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Augusta, bufera sul Pudm:”mare privatizzato con un colpo di mano”

AUGUSTA – Al Faro sono già pronti due progetti di nuovi solarium, accessibili pure agli “amici a quattro zampe”, che toglieranno alla gratuita fruizione pubblica 4 mila metri quadrati della parte di scogliera più frequentata dai bagnanti (nella foto sotto). Mentre al Granatello le strutture a servizio di un nuovo pontile per diportisti, sono prossime a occupare 7 mila metri quadrati di spiaggetta (nella foto in copertina), facendola praticamente “sparire” dal libero accesso. A Brucoli, invece, resta ancora in piedi il contestatissimo progetto di un approdo turistico sulla caletta all’ingresso del fiordo. “E nessuno potrà più opporsi, grazie al nuovo Piano di utilizzo del demanio marittimo di Augusta: i seguaci locali della Destra dagli appalti facili, hanno imparato presto la lezione dei loro vecchi maestri al governo, mettendo le coste augustane nelle mani dei balneari”. Il tagliente commento arriva da Giancarlo Triberio, a margine della conferenza stampa convocata a tamburo battente l’1 aprile, nel caffè davanti il municipio. Il consigliere Pd scende in campo contro il Pudm, approvato dalla maggioranza nella notte del 30 marzo, “con un colpo di mano degno dei peggiori anni della Prima repubblica“. Chiama a raccolta i giornalisti “per denunciare all’opinione pubblica la privatizzazione del litorale, a piena discrezione dell’amministrazione Giuseppe Di Mare.

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Legambiente ed ecologisti pronti alla battaglia per la Vas, spiazzati pure nella maggioranza.

Anche Legambiente, insieme al coordinamento di associazioni ecologiste Salvare Augusta, ha annunciato una forte presa di posizione contro il nuovo strumento urbanistico. Assicurando battaglia legale in sede di Valutazione ambientale strategica, dove il Pudm “redatto senza ascoltare i cittadini” riceverà l’ultimo nulla osta per entrare definitivamente in vigore. Ma nel frattempo – come teme il capogruppo consiliare d’opposizione – le contestatissime “maglie larghe per le concessioni su spiagge e scogliere potranno dispiegare i loro effetti, grazie a un emendamento che il settore Urbanistica ha tirato fuori dalla manica come un gioco di prestigio, presentandolo in aula al momento della votazione finale e senza farlo passare dal vaglio delle commissioni consiliari“. Un colpo di mano che ha spiazzato persino qualcuno della stessa maggioranza. Il navigatissimo Roberto Conti è subito saltato dalla poltrona, per opporsi ad una aggiunta “a sorpresa” studiata per favorire la pratiche di concessione ancora in sospeso. Che in questo modo vengono inserite d’ufficio nel Piano, maturando il pieno diritto a essere rilasciate a prescindere dall’opportunità.

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Conti: errato inserire le concessioni in itinere. L’ufficio tecnico: è obbligo di legge.

“Credo sia errato accettare nel Pdum queste aree demaniali che sono in itinere”, dice Conti, consigliere di lungo corso che ha messo il primo piede a San Biagio quando arbitri della politica locale erano i socialisti di Pippo Amara. Il responsabile dell’ufficio tecnico, Massimo Sulano, gli replica che l’emendamento portato in aula “è una ottemperanza della legge regionale”. Ma la rapidità con cui il foglio atterra sul tavolo della presidenza, scavalcando l’esame minuzioso in commissione, impedisce di pesare nel giusto modo quella dichiarazione. Ci pensa Triberio il giorno dopo, quando le carte possono essere studiate dalla minoranza con i tempi necessari, a smentire la “obbligatorietà” delle norme emanate dalla Regione guidata dal forzista Renato Schifani. “La legge pubblicata a febbraio è chiara: dice testualmente che ‘sarà possibile inserire’, cioè parla di una ‘possibilità’ cui il Comune può fare ricorso o meno”. Per il consigliere Pd quindi “si tratta di una chiara scelta politica, che nulla ha da vedere con l’atto dovuto”. E in effetti nello stesso dibattito consiliare l’assessore Giuseppe Tedesco è apparso in difficoltà, nello spiegare le linee guida del Piano. Si limita a dire che “si basa su quello che c’è e quello che si deve fare”, ma ci gira intorno sui criteri che hanno orientato le scelte.

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Suppo contesta le “deroghe” senza regole, ma è Niciforo a spiegare anziché l’assessore.

