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Augusta, niente più porto hub: sarà il terminal container di Catania

AUGUSTA – Il terminal container di Catania spostato ad Augusta, per fare spazio nello scalo etneo al boom delle più remunerative linee traghetto. Mentre per Punta Cugno si spera che nell’arco di un anno decolli il traffico di rinfuse, per evitare di perdere la classificazione di “porto Core” europeo. E insieme a questa pure la sede di una propria Port authority, fra l’altro già condivisa con i catanesi e recentemente allargata anche a Pozzallo. L’avvertimento è arrivato dal presidente dell’Autorità portuale, Francesco Di Sarcina, durante la seduta consiliare monotematica del 29 novembre. Un incontro richiesto da una mozione dell’opposizione e condivisa all’unanimità dalla maggioranza, a sette mesi dalla designazione all’Adsp del Mare di Sicilia orientale. Un faccia a faccia coi consiglieri augustani, che la nuova governance ha affrontato con schiettezza. Dicendo chiaramente che l’hub per il transhipment è una chimera, e che senza Gnl si uscirà dal giro che conta. Inoltre per quanti sforzi si potranno fare, i traffici commerciali non arriveranno mai a compensare i posti di lavoro persi da un Petrolchimico smantellato. Anche se dovesse decollare un polo per la grande cantieristica dove attualmente c’è la diga foranea, il cui studio di fattibilità è già in corso all’Autorità di sistema. Che fra l’altro entro febbraio praticamente raddoppierà il personale, assumendo dai 15 mila curricula pervenuti.

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Autorità portuale: Punta Cugno ha vocazione per le rinfuse, scalo catanese per i traghetti.

Di Sarcina si è detto “ottimista” sulle prospettive di Augusta, anche se non ha nascosto alcuna delle difficoltà che si frappongono fra i progetti e la realtà. Innanzitutto ha puntualizzato che “le Adsp sono costituite per sviluppare i traffici commerciali“, e che “il ragionamento è in ottica nazionale”. In sostanza, le esigenze locali contano fino a un certo punto, “ai campanilismi accorciamo un po’ la testa”. Poi ha iniziato a mettere i puntini sulle “i” riguardo il condominio con Catania. “Sono porti significativamente diversi da loro, là fanno da padroni i traghetti – per i quali ci sono molte nuove richieste – mentre qui non si presta a questa attività”. Punta Cugno invece “ha una spiccata vocazione per container e rinfuse”, per i quali può mettere a disposizione spazi praticamente inutilizzati. “Con la superficie che abbiamo possiamo movimentare un milione e 500 mila tonnellate l’anno, ma ci sono concessioni che si fermano a circa 700 chili, o a 26 tonnellate annue”. Il presidente Adsp li definisce “numeri che non sono degni di un porto commerciale”, dicendo che “c’è tanto margine di crescita”. E l’idea è quella di cominciare affidando gli spazi ai catanesi.

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“Il transhpment non l’avremo mai, a Cagliari e Taranto è fallito sopravvive solo Gioia Tauro”.

Francesco Di Sarcina in consiglio col sindaco Giuseppe Di Mare.

“Il massimo che fa Augusta è di 200 container l’anno, ma ora prende da Catania un terminal organizzato e nello scalo etneo liberano 15 mila metri quadrati per sviluppare il traffico traghetti”. Di Sarcina fa capire che i terminalisti catanesi “hanno pronti nuovi contratti coi i vettori, che possono moltiplicare quel valore”. E agli augustani è meglio prendere subito quello che c’è, “perché il porto hub per i container non ce l’avremo mai”. A prescindere dal fatto “che non ci sono le condizioni infrastrutturali”, è che proprio non ci sono tutte queste merci in circolazione nel Mediterraneo. “Il transhipment si realizza con almeno un milione di Teu l’anno, ma in tutta la Sicilia ora se ne fanno 120 mila”. Utopistico pensare di coprire il rimanente trasbordandolo per andare nel continente. “Dei tre porti appositamente attrezzati sopravvive solo Gioia Tauro, mentre Cagliari e Taranto sono falliti”. Pesano la concorrenza di Malta e i bassi costi del Nord Africa, “dove la manodopera costa un quinto”. L’Italia “compete per efficenza e qualità dei servizi”, ma ad Augusta bisognerebbe crearli affrontando handicap insuperabili. Essendo un rada affollata di bombe galleggianti come le petroliere, “per entrare ci vuole un’ora e altrettanto per uscire”. Poiché il tempo è denaro, specie in quel settore del trasporto marittimo, lo svantaggio è incolmabile senza pregiudicare la sicurezza. E lo stesso vale per la collocazione geografica, invidiabile sul mappamondo ma non sugli atlanti ragionati.

