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Augusta: addio acqua pubblica, torna il profitto privato sulle bollette

AUGUSTA – Addio acqua pubblica. Sul prezioso liquido tornano le mani del business privato, con imposizione di tariffe idriche e riscossione delle bollette dove si farà profitto. Nonché con poteri “privatizzati” di accertamento sulle utenze, e quindi più discrezionali. Tentacoli che si allungheranno pure sulla gestione economica del nuovo depuratore di Punta Cugno, finanziato con fondi pubblici ma mantenuto dai cittadini utenti. Per la cui gestione pagheranno canoni che non saranno commisurati sul pareggio dei costi di funzionamento, ma verranno maggiorati per garantire alla società la remunerazione del capitale. Lo ha deciso il consiglio comunale nella seduta del 9 maggio, con una maggioranza bulgara che ha accodato il Comune agli altri dell’Ati Siracusa. Asfaltando ogni opposizione, peraltro arrivata solo dal Pd Giancarlo Triberio e dalla consigliera Milena Contento, del Nuovo patto per Augusta. Perché i 5 Stelle, che sull’“acqua bene comune” si sono elettoralmente ingrassati per anni, hanno disertato la riunione. Anzi un consigliere eletto nella loro lista, quel Federico Palazzotto resosi subito indipendente dopo l’insediamento, ha votato con l’amministrazione. Alla quale tuttavia è mancato il sostegno di Forza italia e di Lega, tenutisi lontano da palazzo San Biagio.

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Triberio e Contento duri sulla società mista: sarà ancora Oro blu.

“Possiamo quindi parlare di Oro Blu“, tuonano Triberio e Contento, alludendo alla scottante inchiesta giudiziaria sulla Sogeas. Il cui fallimento ha scoperchiato il calderone del cosiddetto Sistema Siracusa, la vasta rete di corruttela fra politica e affarismo, che ha investito come uno tsunami la stessa magistratura. “E’ evidente che questa scelta ripropone un sistema di gestione che ha già lasciato tantissimi problemi sul nostro territorio, con servizi scadenti e tariffe alle stelle”, scrivono in un duro comunicato congiunto diffuso l’indomani del consiglio. Che peraltro si è occupato dell’argomento all’ultimo istante, con la minaccia incombente del commissariamento, inserendolo come ordine del giorno aggiuntivo solo il 4 maggio. Una fretta che però ha partorito i gattini ciechi. Facendo slittare di 24 ore il dibattito, nonostante il “fidatevi dell’assemblea dei sindaci“, con cui Giuseppe Di Mare cercava di rimediare a una clamorosa omissione nella pubblicazione. Invece, la notte dell’8 maggio nemmeno tutti i suoi consiglieri devono essersi fidati, perché hanno spostato tutto al giorno dopo.

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Consiglio di gestione della Spa tutto indicato dall’azionista privato.

Infatti, su un atto così delicato, al municipio si erano dimenticati di pubblicare tre importanti allegati. Quali sono appunto lo statuto della nuova società mista, lo schema dei patti parasociali e il regolamento per il controllo pubblico congiunto. Cioè proprio quei documenti riguardanti il modo in cui funzionerà la Spa, nel dividersi prerogative e competenze fra soci pubblici col 51 per cento delle azioni, e socio privato con il 49. Che pur essendo di minoranza, tuttavia è quello che di fatto comanda. Perché “la gestione dell’impresa spetta esclusivamente al Consiglio di gestione“, i cui “componenti sono tre e la loro nomina è su proposta del socio privato”. A ratificarla sarà un Consiglio di sorveglianza di cinque componenti, nominati “sulla base di liste presentate dagli azionisti pubblici“. Tutti gli amministratori, gestori e sorveglianti, riceveranno “un rimborso delle spese sostenute e un compenso determinati dall’assemblea”. Ma soprattutto, come notano in aula Triberio e Contento, “decideranno in autonomia quando e dove investire”. Augusta peserà poco nelle scelte societarie, pur essendo il secondo azionista pubblico di Aretusacque Spa. Deterrà il 4 per cento di azioni, a fronte di un capitale versato di 92 mila euro, che si farà prestare dal liquidatore della vecchia gestione e restituirà in 11 anni.

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Società per azioni col 51 per cento pubblico, Augusta avrà il 4 per cento.

Il socio più pesante fra i Comuni della provincia è ovviamente Siracusa, con il 15,1 per cento di quote. Poi ci sono Avola col 4, Lentini col 3,1 e Noto col 3. Mancano Buscemi e Cassaro, che non sono “Città” e saranno pure sperdute fra i monti, ma sono riuscite a farsi riconoscere le capacità amministrative per una gestione idrica in autonomia. Tutti gli altri che invece hanno scelto la scorciatoia della semi-privatizzazione, che di pubblico ha solo un controllo formale, si sono fatti abbagliare dai finanziamenti del Pnrr. Di Mare lo ha spiegato ai consiglieri, raccontando che “ci abbiamo provato ad averli presentando progetti da 5 milioni, ma non ce li hanno ammessi”. In realtà quel treno di finanziamenti pubblici si è perso per la colpevole inefficienza amministrativa degli Enti. Lo spiega meglio il verbale dell’Assemblea territoriale idrica del 27 dicembre scorso, dove il sindaco di Siracusa dice qualcosa di diverso del collega augustano. “Il ritardo nell’affidamento del servizio idrico, dovuto anche ai ritardi di alcuni Comuni nell’approvazione degli atti in consiglio, ha già comportato l’impossibilità di accedere ai fondi del Pnrr”. La dichiarazione verbalizzata è di Francesco Italia, e racconta cosa abbia davvero messo il pepe sulle poltrone di tutti.

