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Augusta bye bye da McDonald’s:”sito inquinato”. Di Mare non ci sta

AUGUSTA – Ma cosa c’è davvero sotto il palmeto in corso Sicilia, destinato a sparire per il MacDonald’s di Augusta? Ci sono rifiuti speciali pericolosi, la cui bonifica impone una “destinazione in impianto autorizzato”, come sostengono le analisi esterne commissionate dalla multinazionale? O invece “tutti i parametri si presentano ampiamente nei limiti di legge“, nel terreno analizzato da un geologo augustano per conto del Comune, che “non ha identificato” alcuna pericolosità? Qual è quella giusta fra due relazioni tecniche che si smentiscono clamorosamente a vicenda, con quella locale che addirittura contesta all’altra tanto la metodologia“, quanto l’assenza di certificazioni legali al laboratorio? Se l’è chiesto Natura sicula, con un comunicato diffuso il 9 maggio dove fa sapere di aver girato le scottanti domande alla Procura di Siracusa, nonché al Niclas e all’Arpa. L’associazione ecologista si è rivolta con un esposto al Nucleo investigativo circondariale tutela ambientale sanitaria, e all’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, dopo che da un suo accesso agli atti sono saltate fuori le analisi geologiche diametralmente opposte. Le quali si tirano dietro un altro quesito: la società Usa ha rinunciato all’affare e l’amministrazione comunale vuole costringerla, nonostante le feroci polemiche che si è attirata da opposizione e ambientalisti?

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Una clausola svincola la multinazionale se il terreno comunale risulta da bonificare.

Dietro la controversia sui “rifiuti speciali pericolosi”, più o meno fantasma a seconda degli interessi in gioco, potrebbe celarsi la clausola che svincola McDonald’s dall’accordo col Comune. Nella delibera approvata dalla giunta municipale il 26 gennaio 2022, espressamente “si dà atto che la società attuatrice è autorizzata all’esecuzione di sondaggi geologici e ambientali, e che la stipula è subordinata all’esito favorevole di suddette indagini, restando inteso che in caso di esito negativo sarà liberata da ogni obbligo”. La multinazionale non ci dorme sopra e appena un mese dopo, il 28 febbraio, riceve da un laboratorio di Terni i risultati. Che indicano “terra con liquami e rifiuti seppelliti”, di natura tale da rientrare nella categoria di quelli “contenenti sostanze pericolose, secondo i parametri del Codice europeo. Questo dossier ecologicamente scottante resta però sepolto in qualche cassetto, almeno fino il 24 marzo. Perché in quella data il consiglio comunale discute animatamente sul fast food, ignorando l’esistenza di un referto che di fatto fa tramontare tutto.

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Le analisi commissionate dalla società Usa le fanno rinunciare a un affitto low cost.

Sicuramente ne resta all’oscuro l’opposizione, contraria a far cementificare un’area verde di proprietà del Comune. Che rinuncia a riqualificarla, consentendo al contrario l’estirpazione delle palme nane, nonostante siano una specie sotto tutela ambientale. Tutto allo scopo di affittarla per un tempio del junk food, il cui “obbligo” a realizzare un parco giochi per attirare le famiglie con bambini, viene vantato nell’aula consiliare come un risultato per la collettività. La quale in cambio si accolla una locazione di 30 anni, rinnovabile e cedibile in franchising alla Srl catanese che gestisce tutta la catena in Sicilia e in Calabria. Contratto dal quale la società Usa si può tirare fuori “se con successivi provvedimenti dovessero essere apposte speciali limitazioni, tali da impedire il raggiungimento degli obiettivi economici prefigurati”. Alle casse municipali, fra l’altro, porterebbe un modesto canone netto di 3 mila euro al mese. Il quel dibattito, il sindaco Giuseppe Di Mare ci mette la faccia. Sfidando la minoranza a dimostrare che l’Ente aveva speso decine di milioni di lire per piantare alberi, in un terreno che per molto tempo risulta abbandonato. Affermazione frettolosa, perché gli archivi comunali potrebbero raccontare altro.

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Il Comune spende 10 mila euro per difendere al Tar la delibera su un contratto già saltato.

