Augusta, l’ultimo andreottiano ritrova la Dc: Beneventano con Italia Viva ERROR404.ONLINE di Massimo Ciccarello Scritto giovedì, 14 Novembre, 2019 00:01 Ultimo aggiornamento martedì, 2 Marzo, 2021 23:39 AUGUSTA – Si scrive Italia viva, si pronuncia Dc. Almeno ad Augusta, dove l’ultimo degli andreottiani in servizio ha trovato nel partito di Matteo Renzi quel “Centro di cui c’è evidente bisogno”. Si tratta di Alfredo Beneventano del Bosco, l’unico democristiano della città sopravvissuto in sella sia alla Prima che alla Seconda Repubblica. E approdato come consigliere comunale nella Terza segnata dal #cambiamento 5 Stelle, del quale però non vuole nemmeno sentire parlare. Perché questo medico radiologo dai capelli e pizzetto bianchi, che va ad affiancare nell’avventura renziana gli scalpitanti ragazzi di “Bella storia“, dice che “bisogna dialogare con tutti in vista alle amministrative”. Tranne che coi grillini dell’amministrazione Cettina Di Pietro, “coi quali non c’è alcuna base politica e valoriale in comune”. No a intese elettorali coi 5S della “politica del rancore”. I pentastellati di Palazzo hanno scavato un solco profondo durante i loro 5 anni di mandato, all’insegna di quella che chiama “la politica del rancore“. Un mix di arroganza, scorrettezza e colpi bassi, che per la prima volta nella storia di Augusta aveva portato l’intera opposizione a disertare per mesi i lavori consiliari nei quali veniva persino negato il diritto di parola. Per esacerbare chi è cresciuto nella vecchia scuola demitiana della Democrazia cristiana palestra di resilienza, ce ne vuole. E ora che si deve cominciare a parlare seriamente delle amministrative 2020, l’Italia viva che immagina Beneventano chiude subito le porte al Movimento che convocava le commissioni, le capigruppo e i consigli negli orari più scomodi per l’attività professionale degli esponenti di minoranza. L’Aventino dell’opposizione per l’assenza di agibilità democratica in consiglio.Copertina, Alfredo Beneventano “A Costa occorreva portare una proposta del consiglio”. Ma questo “no” ai 5S non è (solo) politica della ripicca. Alla base c’è l’incompatibilità con un partito incapace di cultura istituzionale. “Basta vedere come è stato gestito Sergio Costa nella zona industriale. Un ministro dell’Ambiente non viene tutti i giorni, e non fa un giro turistico. La visita ministeriale in una città significa la possibilità di incontrare il territorio, a partire da chi lo rappresenta istituzionalmente. L’amministrazione avrebbe dovuto riunire il consiglio comunale, per elaborare un documento condiviso da poter consegnare come una proposta di legge. Le richieste preparate da don Palmiro Prisutto erano ottimi spunti, che potevano essere sposati da tutti per darvi maggiore forza, politica e istituzionale“. Invece sono state lasciate in mani ministeriali nella hall di un albergo a Catania, a fine giornata. Le invocazioni di un territorio soffocato dall’inquinamento e decimato dal cancro, consegnate con la stessa trafila delle suppliche da corte dei miracoli intorno un Potente. Beneventano: condivido la linea di Cafeo e Foti. Italia viva sembra avere idee chiare sulle amministrative, ma l’ingresso in consiglio comunale è al momento in punta di piedi. Il consigliere, eletto nel 2015 con la lista dell’aspirante sindaco pd Giambattista Totis, attende che i renziani prendano una forma partito. L’adesione al progetto al momento è più sostanziale che formale. “Condivido la linea di Giovanni Cafeo“, taglia corto Beneventano. Ma il deputato regionale siracusano, che nei giorni scorsi ha lasciato i Democratici per formare il gruppo che porta la Leopolda dentro l’Assemblea siciliana, era pure lo sponsor della replica alle comunali dell’accordo di governo coi 5 Stelle. Era anche riuscito a convincere alcuni dei vecchi rais del circolo Pd a superare le forti resistenze interne, su un’alleanza giallorossa in chiave locale. “La federazione #perAugusta è interlocutore valido”. Peppe Di Mare Cafeo adesso è salito su un’altra barca, Beneventano si sta imbarcando a ruota insieme all’area Foti, e Di Pietro si può scordare un puntello da quella parte anche se il deputato regionale le avesse garantito qualcosa. Finquando il “no grillini” arrivava dai giovani renziani di Manuel Mangano, il problema poteva essere sormontabile. Col consigliere di lungo corso ad aggiungersi all’elenco dei “mai con loro“, accordi calati dall’alto su questo argomento diventano quasi improponibili. Anche perché nel “dialogo a 360 gradi escluso M5s“, annunciato dal reduce Dc, la federazione #perAugusta che sostiene la sindacatura Peppe Di Mare è considerata“un interlocutore valido“. In pratica, si parla con tutti coloro che possano essere l’alternativa al bis “moVimento“. Una apertura che ha l’effetto collaterale di rilanciare le chance centriste del capogruppo del Misto, dopo la chiusura arrivata da Massimo Carrubba. Il nodo Carrubba e del candidato d’area centrosinistra. L’ex sindaco uscito immacolato dallo scioglimento per inesistenti infiltrazioni mafiose, dopo l’abdicazione della nuova segreteria provinciale Pd sulle questioni augustane, si è ritrovato nel ruolo di grande tessitore per un’area che ha espresso tutti i sindaci prima dell’era grillina. E la prima dichiarazione nelle vesti di king maker in pectore era stata un inequivocabile “è chiaro che questo fronte non può non esprimere una propria candidatura, che mi auguro sia autorevole e competitiva”. Che Di Mare di punto in bianco possa far dimenticare la sua storica connotazione di centrodestra all’area opposta, cooptandola del suo progetto grazie ai renziani, appare azzardato. Ma sicuramente l’entrata in scena di Italia viva carrozzata Dc apre nuovi scenari e smantella vecchi steccati. Bocciate le primarie: chi garantisce gli accordi? Beneventano boccia l’ipotesi primarie per la scelta di un candidato condiviso, che da oltre un anno Facciamo squadra chiede a gran voce per il centrosinistra senza nemmeno ottenere uno straccio di risposta. Anche se adesso Giovanni Bonnici e i suoi potrebbero trovare dalla lista civica Augusta 2020 un inaspettato sostegno su questa soluzione, considerato il loro capogruppo consiliare Marco Niciforo sta restando col cerino in mano. Ma da vecchio andreottiano, il neo-consigliere renziano la considera più una furbata che una soluzione:“Dove sono i partiti, e dove sono le segreterie che dovrebbero organizzare una consultazione?”. Il ragionamento è che una piattaforma comune fra realtà magmatiche può nascere solo con ruoli definiti, e garantiti da chi può blindarli dai voltafaccia. Solo dopo si può ipotizzare di primarie se non c’è unanimità su un nome. Perciò chi si sieda al tavolo deve davvero rappresentare qualcuno o qualcosa. Altrimenti è solo improduttiva autoreferenzialità. Cioè, aria fritta.