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Francese, il coraggio delle parole quando i corleonesi non erano tv

SIRACUSA – Ci sono voluti 44 anni, sicuramente troppi, ma alla fine la storia e la cronaca hanno dato ragione a Mario Francese. Nel giorno che ricorda il suo assassinio per mano della mafia, appena uscito dalla redazione palermitana al Giornale di Sicilia, l’Assostampa lo ha commemorato per l’ennesima volta. Ma stavolta il clima della doppia celebrazione con la cornice dei rappresentanti dello Stato, tanto a Siracusa come a Palermo, è sembrato quello di un epilogo. Di quelli particolarmente sofferti perché tanto attesi, che quando arrivano quasi si fatica a credere di essere arrivati alla fine di ogni amarezza. Un ciclo impastato di sangue e di dolore, che si è aperto la sera del 26 gennaio 1979, con il cronista siracusano che cade sotto i colpi di un futuro capo dei capi, Leoluca Bagarella. Esecutore di una condanna emessa dalla cosca a un “colpevole di giornalismo”, per essere stato il primo a scrivere dei loro affari oscuri, e degli intrecci con i colletti bianchi della politica siciliana. Un cerchio che si è chiuso la mattina del 18 gennaio scorso, con la cattura dell’ultimo erede designato di quei corleonesi, il super-latitante Matteo Messina Denaro.

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Il sindaco Italia: esempio vivo per Siracusa e per l’informazione di oggi tentata dai like.

“Una vittoria dello Stato perché lo Stato vince sempre”, commenta il sindaco di Siracusa, Francesco Italia. Intervenendo alla commemorazione nel giardino antistante il teatro greco, davanti la targa che ricorda il concittadino morto per avere la schiena troppo dritta. Spiega cheFrancese è un esempio vivo per questa città, che deve continuare a fare memoria di chi ha sacrificato la propria vita svolgendo il proprio lavoro”. Avvertendo inoltre che “in un’epoca così veloce e complicata, i giornalisti rivestono un’importanza enorme, ma devono continuare a essere vigili e attenti”. Perché il mondo dell’informazione, spesso, sembra troppo “intento alla rincorsa al like comodo”. Da ex direttore della milanese Gay.tv, forse meglio di altri politici riesce a leggere i rischi dell’informazione-spettacolo h24, e i pericoli di redazioni de-professionalizzate da organici all’osso. Quelle stesse derive che stanno trasformando l’ex super-latitante in un personaggio mediatico, di quelli dei quali si raccontano vezzosi narcisismi, si mostrano eccentriche collezioni di griffe, si narrano pruderie e aneddoti della quotidianità. Cronache di “colore” acchiappa-audience che mettono in ombra quelle di approfondimento, che genera analisi e riflessione invece di click, con buona pace di quel giornalismo d’inchiesta per il quale sempre si rischia, e talvolta si muore.

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La prefetta Scaduto: memoria viva di un giornalismo d’inchiesta di cui si sente la necessità.

La prefetta Giusi Scaduto.

“Il giornalismo d’inchiesta è fondamentale per la nostra società democratica, anche se attualmente appare messo in secondo piano”, sottolinea la prefetta Giusi Scaduto. Aggiungendo che “leggere la realtà, raccontare gli eventi, serve per comprendere ogni cosa. Per questo l’impegno di Francese deve restare un esempio vivo”. Tuttavia, sottolinea che “il ricordo di persone così straordinarie che hanno dato il contributo estremo per la ricerca della verità, per la comprensione dei fatti che possono incidere sulla qualità della nostra democrazia, va tradotto in atti concreti e giornalieri”. Ad ascoltare la prefetta di Siracusa ci sono anche il questore Benedetto Sanna, il comandante provinciale dei carabinieri, Gabriele Barecchia, e quello della Guardia di finanza, Lucio Vaccaro. Però è soprattutto ai cronisti che sembra rivolgersi, quando dice che “la memoria non può limitarsi a essere un esercizio ma deve diventare una prassi“. Che spesso, tuttavia, si scontra proprio con le maglie strette delle Istituzioni sulla cronaca fuori dalle veline.

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Di Salvo, tesoriere Ordine: con Mario ricordiamo tutte le vittime e le odierne difficoltà dei cronisti.

da sinistra Salvatore Di Salvo e Prospero Dente, a destra Francesco Italia.

“Attraverso Mario ricordiamo tutte le nostre vittime, e lo facciamo consapevoli di tutte le difficoltà incontrate da chi svolge questa professione”, dice Salvatore Di Salvo, tesoriere dell’Ordine dei giornalisti. Ad ascoltarlo c’è il predecessore, Santo Gallo, stretto collaboratore del figlio, Giulio Francese, quando presiedeva l’Ordine di Sicilia. E c’è il componente del Consiglio territoriale di disciplina, Aldo Mantineo. Ma è soprattutto ai familiari che si rivolge, quando parla di “un impegno che non è mai mancato, e non mancherà”. Sono stati infatti i giornalisti siracusani i primi ad affiancare la sorella Maria, per strappare dall’oblio quell’assassinio di mafia. L’impegno assicurato da Di Salvo è tuttavia una memoria che si onora coniugandola al presente, quindi accenna alla “varie iniziative che tendono a limitare la libertà di stampa e lo stesso diritto dei cittadini a essere informati”. E’ un elenco di limitazioni alla cronaca che si allunga in parallelo alle cerimonie per la legalità: “giudiziaria” frenata da Procure sempre più inaccessibili, “nera” soggetta a comunicati centralizzati e incompleti. Quello di Messina Denaro, tanto per restare sul pezzo, è il primo arresto-simbolo a non essere documentato da alcun fotoreporter: solo immagini fornite dalle autorità. Si commenta poi da solo il dibattito sulla privacy dei politici – specie di primo piano – quando i tribunali sono intasati da querele pretestuose e richieste di risarcimenti intimidatorie.

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Dente, segretario Assostampa: Mario ebbe il coraggio delle parole senza paura di usarle tutte.

Giorgia Aglieco.

“Il coraggio delle parole” lo definisce Prospero Dente, segretario provinciale di Assostampa, quando si aggancia agli articoli firmati da Francese. Il cronista che a Siracusa ebbe natali e palestra professionale, “non ebbe paura di usarle tutte le parole, per raccontare ciò che aveva scoperto” nella Palermo del sacco edilizio, e dell’alta borghesia collusa che ci si arricchiva. “Sapeva sicuramente che i suoi articoli stavano sgretolando quel sistema mafioso, fino a quel momento illeggibile. Eppure proseguì con il coraggio delle parole, svolgendo il suo ruolo di giornalista e contribuendo alla ricerca della verità. Parole che devono essere rilette ai più giovani, affinché si comprendano pezzi di storia raccontati dal giornalismo siciliano che non si è mai tirato indietro”. Ed è proprio alle nuove generazioni, eredi di una Sicilia liberata dai vecchi assassini corleonesi e dal loro ultimo erede designato, ma non ancora curata dal cancro mafioso, che la commemorazione 2023 passa il simbolico testimone. Il ricordo del piombo usato per stampare quelle parole di denuncia, e forgiare quei proiettili di mafia che hanno segnato a lutto la famiglia della vittima anche tempo dopo l’assassinio, ora è affidato ai fiori messi nelle mani di una timida adolescente. Un modesto mazzetto che Giorgia Aglieco depone emozionata, ai piedi della lapide in memoria dello zio Mario.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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