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Augusta: il Papa benedice Barca nostra, la Regione la ignora

AUGUSTA – “Questo simbolo di tante tragedie nel Mar Mediterraneo continui a interpellare la coscienza di tutti, e favorisca la crescita di un’umanità più solidale che abbatta il muro dell’indifferenza“. E’ con la benedizione domenicale di papa Francesco, all’Angelus del 13 giugno in piazza San Pietro, che Augusta ha simbolicamente inaugurato il suo “Giardino della memoria” in ricordo delle vittime della migrazione. “La cerimonia di accoglienza della barca naufragata il 18 aprile 2015“, che il pontefice ha annunciato dal Vaticano, è stata infatti la concretizzazione di una battaglia ideale. Iniziata dall’omonimo Comitato già l’indomani il recupero del peschereccio, affondato insieme a un migliaio di africani intrappolati nella stiva. La celebrazione eucaristica che alla nuova darsena ha concluso la festa della Stella Maris, è stata inoltre il primo tassello per una valorizzazione che porterà alla nascita del museo diffuso dei Diritti umani. Un programma impegnativo per l’amministrazione comunale, sotto il profilo economico e logistico. Al quale il viatico papale in mondovisione – “pensiamo che il Mediterraneo è diventato il cimitero più grande dell’Europa” – può adesso dare quella spinta per superare molti ostacoli.

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Bergoglio lo “lancia” come simbolo ma il Giardino della memoria è in alto mare.

Quando Jorge Bergoglio ha annunciato che “questo pomeriggio si svolgerà ad Augusta” la simbolica accoglienza del relitto, che in città era comunque tornato ad aprile dopo le disavventure seguite alla Biennale di Venezia, sicuramente non sapeva che il Giardino della memoria è solo un progetto. I contatti fra Comune e Autorità portuale non sono ancora approdati ad atti definitivi, in grado di dare via libera ai lavori per il percorso di fruizione. Il barcone resta parcheggiato in una zona morta della darsena servizi, sotto una scarpata che lo rende praticamente invisibile dalla terraferma. L’area inoltre è inaccessibile al pubblico, per cui il primo passo deve essere quello di creare un percorso svincolato dai piazzali interdetti. Ma per questo occorrono montagne di autorizzazioni, e fondi per attrezzare la parte libera. Finora c’è solo una bozza dell’ufficio tecnico Lavori pubblici, definita “molto di massima” dagli stessi promotori museali. La quale prevederebbe aiuole e vialetti, con sedute per favorire momenti di raccoglimento e riflessione. Non è proprio l’ideale, per un’iniziativa benedetta dal Vaticano. Ma al momento non c’è di meglio.

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“Progetto gratis”, ma le firme dell’arte si defilano dopo il flop alla Biennale.

Eppure quando lo svizzero-islandese Cristoph Büchel prese il rottame per trasformarlo nell’installazione Barca nostra, con cui contava di scandalizzare nuovamente all’esposizione veneziana, si era parlato di un possibile progetto regalato da qualche firma internazionale. Con cui trasformare il Giardino della memoria da semplice espressione tangibile della pietà umana, in un simbolo potente anche sotto il profilo culturale, come il Cretto di Burri sulle rovine terremotate di Gibellina. Fuori dal rodato circuito mediatico dei critici d’arte contemporanea, però, quella “provocazione” artistica davanti l’Arsenale della Serenissima non ha riscosso il successo che ci si attendeva. Attirandosi invece qualche critica meno intellettualmente colta, ma umanamente più toccante, da commentatori stranieri che si occupano dei drammi dell’immigrazione. Scioccati dalla collocazione di fronte ai tavolini di un bar, con quel sarcofago trasformato in uno sfondo per i selfie fra uno spritz e l’altro. Così di progetti “firmati” Augusta non ne ha visti. E tutto si è caricato su un Comune appena uscito dal dissesto

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Stella Maris: ogni anno cerimonia accoglienza davanti relitto della strage migranti.