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Palazzolo unica contro il dietrofront Ati Siracusa sulla gestione diretta.

Il presidente dell’Ati siracusano dice che “le condizioni attuali risultano totalmente diverse, rispetto a quelle in cui fu deliberata la gestione totalmente in house. Peraltro il ritardo nell’affidamento del servizio idrico espone a un rischio di commissariamento, alla luce della normativa entrata in vigore ad agosto che prevede la sostituzione prima con il livello regionale, e poi con quello nazionale tramite Invitalia“. E’ quindi la paura di vedersi sfilare il completo controllo sul business dell’acqua, a far ribaltare quanto era stato deciso a novembre 2020, quando si erano accordati per costituire una azienda speciale consortile“. Ma in questo trionfo della realpolitik ratificato l’1 febbraio dal commissario regionale, fra i sindaci c’è chi si ricorda che così “si tradisce il referendum sull’acqua del 2011″, come sottolinea Triberio nel suo intervento. Di Mare lo smentisce, quasi irridendolo. Eppure, in quel verbale si dice chiaramente che il sindaco di Palazzolo “dichiara di essere assolutamente contrario alla nuova scelta, e preannunzia la sua strenua opposizione”. Infatti, al momento della votazione, Salvatore Gallo abbandona l’aula del Vermexio dove è stato isolato pure dai colleghi col logo Pd. Ma prima di lasciare, “insiste sulla propria richiesta di avere riconosciuto il regime di salvaguardia“.

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Aretusacque, monopolio per 30 anni su bollette e depuratore.

Uno striscione di protesta alla Villa Comunale di Augusta

I 19 Comuni se la sono studiata bene. Perché “al fine di garantire l’equilibrio finanziario della gestione, è stato ipotizzato il ricorso al finanziamento del socio privato sin dal primo anno, per far fronte al fabbisogno occorrente”. Ovviamente non sarà gratis, perché lo stesso statuto riconosce al partner commerciale che su questi “debiti per finanziamenti maturano interessi a un tasso annuo del 6 per cento“. Le rate per la restituzione si possono allungare, fino a “completare il rimborso entro la fine del termine di affidamento del servizio”. Non è certamente una clausola penalizzante per quelle multinazionali dell’acqua“, che il ministro Luigi Di Maio denunciava in piazza Duomo come la madre di tutti i disservizi, acclamato dagli stessi grillini che ora disertano il voto in consiglio comunale. Chi entra nell’affare Aretusacque, per 30 anni ha il monopolio di fatto su “progettazione, costruzione e gestione di impianti connessi al ciclo integrale delle acque“. Oltre alla gestione di impianti di depurazione, nonché “lo smaltimento di reflui e fanghi anche per conto di terzi“.

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Investimento iniziale per 2 milioni, utile di 5 milioni già il primo anno.

Giancarlo Triberio insieme ad Elly Schlein

Ma, soprattutto, la Spa avrà “l’attività di gestione dei servizi di verifica dei consumi, la bollettazione, la liquidazione, l’accertamento e la riscossione delle tariffe relative al servizio idrico integrato”. Secondo il decreto legislativo adottato dal governo Meloni l’antivigilia di Natale, e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 30 dicembre scorso, le tariffe applicate si aggiornano “col metodo del price cap“. Però siccome il diavolo è sempre nei dettagli, possono anche prevedere che “sia effettuato con metodi diversi”, se “maggiormente funzionale all’efficienza del servizio”. Il Piano economico dell’Ati prevede nel 2024 un “valore della produzione di avvio” per quasi 36 milioni e 700 mila di euro, di cui 35 milioni e 600 mila sono “ricavi da tariffa”. Ammontano invece a 31 milioni e 650 mila, i “costi della produzione nella fase di avvio”. Un attivo di 5 milioni abbondanti, a fronte di un capitale sociale di 2 milioni di euro da versarsi nel 2024, anno di inizio attività”. Che il socio privato anticiperà pure per la quota pubblica, facendoselo restituire a rate con gli interessi. Augusta si è accodata a questo treno della politica provinciale, dopo aver privatizzato “il servizio riscossione tributi, che costerà alla comunità 500 mila euro l’anno oltre all’agio”. Lo sottolineano Triberio e Contento, denunciando che queste scelte “determineranno nel prossimo futuro un considerevole aumento di tasse e tariffe comunali”.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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