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Augusta, una diffida porta in consiglio il McDonald’s dove “tutti fanno tutto”

AUGUSTA – Il McDonald’s nel palmeto del Comune arriva in consiglio. Dopo la formale diffida inviata dall’opposizione alla presidenza dell’assise, il 12 marzo, Marco Stella ha annunciato per la settimana a venire il dibattito sul fast food all’ingresso di Augusta. Facendo notare che aveva già convocato i capigruppo per il pomeriggio del 14 marzo. Tuttavia la minoranza ha temuto che nella conferenza si volesse trattare di altro, e ignorando la questione di un’area a verde pubblico “privatizzata” senza passare dall’aula. Nove consiglieri su 24, il 26 febbraio, avevano firmato la richiesta per una seduta straordinaria e urgente“. Sperando in una convocazione “entro 7 giorni dalla richiesta, ai sensi dell’articolo 12 del regolamento“. Ma quando non hanno avuto risposta, si sono appellati al Testo unico enti locali. Minacciando di rivolgersi al prefetto, “affinché provveda alla convocazione nell’esercizio del suo potere sostitutivo“. Un’eventualità che il presidente del civico consesso ha voluto escludere in partenza, “a prescindere dalla interpretazione regolamentare, perché l’argomento merita l’attenzione giusta”.

PER APPROFONDIRE: Augusta, minoranza compatta: in aula il McDonald’s che parla “catanese”

Esposto di Natura sicula e Legambiente sul fast food nel palmeto, la minoranza li vuole in aula.

sopra e sotto: il palmeto comunale dove è previsto il fast food.
copertina: uno storico punto vendita americano (foto dal sito McDonald’s Italia).

I tre gruppi consiliari di Centro democratico popolare, 5 Stelle e Nuovo patto per Augusta avevano chiesto che alla seduta monotematica fossero “invitate anche le associazioni ambientaliste, culturali e sportive che operano sul territorio”. In testa all’elenco Natura sicula e Legambiente, il cui esposto al Comune aveva fatto scoppiare il caso. I legali degli ecologisti avevano formalmente chiesto il ritiro in autotutela della delibera di giunta, con la quale il 13 gennaio si dava via libera alla convenzione con McDonald’s. Permettendole la costruzione di un ristorante con annessi parcheggi, in un terreno comunale che il piano regolatore indica coma “zona F“. Una supposta incompatibilità con le previsioni del prg, che ha trovato concordi pure i consiglieri Corrado Amato, Mariangela Birritteri, Milena Contento, Pippo Gulino, Manuel Mangano, Marco Patti, Roberta Suppo, Giancarlo Triberio e Chiara Tringali. Secondo i quali si tratta di una zona vincolata “per attrezzature e impianti di interesse generale, restando esclusa la possibilità di destinazione alla realizzazione di attività commerciali private”. Anche nel caso in cui il fast food realizzi a proprie spese un parco giochi e un campo di mini-basket pubblici.

PER APPROFONDIRE: McDonald’s Augusta, diffida ambientalista: verde pubblico non è fast food

Verde pubblico secondo l’Urbanistica: esercizi commerciali soddisfano esigenze collettività.

L’interpretazione sui vincoli urbanistici fatta dagli ambientalisti, e condivisa dall’intera opposizione, tuttavia diverge dal parere dell’Urbanistica. Secondo l’assessore Giuseppe Tedesco, quella adiacente il Palajonio rientra fra le aree verdi normate come “idonee a soddisfare bisogni della collettività, ancorché vengano realizzati e gestiti da soggetti privati”. Nella sua dichiarazione a Webmarte, sostiene che “gli esercizi commerciali di questa metratura sono destinati a soddisfare le esigenze della collettività, in quanto è l’attività commerciale in questione a essere complementare ai servizi di interesse pubblico che verranno realizzati, e non viceversa”. Cioè, i 500 metri quadri del fast food sarebbero una sorta di appendice ai 250 attrezzati come area giochi, e ai 6 mila asfaltati per il parcheggio. Il consigliere di maggioranza, entrato in giunta col rimpasto di fine anno, definisce quindi “lapalissiano come la proposta progettuale in termini di spazi/aree dedicati abbia finalità di interesse collettivo, volta a soddisfare l’interesse pubblico reso alla cittadinanza“. In consiglio si prospetta una battaglia in punta di diritto, anche se resta sullo sfondo un’altra questione: chi realmente si piazzerà per i prossimi trent’anni sul palmeto del Comune, da estirpare in cambio di qualche altalena e di un affitto da 45 mila euro l’anno?

PER APPROFONDIRE: Fast food Augusta, un McDonald’s su un’area verde del Comune

Interrogativi su chi firma il contratto trentennale col Comune e chi poi gestirà il McDonald’s.