In aula il primo cittadino replica come chi ignora che quello schema di convenzione è già di fatto naufragato. Inoltre fa spendere 10 mila euro per difenderla al Tar, al quale Natura sicula si è rivolta per farla annullare. I giudici amministrativi di Catania, tuttavia, non riconoscono agli ambientalisti il diritto di opporsi. E anziché compensare le spese, come è prassi quando si tratta di associazioni onlus contro enti pubblici, gli fanno pure pagare 2 mila e 900 euro di risarcimento. Che l’amministrazione pretende subito di riscuotere, senza aspettare l’annunciato appello al Cga. Ma coi soldi incassa pure uno schiaffo politico, perché fa scendere in campo la più influente Legambiente. Mentre il crowfunding che finanzia il ricorso degli ecologisti, fa venire alla luce una crescente impopolarità della sindacatura. Tuttavia, almeno poco prima che arrivi la sentenza del tribunale amministrativo, quelle analisi geologiche negative devono essere arrivate al protocollo del Comune. Perché il 6 settembre viene dato l’incarico a un professionista augustano, “per uno studio ai fini della verifica parametri del sottosuolo“.

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Dal fondo per le emergenze presi 20 mila per la contro-perizia di un geologo augustano.

Per le indagini del geologo locale sono stanziati 20 mila euro, prelevati “dal fondo di riserva per spese non prevedibili”. Soldi destinati alle emergenze, giustificati in funzione degli “interventi necessari e propedeutici per l’eventuale messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino”. Palazzo di città perciò adesso sa cosa c’è sotto il palmeto, e può averglielo comunicato solo McDonald’s, l’unica ad averlo investigato. Quindi il Comune interviene perché ritiene espressamente rientri “tra gli obblighi in capo al proprietario e/o gestore dell’area”. Solo che la relazione depositata il 26 gennaio dal professionista di fiducia, non si limita a un’analisi asettica. Si sviluppa tutta in contraddittorio con quella realizzata per conto della società Usa, come se non dovesse essere propedeutica a una bonifica, bensì funzionale a sostenere un contenzioso civile. Negando, in conclusione, validità scientifica e legale a quella della controparte.

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Affare in fumo, ma per difenderlo al Cga le casse municipali spendono altri 12 mila euro.

Tutte le carte portano a ipotizzare una rinuncia di McDonald’s, ai 6 mila e 500 metri quadrati del palmeto in corso Sicilia, causa “rifiuti speciali pericolosi” nel sottosuolo. E a un Comune che legalmente si sottrae a una costosa bonifica sul suo terreno, in forza di una rassicurante contro-perizia. Solo che nel frattempo, il 29 dicembre, la giunta ha stanziato altri 12 mila euro di avvocato per contrastare l’appello ambientalista al Cga. Cioè le casse municipali spendono per difendere uno schema di convenzione che ormai sembra non interessare più ad alcuno. E’ una “ritorsione” – coi soldi pubblici – contro ecologisti impiccioni ed economicamente male in arnese? O la difesa di uno “schema” per l’edificazione nell’area comunale attigua al Palajonio, che può venire buono per qualche altro investitore? L’unica cosa certa è che, al momento, le indagini geologiche commissionate dal Comune stanno diventando un boomerang. Natura sicula ha trovato appiglio per interessare la magistratura, evidenziando le forti incongruenze fra le due relazioni. A partire dalla profondità di prelievo dei campioni.

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Esposto di Natura sicula a Procura, Nictas e Arpa su sondaggi geologici che si contraddicono.

Se il geologo della multinazionale ha effettuato carotaggi fino a 3 metri, il collega augustano non è andato oltre un metro e 80 centimetri. Fermandosi dopo aver trovato una platea in calcestruzzo“, perché “l’eventuale sfondamento ne altererebbe il risultato, per presenza di materiale di demolizione della stessa”. Questa piattaforma di cemento spessa 20 centimetri, coperta da 30 centimetri di terra, “si può supporre corrisponda a una vecchia area di cantiere“. Ma è un’ipotesi frutto di “una indagine storica sul sito”. E se invece fosse un capping rudimentale, messo a suo tempo per coprire rifiuti costosi da smaltire, occultati alla vista con uno strato di terriccio dove far crescere erba e piante? Saranno Arpa e Nictas a dare forse la risposta, almeno quella riguardante l’ambiente. Perché questa vicenda ha ancora molte domande in sospeso, e qualcuna potrebbe trovare risposte imbarazzanti per Palazzo di città. Se è vero quanto afferma l’associazione ecologista, nel comunicato firmato dal suo presidente Fabio Morreale. “Il risultato di queste indagini ambientali è rimasto per mesi chiuso nei cassetti dell’amministrazione comunale; la pubblicazione è infatti avvenuta solo a febbraio di quest’anno, in seguito all’istanza di accesso agli atti indirizzata al sindaco da Natura Sicula”.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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