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World press freedom day: dove “va tutto bene” non c’è giornalismo

SIRACUSA – “Everything is alright, va tutto bene”. E’ il titolo che l’Unesco suggerisce per gli articoli sulla Giornata mondiale per la libertà di stampa. Una provocazione forte, quella scelta dall’organizzazione Onu, per celebrare il trentennale del World press freedom day. “Perché se tutto va bene nelle notizie, allora c’è qualcosa che non va nel giornalismo. E quando il giornalismo è compromesso, non possiamo proteggere i diritti umani“. Un monito per chi confonde propaganda con informazione, avversando i reporter fuori dal coro dell’ufficialità, e reclamando narrazioni da paese dei balocchi. Ancora una volta le Nazioni unite scelgono il 3 maggio per dare l’allarme sulle minacce all’informazione senza censure, che non solo sta alla base di ogni democrazia, ma è pure l’ultimo argine all’erosione dei diritti fondamentali. Un rischio che si è acuito “con la rivoluzione digitale”, nota Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco. Nel messaggio per il Wpfd 2023 scrive che “il panorama dell’informazione, e le sue modalità di produzione e distribuzione sono stati radicalmente sconvolti, mettendo a repentaglio la fattibilità dei media professionali indipendenti”. Si tratta – dice l’ex ministra francese di origini marocchine – “di garantirne la sopravvivenza, affinché l’informazione rimanga un bene comune” nell’era dominata dal web. Assicurando che “gli Stati membri si sono impegnati a garantire una maggiore trasparenza delle piattaforme online, e sviluppare l’alfabetizzazione mediatica e informativa”.

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Unesco, Azoulay: garantire che i media indipendenti possano continuare ad esistere.

L’Unesco lavora “verso lo sviluppo di principi per regolare le piattaforme digitali”. Ritenendola “una questione fondamentale, perché riguarda sia la tutela della libertà di espressione, che la lotta alla disinformazione e all’incitamento all’odio“. I giganti della Rete “governano” già di fatto i processi di socializzazione, attraverso algoritmi sottratti a ogni controllo pubblico. Diventeranno più incontenibili, con la diffusione dell’intelligenza artificiale. Per questo “garantire che i media indipendenti possano continuare ad esistere”, diventa essenziale per difendere una libertà di stampa definita “pietra angolare della società democratica“. Perché “senza dibattito di idee, senza fatti verificati, senza diversità di prospettive, la democrazia è l’ombra di sé stessa”. Preoccupa “l’impunità che ancora circonda i crimini di cui sono vittime i giornalisti, con quasi 9 omicidi su 10 rimasti impuniti”. Ma il giornalismo è trattato alla stregua di un reato, pure dove la stampa è protetta dalla Costituzione e dalla Convenzione europea, attraverso l’abuso di querele pretestuose e cause di risarcimento temerarie.

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Giornata mondiale libertà di stampa 2023, Fnsi: il giornalismo non è un crimine.

Non a caso la Federazione nazionale della stampa italiana mette “il giornalismo non è un crimine”, come titolo al Wpfd nella Penisola. Lo storico sindacato dei giornalisti ha organizzato una staffetta virtuale fra Venezia, Milano, Trieste, Firenze, Latina e Napoli, per una riflessione sulla professione ai tempi del metaverso. E sul termometro che questo mestiere rappresenta per la salute democratica del Paese. Nonostante le numerose sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, sull’obbligo di rispettare la libertà d’espressione, non sempre vengono rispettati quei dettami sanciti dalla Convenzione europea già nel 1950. Il rapporto 2023 del Consiglio d’Europa parla di “libertà di stampa in continuo degrado”. E secondo il rapporto 2023 di Reporters sans frontieres, l’Italia è al numero 41 della classifica mondiale. Soprattutto a causa delle minacce che arrivano “dalla criminalità organizzata, in particolare nel Sud, nonché da vari gruppi estremisti violenti”. Nell’ultimo anno si è aggiunta riforma Cartabia sui rapporti fra giustizia e media, che limita pericolosamente il diritto di cronaca. Sottraendo alla piena comprensione del comune cittadino pure le notizie relative a inchieste importanti. Per paradosso questo questo giro di vite non intacca i tanti portali web che quotidianamente, senza direttore responsabile e camuffandosi come “giornali“, trattano di cronaca nera e giudiziaria usando Facebook come fonte. Un fenomeno tanto locale quanto nazionale, in grado di disorientare il lettore e prosperato senza le regole deontologiche che “ingabbiano” il giornalista. Ma che sono allo stesso tempo garanzia di notizie date nel rispetto della verità sostanziale dei fatti.