Lo schema di convenzione approvato dalla giunta vede come controparte Giuseppe Troisi, “Senior Area Real Estate Manager at McDonald’s Southern Region”, nella qualità di procuratore speciale della filiale italiana. Però il contratto consente “l’affidamento della gestione dell’attività, anche nella forma del franchising“. Infatti la catena Usa non possiede tutti i 640 fast food che espongono in Italia il suo marchio, ma si affida a 140 licenziatari. Il sito della multinazionale spiega che “l’85 per cento della nostra catena si basa sul franchising, e i successi ottenuti in oltre 50 anni di storia sono basati sulla scelta delle persone giuste a cui affidare la gestione dei nostri ristoranti”. La “persona giusta” che ha trovato da queste parti è il catanese Pietro Vadalà, col quale nel 2007 ha costituito una joint venture alla pari. Si tratta della Etnafood srl, che nel sito web si definisce espressamente “società dedicata all’apertura, promozione, gestione e conduzione dei punti vendita a marchio McDonald’s in Sicilia e Calabria“.

Un milione di euro per aprire col marchio Usa, ma in conto corrente ne bastano 250 mila.

Sono infatti i soci degli americani che affrontano tutti i costi per l’investimento e la gestione delle paninerie. La multinazionale si limita solo a fornire marchio e know how gestionale. Il resto, dagli arredi agli alimenti, bisogna comprarlo “direttamente da fornitori autorizzati. Alla domanda “Qual è l’investimento necessario totale per il franchising McDonald’s?”, risponde lo stesso sito della filiale italiana. “Il costo medio di un ristorante McDonald’s è di circa 1 milione di euro (Iva esclusa), a questo costo va aggiunto un initial fee dell’importo massimo di 45.000 euro (Iva esclusa) che è parametrata alla durata contrattuale; solitamente il contratto di franchising ha una durata di 20 anni”. Tuttavia non occorre essere milionari, per aprire un fast food in stile Usa. “Il candidato dovrà dimostrare di possedere almeno il 25 per cento (250.000 euro, vedi sopra) dell’investimento totale; la parte rimanente potrà essere finanziata attraverso gli istituti di credito“.

Alte percentuali alla multinazionale, il pareggio in 5 anni:”Ma un gestore bravo può fare di più”.

Il primo McDonald’s (foto dal sito).

Una volta siglato l’accordo, “a ristorante aperto l’affiliato corrisponderà a McDonald’s delle percentuali sul fatturato del ristorante, al netto di Iva”. Cioè, un “affitto mensile in percentuale sulle vendite nette“, e royaltiesammontanti al “5 per cento delle vendite nette”. A carico del socio c’è pure la voce pubblicità nazionale: 4 per cento delle vendite nette, da versare al Consorzio costituito da tutti i franchisee di McDonald’s”. Anche se non serve molta liquidità per aprire un fast food, farci soldi non sembra una passeggiata, specialmente se ci sono i prestiti delle banche. “Quanto è il guadagno o il ritorno del mio investimento?”: il sito ufficiale della catena previene l’ovvio quesito dei potenziali soci. E risponde che “la redditività dipende da una serie di fattori, quali ad esempio le vendite e la buona gestione dell’imprenditore”. Aggiungendo che “McDonald’s, fin dalla scelta della location, calcola il bilanciamento dell’ROI (ritorno dell’investimento, ndr) per il franchisee e per McDonald’s stessa, secondo il peso degli investimenti”. L’ex amministratore delegato Roberto Masi, in un’intervista a Repubblica nel 2013, spiegava in dettaglio che in sostanza la casa madre chiede “royalties sul fatturato in una forbice compresa fra l’8 e il 14 per cento dei ricavi. Il rientro dell’investimento è previsto fra il quarto e il quinto anno. Ovviamente un gestore bravo può fare di più. E noi cerchiamo quelli bravi”.

Il manager di successo:”Tutti devono saper fare tutto, le mansioni sono a rotazione”.

Foto celebrativa dell’impiegata del mese (foto Facebook).

A Catania evidentemente uno bravo l’hanno trovato, considerato che dalla “dozzina” di ristoranti dichiarati nel 2013, la Srl del franchisee siciliano conta adesso “18 siti, 12 McDrive e 722 dipendenti”. Nonostante i numeri raggiunti, che fanno spiccare Etnafood in un contesto siciliano asfittico, di Vadalà c’è poco su Google. L’unica intervista di rilievo che salta fuori è quella pubblicata dal settimanale Centonove, nel giugno 2013. L’articolo “Stregati da McDonald’s”, firmato da Valentina Costa, trattava della corsa al posto di lavoro nel fast food di prossima apertura a Messina. Dove sarebbe stato applicato il contratto collettivo nazionale del comparto turismo, secondo il quale “per 24 ore di lavoro settimanale riceveranno 814,35 euro lordi mensili, a cui andranno ad aggiungersi eventuali straordinari per lavoro notturno e festivo”. Il manager catanese però avvertiva che “requisito per l’assunzione è la voglia di lavorare sodo e di crescere. Bisogna aver chiaro che il lavoro è faticoso, ma premia”. Puntualizzando subito che tutti devono saper fare tutto“. Cioè, precisava alla cronista, “chi verrà assunto svolgerà a rotazione tutte le mansioni: dalla frittura delle patatine, allo scarico delle merci, alla pulizia delle toilette“.

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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