Tu sei qui
Home > ERROR404.ONLINE > Incendio Ecomac Augusta: finisce in Procura il disastro annunciato

Incendio Ecomac Augusta: finisce in Procura il disastro annunciato

AUGUSTA – “Chiediamo trasparenza sui dati ambientali, sulle misure di sicurezza e sui controlli preventivi”. Natura sicula e Punta izzo possibile si aggiungono al coro di chi vuole chiarezza, dopo l’incendio alla Ecomac di Augusta che il 22 agosto ha allarmato le popolazioni del Petrolchimico. Le due associazioni ambientaliste hanno fatto diventare un caso da Procura, l’incidente che ufficialmente è stato causato da un cavo ad alta tensione caduto sui capannoni, dopo essere stato colpito da un fulmine. L’informativa mandata dalle due associazioni ai pm parla di “scenario previsto”, che avrebbe dovuto essere scongiurato dalle “45 prescrizioni, in seno all’autorizzazione rilasciata il 9 ottobre 2020″. All’esposto si aggiunge una richiesta di accesso agli atti, per capire “se tutte le misure di sicurezza preventive erano state rese operative all’interno dell’impianto, e se le azioni antincendio erano state correttamente pianificate”. Il comunicato con cui danno notizia dell’iniziativa, perché “ai cittadini e alle associazioni impegnate nella difesa dell’ambiente va riconosciuto il diritto di sapere“, polemizza con gli amministratori comunali dell’hinterland. “A nulla valgono se non ad alimentare sospetti di reticenze e mendacità, le rassicurazioni proferite dai sindaci in assenza di un qualsivoglia dato tecnico-scientifico, sulla esatta quantità e qualità dei rifiuti bruciati e sulle sostanze nocive liberate nell’atmosfera”.

PER APPROFONDIRE: Inchiesta Ias, da inquinamento ambientale risparmi industrie per 24 milioni

Stop veleni polemica sulla gestione dell’emergenza: informazioni insufficienti e intempestive.

sopra l’incendio Ecomac a fine serata.
copertina, nube nera sulla zona industriale (foto di Carmelo Vittorio).

Natura sicula e Punta izzo possibile non sono i soli a punta il dito contro i Comuni. Già il giorno dopo, con i rifiuti industriali ancora fumanti, Stop veleni aveva rilevato “come del tutto insufficienti e intempestive sono state le informazioni diramate dalle autorità preposte”. Il loro comunicato riferisce diresidenti allarmati dalla densa coltre di fumo nero levatasi in atmosfera, che in pochi minuti ha raggiunto la zona nord di Siracusa“. Una nube impressionante, sulla quale però “non hanno ricevuto nell’immediatezza la ben che minima informazione sul comportamento da tenere per ridurre al minimo gli effetti certamente nocivi del fenomeno”. Il comitato ambientalista racconta di segnalazioni per “mal di testa, difficoltà respiratorie e a deglutire, spasmi addominali”. Eppure, “contrariamente a quanto visivamente percepito, i cittadini anzi venivano rassicurati circa la tenuità dell’accaduto”. In un primo momento, infatti, era stata fatta circolare la versione di un “incendio di materiale cartaceo“. E “si è dovuto arrivare a sera inoltrata per ricevere finalmente una approssimazione di allerta, nemmeno lontanamente riconducibile ad un serio comunicato”.

PER APPROFONDIRE: Legambiente: Ias disastro ambientale annunciato, le città siano parte civile

Interrogazione consiliare 5 Stelle affinché il Comune si faccia dare “esaustive informazioni”.

fiamme indomabili dopo un giorno (foto Punta izzo possibile).

La stringata comunicazione diffusa alle 18,15 dalla protezione civile comunale, quando già la nube aveva oscurato il cielo dell’intera zona industriale e del porto petrolifero su cui affaccia l’abitato di Augusta, si limitava a “invitare i cittadini a tenere chiuse imposte e finestre, e a limitare gli spostamenti fuori dal proprio domicilio“. Troppo poco, secondo Stop veleni. “Nessuna indicazione sanitaria sui rimedi da adottare per lenire i disturbi percepiti dalla popolazione”. E nessun “vademecum di base per disastri ambientali del tenore di quello documentato in queste”. Ma se il comitato ambientalista si limita a esprimere “tutto il proprio disappunto per la pessima attività di informazione, svolta dai soggetti istituzionali coinvolti”, il gruppo 5 Stelle ha messo tutto in una interrogazione consiliare. In modo da spingere l’amministrazione ad avere “esaustive informazioni da Arpa, Vigili del fuoco, Asp e da ogni altro organo preposto alla cura dell’ambiente, per rendere la cittadinanza pienamente edotta su tutte le conseguenze”. Perché la domanda del giorno dopo, quando dalla Ecomac si sprigionava ancora abbondante fumo biancastro, è quella su cosa sia bruciato nei capannoni zeppi di scarti da riciclare.