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“Ponte sullo Stretto o ferrovia serve a poco: e senza container nel 2023 rischiamo il titolo Core”.

Punta Cugno: le gru per i container mai entrate in funzione verranno smantellate.

“Stiamo trattando in questi giorni il collegamento ferroviario, ma ce ne faremo poco senza il ponte sullo Stretto“. dice Di Sarcina. Questo perché far viaggiare merci su “un treno conviene, rispetto a un camion, per distanze sopra i 300 chilometri”. Quindi è inutile pensare in grande, più conveniente invece “fare un po’ di transhipment dentro il Mediterraneo”. Secondo il presidente Adsp “possiamo cominciare ad averne”, e a tal proposito ha “già parlato con importanti armatori mondiali, ricevendo risposte positive”. E’ una corsa contro il tempo, perché “se nel 2023 gli ispettori europei non troveranno i container impilati, nel 2024 non saremo più porto Core e probabilmente nemmeno Adsp”. Nel frattempo, l’Autorità portuale “ha investito tutti i soldi che aveva” per nuove infrastrutture, e “altri ne chiederà al governo“. Intanto è “stato sbloccato il cantiere per un molo trapezoidale da 120 mila metri quadrati, che non sono pochi, da completare entro il marzo 2026″.

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Adsp rassicura il consiglio: non interessa allargarci sullo Xifonio e via i cantieri dall’abitato.

il segretario generale Adsp, Attilio Montalto.

Ma aldilà delle questioni strettamente legate al traffico marittimo, l’Autorità di sistema se ne porta dietro pure alcune che intersecano lo sviluppo urbanistico di Augusta. Il contestato allargamento delle competenze sul litorale fino a Sant’Elena, golfo Xifonio compreso, sembra scongiurato. Il ministero ha dato ragione agli ambientalisti, bocciando quella parte del documento di programmazione strategica, e Di Sarcina si è detto per nulla interessato a intestarsi grattacapi inutili ai traffici marittimi. Inoltre, “con il garbo e il tempo necessario”, intende far sloggiare “la Maxcom e i cantieri navalifuori dal centro abitato. “La città ne avrebbe un beneficio”, dice il presidente dell’Autorità di sistema. Senza però precisare dove intenderebbe “dislocarli”, perché nel nuovo piano regolatore portuale l’area per la cantieristica ricadrebbe in una zona soggetta a tutela archeologica. Nessuna obiezione solleverebbe invece un “hub cantieristico per navi di grandi dimensioni e yacht di lusso“, immaginato dove c’è la diga foranea. L’Adsp vuole rivedere e correggere il vecchio progetto del “Distripark“, opera faraonica più grande dell’abitato augustano, diventata completamente inutile con l’evoluzione dei traffici marittimi. Al momento, però, è solo uno studio di fattibilità economica per chiarirsi le idee.

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Gnl, nessun passo indietro: boomerang per Di Sarcina su depositi “isolati” e parti “arruginite”.

Incendio all’Ecomac causato da un fulmine.

Le idee invece sembra averle chiare sul deposito galleggiante di gas naturale liquefatto. “Le carte sono in una direzione e non si possono facilmente modificare, il progetto è tarato per quel sito ed è sotto autorizzazione dalla Regione; una volta che questa darà il via, saranno autorizzati a realizzarlo”. Di Sarcina vuole tranquillizzare sul combustibile navale del futuro”, senza rendersi conto che invece avvalora proprio i dubbi sull’effetto domino per la collocazione a due passi dalle fiaccole industriali. Cita La Spezia, “dove da 30 anni esistono 5 mila metri cubi di serbatoi e non è mai accaduto nulla”, non considerando che quella città esclusivamente portuale è circondata da colline boscose e non da raffinerie. Dice che “sotto i nostri occhi vedo pericoli peggiori del Gnl, sui quali mi sentirei di prestare maggiore attenzione”, come se un impianto petrolchimico sia un rischio esclusivamente per le emissioni. Parla di “prodotti che bisognerà imparare a gestire; le tecnologie ci sono, anche in questo momento”. Tuttavia ricorda di un suo viaggio studio “in Norvegia, a visitare un deposito di stoccaggio costiero, isolato in mezzo alla neve”. Dove, fra “tanti tubi pazzeschi e saracinesche perfette, ce n’era una sola arrugginita: l’avevano comprata in Italia“. Una visita da cui non ha tratto lezione utile per Augusta, visto che persino nella tundra norvegese tenevano il Gnl “isolato”. E che l’unica tecnologia risultata malfatta al limite dell’incoscienza – perché in un impianto di quel tipo la “saracinesca” è un meccanismo che chiude le condutture ad alta pressione – era proprio quella made in Italy.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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