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Storia della politica: le istituzioni della Grecia classica

Ultimo aggiornamento giovedì, 7 Dicembre, 2017   20:25

Dopo le “prime forme di governo dell’Umanità”, lo storico Giuseppe Gargano ci porta nella storia delle Grecia classica

Storia della politica: le prime forme di governo dell’Umanità. Dalle formiche alle donne di potere

Le invasioni dei dori, degli eoli e degli ioni, che occuparono l’intera Grecia, le coste dell’Asia Minore e tutte le isole egee, determinarono, agli inizi dell’età del ferro (X secolo a.C.), il superamento delle monarchie assolute e l’affermazione dell’aristocrazia, il governo dei migliori. I dori, popolazione eminentemente guerriera, occuparono il Peloponneso, facendo diventare Lacedemonia città principale di quella regione. Da quel momento in poi essa muterà nome: sarà nota con l’appellativo di Sparta. Così gli spartiati costituirono l’aristocrazia militare dominante, mentre la primiera popolazione micenea scese al rango di schiavi e fu individuata con il nome di iloti. Intermedia fu la classe dei perieci, uomini semi-liberi che svolgevano varie attività economiche, privi della possibilità di accedere alle cariche pubbliche.

Lo statista spartano Licurgo

L’OLIGARCHIA
Lo statista spartano Licurgo codificò per la polis e il suo territorio una forma di costituzione, fondata sull’oligarchia, cioè il governo di pochi. Cinquemila spartiati formavano l’Apella, un’assemblea che approvava o respingeva le leggi, alla cui applicazione provvedevano cinque efori, che amministravano la giustizia e s’interessavano dell’educazione dei giovani. Vi era poi la Gherusìa, composta da ventotto membri, che avevano il compito di dichiarare la guerra o di stabilire la pace. Reminiscenza dell’antica monarchia erano i due re, ai quali era affidato soltanto il comando dell’esercito. Onde prevenire eventuali colpi di Stato da parte di questi ultimi, che avrebbero potuto tentarli manu militari, cioè con la forza delle armi, il loro operato era controllato dagli efori. L’oligarchia militare spartana formava i quadri dell’esercito sin dalla tenera età, lasciandoli in servizio attivo fino ai sessant’anni. Nonostante questo aspetto decisamente militare, la politica estera spartana non fu propriamente imperialistica: infatti gli spartani, dopo aver assicurato la loro egemonia nel Peloponneso, crearono una rete di alleanze con città-Stato greche ubicate perfino nell’Italia meridionale.
Le altre due popolazioni indoeuropee che avevano invaso la Grecia occuparono altre aree: gli ioni si diffusero tra l’Attica, le isole egee e le coste dell’Asia Minore; gli eoli si stabilirono nella Beozia. La principale città ionica fu Atene, praticamente un villaggio nell’età micenea, che si proiettò verso i commerci marittimi; la Beozia fu, invece, guidata da Tebe, città dalle origini mitiche, rintracciabili nell’omonima capitale egizia.

ATENE E DRACONE, PRIMO LEGISLATORE

Dracone, primo legislatore ateniese

Atene, dal toponimo plurale denotante una realtà urbana composta dalla fusione di sparsi villaggi abitati da distinte tribù, entro il IX secolo abolì la monarchia, sostituendola con l’aristocrazia, cioè il governo dei migliori, coloro che si erano distinti e affermati per le imprese compiute e per la consistenza patrimoniale ottenuta. In quel tempo Dracone fissò per iscritto le norme del diritto consuetudinario, diventando il primo legislatore ateniese. Il suo sistema di leggi fu d’impronta aristocratica. Intanto s’intensificavano e perfezionavano i commerci marittimi, diretti verso la Fenicia, l’Egitto, le coste dell’Asia Minore, l’Italia. L’aristocrazia gestiva tali attività economiche, che gradualmente venivano condotte anche da individui di classi inferiori.