PER APPROFONDIRE: Augusta, l’Arpa: nube di Pasquetta non è industriale, diossine non cercate

Informativa ai pm da Natura sicula e Punta izzo possibile: quanti rifiuti pericolosi c’erano?

I rifiuti incendiati dal fulmine.

L’informativa alla Procura di Natura sicula e Punta izzo possibile rivela come “tra i rifiuti che la Ecomac è autorizzata ad accogliere, vi sono anche 1.500 tonnellate annue di rifiuti pericolosi con capacità massima in contemporanea di 21 tonnellate. Tra questi si annoverano elettroliti di batterie e accumulatori, toner per stampa esauriti e contenenti sostanze pericolose, apparecchiature fuori uso contenenti clorofluorocarburi, tubi fluorescenti e altri componenti contenenti mercurio“. Quante tonnellate di queste bombe ecologiche c’erano nell’impianto di trattamento, quando sono divampate le fiamme? E cosa c’era di preciso nei depositi andati a fuoco? “La caduta della linea elettrica ad alta tensione nel piazzale esterno al capannone, che sarebbe stata all’origine dell’incendio, figurava tra i possibili scenari incidentali. I tecnici della Regione avevano pertanto prescritto di destinare le aree più prossime alla linea elettrica, ‘esclusivamente per i materiali non combustibili (vetro e metallo)’, rispettando in ogni caso una distanza di sicurezza non inferiore a 5 metri dalle ecoballe”.

PER APPROFONDIRE: La ripartenza di Assindustria: rivedere i piani paesaggio e qualità dell’aria

Incidente previsto e prescrizioni dettagliate per evitarlo: cosa non ha funzionato?

La zona Asi monitorata dalla protezione civile.

Prescrizioni molto dettagliate, secondo quanto notano le due associazioni ambientaliste. “Volte a prevenire e ridurre al minimo il rischio di incidenti ambientali, e a predisporre adeguati interventi di risposta e gestione delle emergenze, considerando il pericolo di incendi come la principale minaccia da scongiurare. Alla Ecomac era stato pertanto imposto di dotare di copertura con tettoia e di setti divisori le aree esterne, destinate allo stoccaggio dei rifiuti, limitando a 3 metri l’altezza dei cumuli e dei setti”. Ora Natura sicula e Punta izzo possibile vogliono “accedere ai piani di emergenza (interno ed esterno) dell’impianto, e rendere noti gli esiti delle analisi ambientali condotte a seguito dell’incendio. Tuttavia vogliono pure “i verbali dei controlli periodici dalla data di messa in esercizio dell’impianto, nell’ambito dell’attività di vigilanza posta dalla legge a carico del Libero consorzio, anche avvalendosi dell’Arpa”. La Srl con sede legale a Siracusa ma con impianto ubicato in zona Asi, nella contrada augustana di San Cusmano al confine col territorio di Melilli, ha un fatturato di oltre 3 milioni di euro l’anno. Realizzato “ricercando per la clientela le condizioni economiche più vantaggiose per il recupero del rifiuto prodotto”. Il valore dell’investimento, secondo quanto dichiarato nella richiesta di Via alla Regione, è stato di 230 mila euro. Quale arrosto c’era sotto quella nube nera del 22 agosto, per saperlo si è dovuti arrivare al 24 sera. Quando sono stati diffusi i dati delle stazioni di monitoraggio, dove “non si evidenziano picchi di concentrazione o valori anomali che possano essere correlati in modo specifico all’evento incidentale”. In sostanza, è tutto a posto. Allora se qualcuno si è sentito male, avrà mangiato pesante.

PER APPROFONDIRE: Piano aria da rifare, il Tar: si basa su dati vecchi e centraline fuorilegge
Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

Lascia un commento:

Top