norma. E non di rado anche con mezzi e soluzioni non propriamente delicati, anzi. Altro risvolto storico di rilievo che contribuì alla limitazione enologica, fu la diffusione dell’Islamismo in quasi tutto il bacino del Mediterraneo. L’Islam bandì in toto la produzione e lo sviluppo del vino, e soprattutto limitò la ricerca enologica che allora avveniva soprattutto nei monasteri. In questo tormentato periodo che durò secoli (approssimativamente, dopo il 700 d.C.) intere comunità di monaci – in modo discrezionale– continuarono la coltivazione della vite investendo tempo e passione, rischiando persino la loro fragile testa. Il vino, inoltre, serviva ai baldi prelati per i loro riti religiosi, diventando così un aspetto irrinunciabile del quotidiano. Tutto ciò appare come un macro paradosso, considerato che inizialmente fu il Cristianesimo a contrastare l’uso dell’ambrosia bacchica. Tuttavia, grazie alla caparbietà dei monaci, il vino e i saperi ad esso connessi superarono ogni restrizione, e lentamente, attraversò i secoli, giunsero sino all’età moderna (e fortunatamente anche nei nostri ghiotti convivi). Se oggi possiamo gustare (con opportuna moderazione) un calice di buon vino è importante e anche piacevole, conoscerne la storia e le incredibili vicissitudini. Aspetti che come mostrato hanno riguardato palesemente l’uomo e le società di ogni epoca e fase storica.