Scandalo Sonatrach Augusta, Algeri assicura: andiamo avanti. Davvero? ERROR404.ONLINE di Massimo Ciccarello Scritto mercoledì, 5 Febbraio, 2020 04:49 Ultimo aggiornamento mercoledì, 3 Marzo, 2021 00:54 AUGUSTA – Sonatrach non abbandona il programma di rilancio della sua raffineria ad Augusta. Continuerà a investire, nonostante lo scandalo che nel nord-africa ha travolto il precedente management, accusato di aver “strapagato” gli impianti comprati dalla Esso. Lo ha dichiarato il 4 febbraio il nuovo consiglio di amministrazione della Srl, controllata al 100 per cento dall’Azienda di Stato algerina, proprietaria delle installazioni nella Rada megarese nonché dei terminal a Napoli e Palermo. Il comunicato annuncia che “i componenti del Cda, insieme ai dirigenti” della casa madre, a marzo saranno nel Siracusano. Nel frattempo fanno subito sapere che “un primo obiettivo è quello di continuare il percorso di sostenibilità intrapreso, mantenendo i più elevati standard di sicurezza e controllo”. Aggiungendo che il target è “di migliorare la profittabilità (sic) degli asset acquisiti nel 2018, mediante adeguate strategie commerciali e gestionali“. Comunicato-Sonatrach-nuovo-cda-Sonatrach-Raffineria-Italiana_4feb2020Download Il nuovo Cda riunito in Algeria mentre scoppia il caso. Il nuovo board della Sonatrach Raffineria Italia (foto ufficio stampa): a sinistra Zaid Laadj e Batouche Boutouba, ultima a destra Slimane Slimanial centro il presidente Salih Bouaziz con Rosario Pstorio confermato amministratore delegatoCopertina: la raffineria di Augusta (foto tratta dal sito societario). La puntualizzazione sul miglioramento della capacità di profitto, lapalissiana per qualunque attività industriale, infila questo sopralluogo nel cuore delle polemiche che stanno riempiendo i giornali del Maghreb. Il comunicato della “SRI” fa sapere che “la prima riunione del board si è svolta la settimana scorsa ad Algeri“. Quello che non riporta è come, proprio in quei giorni, la stampa algerina si stesse occupando dell’“affaire Augusta“. Un caso scoppiato quando la rivista di settore Petrostrategies, a fine gennaio, ha divulgato come la raffineria starebbe generando insostenibili perdite al gruppo. Facendo i conti a un affare ritenuto totalmente sballato per gli algerini. Sia per il prezzo spropositato, pagato agli americani per impianti vecchi mezzo secolo, sia per le “perdite strutturali” dello stabilimento. Il quale, fra l’altro, non è in grado di essere completamente usato per raffinare il “Sahara blend” estratto in patria dai proprietari. Raffineria nella bufera mentre si ammodernava. Il “dossier siciliano” che scandalizza gli algerini si è poi arricchito del contratto per la vendita di bitume scontato alla Esso, mentre l’Algeria deve reperirlo a prezzo di mercato. A cui si è aggiunto il prestito da 250 milioni di dollari chiesto alla saudita Apicorp, 150 dei quali utilizzati per comprare il greggio della connazionale Saudi Aramco, necessario a far lavorare la raffineria siracusana. La Sonatrach si è trovata in piena tempesta mediatica per la “mauvaise gestione” di Augusta. Eppure aveva coraggiosamente avviato nello stabilimento ex Esso una consistente manutenzione, allungata a 4 mesi invece dei 45 giorni originariamente previsti. Affrontando nuovi costi, lievitati a 180 milioni di euro dai 90 milioni preventivati. Sonatrach assume mentre algerini bruciano le lauree. Ingegneri neolaureati bruciano diplomi per protesta sulle selezioni Sonatrach (foto Alg24). La tempistica per far esordire ad Algeri il nuovo board della “SRI” non è delle migliori. E non solo per colpa della stampa maghrebina. Proprio in quei giorni di tempesta mediatica, le strade nel sud dell’Algeria si sono riempite di neo-ingegneri all’università di Laghouat. Sono scesi in piazza per bruciare le loro lauree, in gesto di protesta contro la politica delle assunzioni a Sonatrach. A quei laureati è stato promesso che avrebbero presto risolto il loro problema. Per 29 lavoratori siciliani sono invece già partite le lettere di assunzione. Si andranno ad aggiungere ai 67 che nell’ultimo anno hanno trovato impiego nella raffineria di Augusta, passata dai 638 dipendenti della gestione americana ai 705 di quella algerina. Mentre per un’altra ventina di tecnici, in parte destinati a sostituire chi va in pensione, sono già iniziate le selezioni. I “leader del Co2” spendono 20 milioni per le emissioni. Il Cda della “Sonatrach Raffineria Italiana Srl” ha quindi dato tutti i segnali di credere nell’investimento. E le rassicuranti dichiarazioni del suo primo comunicato stampa, sembrano andare nella strada tracciata dai predecessori. A meno che non sia il consueto tentativo di imbellettare lo stabilimento, per venderlo prima possibile. Magari alla francese Total, che pare fosse a suo tempo interessata. Anche se molta stampa specializzata lo considera “sostanzialmente invendibile“. Ai costi di gestione, da affrontare in un mercato in costante flessione, si aggiungono infatti quelli delle bonifiche e degli adeguamenti ambientali. I primi 20 milioni di euro per mettersi in regola sono