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Agirt, Cascio: giornali web condizionati dai social e senza capacità critica.

Se “il 3 maggio ricorda ai governi la necessità di rispettare il loro impegno per la libertà di stampa”, l’Unesco avverte che “è anche una giornata di riflessione tra i professionisti dei media sui temi dell’etica professionale”. Il giornalismo non è esente da lati oscuri, a tutti i livelli. La ritirata dei quotidiani travolti dalla Rete “gratuita”, e la cancellazione delle piccole tivù con una normativa che favorisce poche concentrazioni editoriali, hanno fatto proliferare una micro-editoria online. Che ha arricchito il pluralismo a mezzo stampa, e allo stesso tempo ha fortemente impoverito la qualità dell’informazione. “A esser stretti, l’80 per cento dei giornali web locali vive di copia-incolla”, dice Pippo Cascio, presidente dell’Associazione giornalisti radiotelevisivi e telematici. “I condizionamenti dei social media per la velocità di pubblicazione, e la necessità di un prodotto che costi poco, ha fortemente compromesso la capacità critica del giornalismo di prossimità“. Cioè del giornalismo che copre la notizia ravvicinata, quella che incide più direttamente nella vita quotidiana del lettore. “E nelle sue scelte politiche“, sottolinea l’anziano cronista siracusano. Notando parallelamente che “si stanno diffondendo negli Enti pubblici affidamenti di servizi ufficio stampa, attraverso società collegate con una testata web, in grado di creare un dannoso cortocircuito fra informazione e propaganda”.

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Assostampa, Dente: commistione informazione e comunicazione mina pluralismo.

Un rischio di pubblicità elettorale veicolata sotto le mentite spoglie della notizia imparziale, che l’Associazione siciliana della stampa segue con attenzione. Prospero Dente conferma che “in qualche caso c’è una commistione tra informazione e comunicazione. Questo, come avvenuto in passato, rischia di minare le fondamenta del pluralismo e della corretta informazione”. Il segretario provinciale ricorda che “la libertà di stampa va coltivata innanzitutto dagli stessi giornalisti, che devono continuare ad avere il coraggio e la capacità di raccontare la verità ai lettori. Soltanto dopo bisogna agire su tutte le fonti, perché accettino il loro ruolo e non pretendano copia-incolla, scambiando i giornali per bacheche personali”. Se ci fosse un indice Rsf per le periferie dell’informazione, Siracusa ogni anno scenderebbe di posto. “Ha perso le redazioni dei tre maggiori quotidiani regionali, e non avere più presenze fisiche aumenta i rischi di una deregulation dell’informazione sul territorio. La libertà di stampa passa inevitabilmente attraverso una riconoscibilità delle testate più autorevoli, e questo è venuto in parte meno negli ultimi anni. Mentre il mondo dell’online, cresciuto in maniera esponenziale, ha un sottobosco tutto da studiare”. Il dirigente sindacale dice che, “su input della segreteria regionale, stiamo cercando di monitorare meglio la situazione”. Ma Assostampa adesso non è sola, a cercare il bandolo di una matassa che si sfila da tutte le parti.

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Figec, Gallo: decontrattualizzare è deprofessionalizzare, in periferia di più.

Il radicale cambiamento arrivato col web si è tirato dietro quello della professione, e poi quello della sua stessa rappresentanza sociale, non più affidata a una federazione unica. Al congresso nazionale Cisal di aprile ha esordito la Figec, “un sindacato dei giornalisti e di tutti gli operatori dell’informazione, della comunicazione, dei media, dell’editoria, dell’arte e della cultura”. Nato con l’obiettivo di riportare “al centro il tema dell’informazione quale indice di democrazia, che può essere garantita soltanto con la libertà dal bisogno di chi lavora nei media”. Un concetto che focalizza meglio il referente siracusano Santo Gallo, pubblicista attivo per oltre un ventennio nell’Ordine regionale e nazionale. “Decontrattualizzazione significa deprofessionalizzazione, e la periferia ne soffre di più. Ormai pochissimi fanno approfondimento, e fra gli altri si impone un modello che punta alla velocità di pubblicazione, a scapito della verifica scrupolosa. Con la chiusura delle redazioni locali si è inoltre spezzato un legame fisico fra stampa e lettori, che era anche un rapporto simbiotico. Chi vuole accendere i riflettori su un fatto, o sollecitare attenzione su un sopruso, oggi non ha più un punto di riferimento. Mi è persino capitato di ricevere a casa telefonate di sconosciuti che volevano far arrivare una notizia alla stampa, perché quel numero era l’unica voce ‘giornalistica’ che avevano trovato sulle Pagine gialle“.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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