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Sonatrach, in manette il Ceo dell’affare raffineria di Augusta

AUGUSTA – Sonatrach Spa aumenta a 10 miliardi di dollari gli investimenti per il 2023, mentre lo scandalo Augusta continua a scuotere Algeri. Con effetti ancora imprevedibili sul futuro della raffineria ex Esso, al centro di un affaireinternazionale dove arresti eccellenti e movimenti diplomatici si intersecano con la fine dell’era Abdelaziz Bouteflika. La scomparsa dell’ex presidente – che Repubblica del 18 settembre ha descritto come “rivoluzionario, poi padre della patria e alla fine simbolo dell’immobilismo” – crea uno scenario nuovo all’inchiesta per presunta corruzione contro Abdelmoumen Ould Kaddour, sotto accusa per la compravendita dello stabilimento siracusano. Il Ceo dell’azienda petrolifera di Stato fra il 2017 e il 2019, il 4 agosto scorso è stato estradato dagli Emirati arabi. Il 20 marzo era stato arrestato all’aeroporto di Dubai, in transito da Parigi verso Amman, dove era atteso per una conferenza. Contro il manager c’era un mandato di cattura internazionale, che l’ambasciatore algerino ad Abu Dhabi è riuscito rendere esecutivo riportando in patria il ricercato dall’Interpol. Il diplomatico protagonista di quella delicata estradizione è stato fino a due anni fa console a Milano, sede che il giornale specializzato Start Magazine definisceepicentro delle relazioni petrolifere e del gas tra Italia e Algeria, poiché ospita sia le sedi di Eni, Saipem, che di Sonatrach Gas Italia“. A inizio settembre Abdelkrim Touahria è stato poi spostato dall’ambasciata emiratina a quella di Roma, dove lo attendono “una serie di file diplomatico-giudiziari sensibili”. Fra i quali quello relativo al contratto con gli americani appare come il più denso di implicazioni.

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Esibita in tv l’estradizione dagli Emirati, la parabola di uno dei “50 africani più influenti”.

L’ambasciatore algerino Abdelkrim Touahria (foto embassy algeria uae).
copertina: il lancio dell’agenzia Algeria press service.

All’arrivo ad Algeri, Kaddour è stato mostrato in tv con le manette ai polsi e stretto fra due poliziotti. Una brutale spettacolarizzazione che la dice lunga sulle ricadute in politica interna. Secondo indiscrezioni della stampa algerina, infatti, durante l’interrogatorio negli Emirati aveva sostenuto che l’affare siciliano “è stato approvato a monte dalla presidenza algerina e dal governo guidato da Ahmed Ouyahia (quest’ultimo sta scontando diverse pene detentive)”. Facendo rilevare che “l’operazione aveva ricevuto anche l’approvazione del consiglio di amministrazione di Sonatrach, in cui siedono rappresentanti della presidenza, dei ministeri dell’Energia e delle Finanze, della direzione delle Imposte e della Banca d’Algeria. Nel 2018, quando condusse in porto la trattativa con Esso, la stampa francofona lo collocava fra “i 50 africani più influenti. Jeune Afrique scriveva che “i ministri lo considerano un pari, gli uomini d’affari cercano la sua compagnia e i capi petroliferi multinazionali lo corteggiano”. Poi la parabola è bruscamente declinata l’aprile dell’anno dopo. Quando non gli è bastata nemmeno la protezione da parte dell’entourage Bouteflika (un “clan di uomini capaci di tutto pur di restare aggrappati al potere”, lo definisce Repubblica). Le proteste popolari travolgono la sua presidenza alla Sonatrach per sospetti di malversazione, e portano in galera per corruzione persino il fratello minore dello stesso capo di Stato algerino. Il manager lascia velocemente il Paese, mentre inizia a montare l’affaire Augusta“.

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Affare concluso con Esso ma i vertici avevano puntato sulla sarda Sarroch e sull’Isab di Lukoil.