“Il barcone ha dismesso la sua funzione artistica e ora riassume pienamente quella di pungolo delle coscienze, di testimone non muto”, sottolinea il Comitato 18 aprile. Ma se per l’arte contemporanea gli sponsor internazionali fioccavano – solo il trasferimento a Venezia via mare lo avrebbero finanziato con 200 mila euro – invece non se ne trovano per un relitto, diventato “simbolo di tutte le luttuose tragedie delle genti costrette ad attraversare deserti e mari per cercare la felicità“. Il presidente della Stella Maris, Claudio Russo, ha promesso al microfono che la cerimonia di “accoglienza” si ripeterà ogni anno. Il sindaco Peppe Di Mare ha garantito l’impegno dell’amministrazione. Anche se da sola non può sfruttare in pieno le potenzialità di un simbolo che il consiglio comunale, all’unanimità, nel 2018 aveva definito come un “arricchimento del patrimonio museale della città e culturale dell’intera Regione, posto a presidio e testimonianza delle tragedie delle persone migranti, oltre che segno di rispetto per le vittime e dall’alto valore didattico per le nuove generazioni“. Una valenza che, al di fuori della Chiesa, evidentemente continua a sfuggire a molti.

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Conteso da Milano per il suo museo ma la Regione snobba il barcone in Sicilia.

L’elenco degli invitati alla cerimonia di inaugurazione simbolica, fra l’altro stilato da Comitato e Stella Maris, era nutrito. Ma le “loro eccellenze” hanno tutti disertato il pomeriggio domenicale alla nuova darsena, qualcuno senza nemmeno dare giustificazione. A spiccare non era tanto l’assenza del governatore Nello Musumeci, quanto quella dei suoi assessori regionali competenti. Quello alla Cultura, Alberto Samonà, si era visto per consegnare le demolizioni di mezzo castello svevo, ma non stavolta che poteva promettere qualche spicciolo per il Giardino della memoria. Non si sono visti nemmeno Sergio Alessandro, titolare del Beni culturali, né Manlio Messina, assessore al Turismo. Eppure il fatto che il barcone lo volesse l’università di Milano per un proprio museo, al punto che una Finanziaria nazionale aveva persino stanziato i fondi per il trasferimento, qualcosa doveva pur suggerirglielo. Così come la presenza della soprintendente del Mare, Valeria Li Vigni, qualcosa doveva pur dirla al governo di una Regione così generosa con l’allevamento ippico nel paese natale del suo presidente. Augusta dovrà fare da sola con quello che può. Che è poco, considerato cosa si trova per le mani.

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Corsa contro la ruggine ma l’Asp nega il capannone alla darsena: serve alle barche.

Il peschereccio scassato dalla collisione con il mercantile che lo fece affondare, già adesso mostra abbondante ruggine. Se non viene messo al riparo dagli agenti atmosferici e contestualizzato in un percorso museale, farà presto a trasformarsi in una ferraglia fatiscente, che dirà poco o nulla nonostante vialetti e panchine. Col rischio fra l’altro di allargare una ferita ancora aperta, in chi è stato fra i “passeggeri” di quelle drammatiche traversate dall’Africa. Le dimensioni del relitto richiedono locali molto ampi. L’ideale sarebbe l’hangar per dirigibili, ma il suo recupero richiede tempi molto più lunghi di quelli necessari ai metalli per corrodersi del tutto. Ci sarebbe un capannone vuoto proprio alla darsena dei servizi, costruito per un mercato ittico mai inaugurato. Ma l’Autorità portuale lo ha dato in concessione per il rimessaggio di barche, e di fare marcia indietro non ne vuole sapere. E a fargli cambiare idea certo non aiuta lo scontro in atto con Regione e Comune, per la “discontinuità” sulla governance. La lunga cerimonia di “accoglienza” ha visto anche l’intervento del portavoce della comunità musulmana cittadina, ma è difficile che qualche sceicco si faccia avanti, come accaduto per le nuove moschee. Il Vaticano ha già dato la sua benedizione, per gli euri si vedrà. Sta tramontando quando l’arcivescovo Francesco Lo Manto concelebra insieme al capitolo metropolitano, trasformando il barcone in un altare. Da cui elevare la preghiera per le vite perdute in mare, e per quelle che anche un museo può contribuire a salvare educando all’accoglienza.

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sopra e copertina, momenti della “cerimonia dell’accoglienza” benedetta dal Papa.
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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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