IL MITO DI ATLANTIDE

Santorini e il mito di Atlantide

Il contrasto che venne fuori tra i vecchi aristocratici e i parvenus fu risolto da Solone, il quale aveva fatto esperienza in Egitto, dove aveva conosciuto il mito di Atlantide, il continente sommerso abitato da una civiltà di semidei, distrutto da Zeus perché questi si erano uniti con i mortali. E’ molto probabile che Atlantide coincidesse con l’isola di Thera (odierna Santorini) e che la sua popolazione fosse la civiltà minoica. Solone fu l’autore della costituzione timocratica, che affidava le cariche di governo in base al censo. Così egli distinse le classi sociali secondo un censo crescente: teti, zeugiti, cavalieri, pentacosiomedimni; tutti insieme costuivano l’Ecclesìa come assemblea di tutti i cittadini. I teti formavano l’elettorato passivo; zeugiti, cavalieri e pentacosiomedimni facevano parte dell’Eliea, il tribunale del popolo. Il potere esecutivo era affidato a nove arconti, eletti da cavalieri e pentacosiomedimni, che erano l’elettorato attivo; questi arconti al termine del loro mandato entravano a far parte dell’Aeropago, un organo di controllo, che amministrava pure la giustizia. Questo articolato sistema di governo rivoluzionò la società, fungendo da regolatore nel quadro economico e mercantile. Ma non ebbe una lunga durata, perché fu travolto dalla corruzione. L’ordine fu ripristinato dalla tirannia di Pisistrato, che non si limitò a governare Atene con la forza militare, ma, forse con lo scopo di fondare il suo potere assoluto sul consenso, promosse importanti riforme sociali, che prendevano in considerazione le classi meno abbienti.

LA DEMOCRAZIA, IL GOVERNO DEL POPOLO
Aprì in tal modo le porte alla democrazia, il governo del popolo. Clistene fu l’ideatore del primo sistema democratico della storia. Innanzitutto considerò il territorio della polis in dieci tribù, ciascuna delle quali era distinta in tre distretti (trittìe) o gruppi di demi, distribuiti tra città, costa e area interna. L’insieme delle trenta trittìe costituiva l’Ecclesìa, cioè l’assemblea di tutti i cittadini, che aveva il compito di approvare o respingere le leggi. Queste erano proposte dalla Bulè, formata da cinquecento membri, nominati cinquanta per tribù. Quindi ogni tribù eleggeva un arconte e uno stratega: l’Arcontato, che nominava l’arconte eponimo, il quale dava il nome all’anno, aveva il potere esecutivo; gli strateghi erano comandanti militari. Le prerogative della Bulè erano consistenti: i cinquecento proponevano le leggi, controllavano l’operato degli arconti e dell’esercito, gestivano le finanze, s’interessavano di politica estera. Il potere giudiziario era affidato all’Eliea, il tribunale del popolo eletto dall’Ecclesìa per estrazione a sorte. La democrazia di Clistene non era affatto la democrazia moderna; essa si differenziava sostanzialmente dalla nostra per due evidenti motivi: non contemplava il suffragio universale, non considerava affatto le donne e non eliminava la schiavitù. Ma quello era il VI secolo a.C. e non il XXI d.C.!

L’ETA’ DI PERICLE

La democrazia ateniese produsse Pericle, che possiamo a giusta ragione definire figlio di Pisistrato, in quanto tiranno democratico. Egli si metteva in discussione continuamente, facendosi rieleggere ogni anno e superando ripetutamente il partito opposto degli aristocratici. L’Età di Pericle resterà per sempre incisa nel grande libro della Storia. Egli migliorò le condizioni socio-economiche del popolo, costruì imponenti edifici pubblici e religiosi, favorì lo sviluppo del porto del Pireo, che collegò alla città mediante le lunghe mura. Sotto la sua amministrazione fiorirono le arti, grazie alle grandi opere scultoree e architettoniche di Fidia, Scopa e Prassitele: l’acropoli con il Partenone, l’Eretteo e le Cariatidi divenne il simbolo di una città prospera ed evoluta. Pericle perseguì un’abile strategia militare in politica estera, guidando la lega attica o di Delo, una politica improntata sull’egemonia ateniese in Grecia e sull’imperialismo marittimo ed economico. Egli progettò l’annientamento della lega del Peloponneso comandata da Sparta, provocando la guerra e applicando una strategia vincente, che consisteva negli attacchi marittimi della flotta ateniese contro i centri rivieraschi del Peloponneso alleati di Sparta e cercando di isolare l’esercito nemico che aveva invaso l’Attica, facendo terra bruciata davanti allo stesso.

LA PESTE AD ATENE
Il suo progetto sarebbe riuscito se non fosse sopraggiunto un evento imprevisto: la peste, che decimò la popolazione ateniese, aumentata vertiginosamente a 200000 anime a causa del rifugiarsi tra le mura degli abitanti della regione; nel contempo mietè numerose vittime anche tra i soldati invasori e provocò la morte dello stesso Pericle. Gli aristocratici ateniesi, formati soprattutto da mercanti interessati ai traffici e di conseguenza contrari alle guerre, firmarono con Sparta la pace di Nicia. Ma dopo breve tempo i democratici tornarono al potere.