Il Ceo Sonatrch Kaddour ricevuto da Peppe Carta, sindaco di Melillii.
(copertina di Algerie Part del 15-5-2018).

“In origine, i vertici del gruppo algerino puntavano su altre due raffinerie: quella di Sarroch (della Saras italiana), in Sardegna; e quella di Isab (della russa Lukoil), in Sicilia. Ritenendoli eccessivamente costosi (circa 2,4 e 2,3 miliardi di dollari), si arrendono e preferiscono Augusta”, racconta l’articolo firmato da Farid Alilat su Jeune Afrique. Aggiungendo che “l’importo di questa acquisizione solleva tuttavia interrogativi in Algeria, così come lo stato degli impianti, che hanno più di quarant’anni”. Pagata 800 milioni di dollari alla Exxon Mobil, comprensivi i depositi costieri di Palermo e Napoli, il costo reale della raffineria siciliana supera il miliardo di dollari. Sonatrach infatti deve subito investire per adattare gli impianti sia alle necessità algerine, che ai nuovi standard ambientali. Insieme alla presidenza della più grande azienda petrolifera africana, Kaddour lascia anche l’Algeria. Lo inseguono pesanti sospetti e voci di lucrose consulenze per la multinazionale americana, che tuttavia vengono smentite come insinuazioni giornalistiche poi ritrattate, ai giudici emiratini che lo interrogano durante la rogatoria per l’estradizione. Secondo Algerie Eco, il manager è comparso l’11 settembre davanti “il giudice istruttore della 4a camera della sezione penale economica e finanziaria presso il tribunale di Sidi M’hamed (Algeri), per il caso della raffineria di Augusta“. Il giornale ha inoltre dato notizia che “lo stesso magistrato ha pure interrogato tre ex dirigenti della Sonatrach, nello stesso caso” relativo allo stabilimento nel Petrolchimico siracusano.

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La tangentopoli algerina, le bonifiche Sin e il dossier Legambiente sui “nemici del clima”.

La tangentopoli algerina, comunque, non sembra avere ripercussioni sulla raffineria di Augusta. La Sonatrach Srl – controllata al 100 per cento dalla Spa di Algeri – ha persino stanziato circa 200 mila euro per regalare un nuovo pozzo alla città confinante, in grave crisi idrica. Il management locale, ereditato dalla Esso, ha inoltre continuato a investire. Manutenzioni di 45 giorni programmate per 90 milioni di euro, sono diventate una fermata di 4 mesi lievitata a 180 milioni. Sono stati assunti un centinaio di lavoratori in più rispetto la gestione americana, portando i dipendenti sopra i 700. Nonostante gli impianti siano “autorizzati a raffinare annualmente circa 14,4 milioni di tonnellate di petrolio grezzo, in realtà ne raffinano da 7 a 10 milioni, riporta un dossier di Legambiente. Anche se sta lavorando fra il 50 e il 70 per cento della potenzialità, lo studio della più importante associazione ambientalista italiana la colloca fra “i nemici del clima del settore energia“. Pubblicato a luglio, il report afferma che “suolo e falda sottostanti la raffineria sono contaminati, e le attività di bonifica non risultano concluse. Sono stati realizzati circa 300 pozzi per l’emungimento della falda idrica al fine di estrarne gli idrocarburi surnatanti”, probabilmente filtrati da “un parco di 280 serbatoi con capacità di circa 3 milioni di metri cubi, distribuito su “una superficie di 220 ettari del Sito di interesse nazionale“. Le zone Sinsintetizza Wikipedia “rappresentano delle aree contaminate molto estese, classificate come pericolose dallo Stato italiano e che necessitano di interventi di bonifica per evitare danni ambientali e sanitari”. Tradotto concretamente, sono costi che appesantiscono bilanci già in forte sofferenza a causa della crisi mondiale. Chissà se a Kaddour verranno contestate anche queste voci in rosso, nell’inchiesta che da luglio 2020 Algeri sta conducendo sulla dilapidazione di denaro pubblicoalgerino.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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