già stati spesi, a dispetto della classifica 2017 che vede la Sonatrach Spa fra i primi 17 al mondo per emissioni di Co2. Affaire Augusta figlio dell’ex “sistema presidenziale”? Ma sono soprattutto i segnali che arrivano dalla politica di Algeri, a non essere incoraggianti. Perché, nel maggio 2018, l’acquisto di Augusta da parte dell’Azienda petrolifera di Stato era nato in un ben preciso contesto. Che Il Manifesto, in un articolo di Alberto Negri del 5 marzo 2019, aveva definito “un sistema di potere in mano a un’élite, tra burocrazia del petrolio e del gas, uomini d’affari d’assalto, sindacati e politici compiacenti”. Al centro c’era l’allora presidente della Repubblica, Abdelaziz Bouteflika. Che alla guida operativa di Sonatrach aveva piazzato Abdelmoumen Ould Kaddour. “Un nome, una garanzia”, lo definisce ironicamente il giornalista del “quotidiano comunista”. E lo fa fondate ragioni. Storia del manager condannato per spionaggio pro-Usa. Abdelmoumen Ould Kaddour, il ceo di Sonatrach ad Augustaricevuto dalla sindaca Cettina Di Pietro Al manager algerino viene permesso di imbarcarsi nella controversa compravendita con la Esso, nonostante abbia già un curriculum sospetto. Wikipedia Francia racconta come sia emigrato a 24 anni negli Usa, con in tasca una laurea in ingegneria chimica, per andare a prendersi un master al prestigioso Mit. E’ fra le poche università dalle élite statunitensi, e queste frequentazioni probabilmente gli tornano utili per diventare presidente di “Brown & Root-Condor”, partecipata dove Sonatrach detiene il 51 per cento delle azioni e il partner nord-americano ha il restante 49. La società mista diventa presto protagonista di “affaires troublantes”, come li definisce l’enciclopedia online. Nel novembre 2007, Kaddour viene giudicato troppo “filo-americano” persino per gli amichevoli standard algerini, e condannato a 2 anni e mezzo per spionaggio industriale. Lo aveva denunciato il capo della sicurezza, quando lo ha scoperto a favorire aziende ritenute vicine all’ex vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney. Nel marzo 2017, Bouteflika lo mette a capo di Sonatrach. Nel giro di un anno, a maggio 2018, conclude con la Esso la vendita di una raffineria che la multinazionale americana dal 2015 non riusciva a piazzare. Il bluff su Esso scoperto dopo licenziamento Kaddour. In patria il contratto Exxon Mobil viene presentato come un grande affare, che avrebbe emancipato la petroliera Algeria dalla dipendenza straniera per la fornitura di prodotti raffinati. Ci cascano tutti. Poi nell’aprile 2019 il manager finisce in un altro scandalo, e viene licenziato. Ma gli consentono di espatriare, per tornarsene dalla famiglia a Parigi. La sua testa non salva però il “sistema presidenziale“ dalle proteste contro la corruzione. A settembre 2019 il giornale Algerie Part, che a suo tempo aveva salutato Augusta come “une tres bonne affaire”, pubblica un’inchiesta esclusiva sui 25 milioni di perdite mensili che “la mauvaise gestion” dello stabilimento provoca al gruppo. Gli impianti sono completamente algerini solo da dicembre 2018, ma già bastano quei pochi mesi per far scrivere al reporter Abdou Semmar che “il risultato è catastrofico e le perdite si accumulano di mese in mese”. A dicembre Bouteflika perde le elezioni. Come presidente della Repubblica gli subentra Abdelmadjid Tebboune. I nodi sulle scelte del governo algerino “spazzacorrotti”. A inizio gennaio diventa premier Abdelaziz Djerad, che prima di assumere la carica aveva twittato la necessità di un’inchiesta sullo scandalo siciliano. Tempo qualche settimana, e viene giù la facciata di cartapesta costruita intorno l’affare con la Esso. Saltano fuori i contratti capestro con la multinazionale Usa, i prestiti coi concorrenti sauditi, gli imponenti costi per gli adeguamenti ambientali, gli impianti inadatti a lavorare il light algerino. L’influente The Arab Weekly, il 2 febbraio, titola che “lo scandalo Sonatrach è un banco di prova per il nuovo presidente“. Sottotitolando che i nuovi governanti devono “fare pulizia in questo affare opaco, altrimenti la loro credibilità politica sarà seriamente danneggiata“. Il Cda della controllata italiana è stato rinnovato per 3 quinti, subito dopo il mutamento negli assetti di governo: quale missione gli è stata realmente affidata, in un storia dove petrolio e geopolitica difficilmente emergono nei comunicati stampa? Se ne rendono conto anche i giornali di lì. Algerie Eco, in un articolo del 4 febbraio sull’annunciata visita in Sicilia del board, riconosce che “queste questioni stanno suscitando delle inquietudini per il futuro del progetto” . Il reportage di Kelifa Litamine correttamente precisa “presso gli abitanti della città del Siracusano”. Perché che le tante leadership vocianti della zona, stavolta, stanno osservando un silenzio che sa di interessata ambiguità. Algérie Eco si occupa dei timori di Augusta espressi nella richiesta di Giancarlo Triberio.Il capogruppo Centrosinistra vuole un consiglio urgente su bonifiche e futuro occupazionale. 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