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Samonà ad Augusta per demolizioni al castello, Fi: pronta “notizia di reato”

AUGUSTA – Una possibile “notizia di reato” come benvenuto ad Alberto Samonà, quando il 17 maggio si presenterà ad Augusta nelle vesti di assessore regionale ai Beni culturali, per consegnare i lavori di demolizione nel castello svevo. L’esposto alla Procura di Siracusa glielo sta preparando il Comitato cittadino costituito su iniziativa di Forza italia, però composto trasversalmente agli schieramenti politici e presieduto da Stefano Munafò. L’ex segretario territoriale della Uil tuttavia fa solo un’affacciata alla conferenza stampa di presentazione, organizzata il 12 maggio nello studio del penalista Corrado Amato. Ad affiancare questo consigliere comunale forzista c’è pure la collega di minoranza Mariangela Birritteri, in quello che a prima vista sembra l’abbozzo di gruppo consiliare berlusconiano. Ma al faccia a faccia coi giornalisti c’è soprattutto Arturo Alberti, l’architetto che ha condotto i precedenti lavori di restauro nella fortezza. Attingendo all’esperienza col monumento fa a pezzi il progetto da 5 milioni di euro, che la Regione ha appaltato tramite la Soprintendenza per abbattere il carcere di fine Ottocento. Un piano di interventi distruttivi – giustificati come necessari per impedire il crollo delle mura più antiche – che secondo il restauratore farebbe acqua da tutte le parti: “A cominciare dall’assenza del documento preliminare di progettazione, necessario ai sensi della normativa sui lavori pubblici“.

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L’architetto-restauratore Alberti: progetto andato avanti con 3 Rup diversi.

Ipotesi di rendering del castello svevo dopo le demolizioni programmate (foto Comitato).
copertina, da sinistra: Stefano Munafò, Mariangela Birritteri, Arturo Alberti, Corrado Amato.

“E’ una vera e propria notizia di reato quello che sto dando”, dichiara Alberti, nella conferenza stampa video-ripresa. Mettendo in luce le molte incongruenze di “un progetto nato male, andato avanti peggio, e che sta finendo in maniera pessima”. L’architetto parla del “responsabile unico del procedimento che così unico proprio non è, “considerato che prima ce n’era uno e poi ne è comparso un altro; ora ha un terzo Rup e un nuovo direttore dei lavori“. Una pratica il cui percorso è stato “tutto interno alla Soprintendenza, e in quel circuito chiuso sembra destinato a restare. “Col rischio che si giustifichino a posteriori le demolizioni decise senza un attento calcolo preliminare, che ne dimostri scientificamente la necessità”. Il vecchio restauratore del castello ricorda che “le lesioni da sole non indicano nulla. Alcune sono documentate dal 1700, altre possono avere altre cause. E in ogni caso, se noi architetti non riuscissimo a tenere in piedi mura lesionate, faremmo meglio a cambiare mestiere“.

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A vuoto iniziative Ars di Ternullo, Amato e Birritteri: avanti con raccolta firme.

A fine marzo, la deputata regionale Daniela Ternullo ha presentato un’interrogazione a Samonà, per chiedere conto dei restauri col piccone. Ma dal leghista non è ancora arrivata risposta. Così come è rimasta in sospeso la coeva richiesta avanzata dalla forzista, riguardante un’audizione dell’assessore in commissione Cultura dell’Assemblea siciliana. Eppure il gruppo berlusconiano all’Ars ha un peso ben diverso di quello della Lega, nella maggioranza che sostiene Nello Musumeci. Segno che “la battaglia da condurre innanzitutto sul piano della politica“, come sostiene Amato, su quel fronte sembra invece sostanzialmente persa. Resta in piedi la raccolta di firme che porta avanti insieme a Birritteri, ma l’iniziativa lascia il tempo che trova nel fermare le demolizioni già appaltate. Anche perché i contrari al progetto vanno in ordine sparso, persino dentro la stessa opposizione consiliare dell’area Pippo Gulino. Tanto che i due consiglieri del Comitato si trovano in due diversi gruppi guliniani, guidati da capigruppo anche loro dichiaratamente contrari, ma che non li seguono nella petizione. Per il Comitato cittadino l’ultima spiaggia è l’esposto, anche se la soluzione Procura non figura nel dna di Forza italia, che offre sponda politica.

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“Dai contadini affamati ai Br: nella cella di Franceschini c’è ancora la stella a 5 punte”.

Il castello svevo con l’ex carcere com’è oggi.

Alberti dice di essere pronto alla denuncia, “quando i lavori verranno consegnati senza modifiche”. Perché in quel momento si sarà compiuto un omicidio culturale. Le mura da abbattere, infatti, sono “un pezzo della storia d’Italia. La fortezza spagnola ereditata dai borbonici venne trasformata in penitenziario dai piemontesi. Ma carcerati e delinquenti non sempre sono sinonimi, puntualizza l’architetto“A finire in prigione, nel 1898, furono molti contadini in rivolta per la fame che affliggeva il meridione dopo l’unità d’Italia: uomini e donne reclusi insieme, nel castello svevo trasformato in galera”. A chiuderla fu il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: non era più sicura dal rischio rivolte, considerato che i terroristi rossi reclusi potevano fare un pericoloso proselitismo. “Nella cella di Alberto Franceschini c’è ancora un suo graffito con la stella a 5 punte“, simbolo delle Br che aveva fondato, racconta il vecchio restauratore. “Quel carcere è iniziato coi braccianti affamati ed è cessato coi brigatisti: da lì è passata la storia su cui si è costruita la Nazione di oggi”.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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