LA SPEDIZIONE CONTRO SIRACUSA

L’antica Siracusa

Il loro leader Alcibiade, nipote di Pericle, organizzò una poderosa spedizione navale contro Siracusa, polis democratica ma alleata di Sparta, per punire il suo intervento a favore di Selinunte in guerra con Segesta. Quest’ultima città della Sicilia occidentale era abitata dagli Elimi, una popolazione derivata dai troiani del fondatore Aceste. Ma gli aristocratici si opponevano all’impresa. Poco prima della partenza per la Sicilia accadde un fatto increscioso: furono danneggiate le herme, teste del dio Hermes poste agli angoli delle insulae che costituivano i nuclei urbanizzati del reticolato ippodameo sul quale era impostata la forma della città di Atene. Ne derivò un appassionato processo, al quale Alcibiade non prese parte, perché decise di non arrestare la sua missione. Purtroppo fu condannato in contumacia; inoltre l’intervento degli spartani in Sicilia provocò la sua sconfitta, mentre numerosi prigionieri ateniesi perivano nelle prigioni delle Latomìe.

FALSI TESTIMONI, ALCIBIADE INNOCENTE
I giudici ateniesi avevano dato retta alla testimonianza secondo la quale collaboratori di Alcibiade sarebbero stati individuati nell’atto sacrilego di mutilare le sacre immagini a notte fonda grazie alla luna piena.
I calcoli astronomici da me effettuati hanno, però, provato che in quella notte la luna era all’inizio del primo quarto, per cui la sua sottile falce dava poca luce e inoltre essa era già tramontata a prima sera. Così i testimoni erano falsi e Alcibiade innocente, vittima della congiura degli aristocratici, che non volevano la guerra.

SE ATENE PIANGE, CERTO SPARTA NON RIDE
La loro politica estera si dimostrò assolutamente negativa: sappiamo che le vicende successive determinarono la caduta di Atene, anche se la vittoria di Sparta fu effimera, come ricorda il celebre detto: << se Atene piange, certo Sparta non ride! >>. La rapida e breve affermazione di Tebe e della sua falange non fece altro che aprire la strada alla realizzazione di una monarchia nazionale sotto la guida di Alessandro Magno, formatosi alla scuola di Aristotele.

PLATONE NELLA SUA REPUBBLICA

Platone, inventore del governo dei tecnici

Platone, nella sua Repubblica, mette a frutto la sua esperienza di conoscitore profondo della politica. Egli afferma che le migliori forme di governo sono la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia. Esse hanno, comunque, le loro rispettive forme di degenerazione: la tirannide, l’ oligarchia e la demagogia. A tal proposito scrive: << Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino a ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono chiamati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari e non è più rispettato; che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendono gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia >>. Platone non a caso definisce mala pianta la tirannia. Leggendo tra le righe il suo scritto, si intuisce che in una situazione demagogica, alimentata dai mescitori di libertà sotto forma di licenza, viene innaffiata la mala pianta della tirannia da parte proprio di quei coppieri che saranno i futuri tiranni.

SIRACUSA E LA TIRANNIDE DEI GERONE
Così accadde a Siracusa, dove si affermò la tirannide della dinastia dei Gerone. Si narra che una vecchietta elogiasse pubblicamente uno di questi tiranni, considerato crudele e scellerato dall’opinione pubblica; pertanto, ella fu arrestata e portata al suo cospetto. << Vuoi prendermi in giro? Tutti mi odiano. Bada che ti farò decapitare! >>. Asseriva il tiranno. Ma la vecchia lo convinse della sincerità del suo comportamento: << Dico il vero e ora te lo dimostrerò. Molti anni fa, quando ero giovane, vi era un tiranno cattivo; tutti pregavano gli dei per la sua morte, che avvenne presto. Il suo successore era ancora più violento, per cui il popolo gli augurò la fine. Dopo di lui sei venuto tu, il più crudele e malvagio. Considerato il pregresso, ti auguro di vivere a lungo! >>.

Dracone, Solone, Pisistrato e Clistene

PLATONE E L’IDEAZIONE DI UTOPIA
Di fronte a tali situazioni e alla luce dei suoi studi, Platone avanzò la sua proposta nell’ideazione di Utopia, il luogo che non c’è. Egli fu l’inventore del governo dei tecnici, saggi esperti in vari settori, che nel periodo di amministrazione della cosa pubblica avrebbero dovuto mettere i loro beni in comune (comunismo platonico), per evitare di cadere nella tentazione della corruzione.
L’antichità classica riserva un singolare e significativo caso di democrazia compiuta. Si tratta della democratica polis di Elea (Velia), alleata di Atene e governata nel V secolo a.C. dai filosofi Parmenide e Zenone. La cultura al potere produsse un risultato di socialdemocrazia ante litteram, come afferma il filosofo Vincenzo Ferrazzano nel suo saggio Parmenide la Porta del tempo. La polis eleatica aveva creato un’industria di Stato, che produceva blocchi di pietra per costruire case private ed edifici pubblici.

 

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