Milena Contento fa notare che “nelle pieghe del buio ci possiamo infilare qualsiasi cosa”. Mentre la grillina Roberta Suppo si sofferma sui chioschi a bordo mare “che non potranno superare i 120 metri quadrati, ‘salvo deroghe‘: ma con quali criteri verranno ammesse queste eccezioni, e qual è il limite numerico nel concederle?”. Domande che fanno intravedere nel Pdum un potente strumento di discrezionalità clientelare in mano agli amministratori. Ma Tedesco non sembra cogliere il sotteso nelle domande arrivate dall’opposizione, limitandosi a rispondere che “l’amministrazione non può prevedere il futuro, e comunque siamo in una fase preliminare”. Curiosamente deve intervenire un consigliere, l’architetto Marco Niciforo, a spiegare ciò che invece è precisa competenza di chi regge l’Urbanistica. Il capogruppo di maggioranza illustra che “si sono previste deroghe per quegli investimenti particolarmente importanti, come ad esempio un villaggio turistico, dove quelle superfici minime non avrebbero senso”. E’ strano che su scelte così amministrativamente strategiche ne sappia più dell’assessore al ramo, come è strano che quest’ultimo non abbia nemmeno spiegato con quale metodo si sono scelte le zone da destinare in concessione privata, e quelle da preservare alla fruizione pubblica.

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Triberio: oscuri i criteri per le coste in concessione, al pubblico resteranno quelle inaccessibili?

Triberio spiega alla stampa che “i 50 chilometri di costa sono piene di falesie a strapiombo, scogliere soggette a frane, e altre praticamente inaccessibili per i cancelli più o meno abusivi: a oggi non sappiamo se sia questo il litorale lasciato all’uso pubblico, mentre sarà privatizzato quello di più facile fruizione”. In effetti, nessun chiarimento è arrivato in aula, nonostante le continue sollecitazioni della minoranza. Del Pudm si apprendono solo statistiche che dicono poco, a una città costiera che si ritrova ogni anno con sempre meno mare a disposizione. “In concessione andranno 45 mila e 500 metri quadrati, pari al 5 per cento di superficie”, enumera Sulano. A quel dato si devono poi sommare i 75 mila metri quadrati di demanio già autorizzati. L’Urbanistica ha diviso il litorale in 4 fasce. La prima va dal San Leonardo fino ad Agnone: dei 4 chilometri di lunghezza, “sono utilizzabili un chilometro e due, con la percentuale di 50 per le concessioni e 50 per il pubblico”. Stesse proporzioni di metà e metà per gli 1,8 chilometri previsti nel tratto fra Costa Saracena e Arcile, lungo in tutto 10 chilometri. Sono 8 su 22 i chilometri utilizzabili nel litorale fra la Gisira e Sant’Elena, ampia parte del quale è soggetto a vincolo idrogeologico. Sono infine concedibili 3 dei 6 chilometri che dal Faro vanno all’isola di Augusta, dove non sono conteggiati quelli di Punta Izzo occupati dalla Marina.

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“Deriva antidemocratica, anche Piano utilizzo demanio marittimo in aula con poca trasparenza”.

“Per la privatizzazione della costa, l’amministrazione ha scelto la percentuale massima possibile”, polemizza Triberio. Aggiungendo che “poteva e doveva essere notevolmente inferiore, in considerazione delle attuali difficoltà dei cittadini per accedere al loro mare“. Ma ciò che il consigliere contesta, soprattutto, è “la pochissima trasparenza con cui il Piano è stato portato in aula”. L’opposizione infatti contesta “le commissioni andate a vuoto per l’assenza sistematica dei consiglieri di maggioranza, che assicurano il numero legale alle sedute dove studiare con attenzione gli atti da portare in consiglio”. Una prassi che il Pd considera “antidemocratica”, costringendolo ad “accendere i riflettori sui metodi dell’amministrazione Di Mare, sempre più chiusa nella sua maggioranza bulgara“. Metodi decisionisti, “anche se l’espressione più adatta sarebbe un’altra, visto come il presidente Marco Stella rivendica orgogliosamente in aula la sua genesi missina“. Che tuttavia potrebbero rivelarsi un boomerang per gli stessi amministratori. Perché quel Pudm, definito “la privatizzazione legalizzata delle coste”, rischia di andare a sbattere contro i divieti della direttiva europea Bolkestein sulle concessioni balneari. E chi si è fidato della manica larga potrebbe trovarsi con un pugno di mosche in mano, e qualche scoperto nel conto in banca.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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