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Augusta, l’Arpa: nube di Pasquetta non è industriale, diossine non cercate

Ultimo aggiornamento mercoledì, 3 Marzo, 2021   13:38

AUGUSTA – Non è stata di origine petrolchimica la nube tossica che nella notte fra Pasqua e Pasquetta ha letteralmente “soffocato” alcuni quartieri di Augusta. Lo hanno inequivocabilmente accertato i laboratori dell’Arpa, dopo le analisi sui campioni raccolti con il Canister. I parametri delle sostanze riferibili alle attività degli stabilimenti, infatti, sono risultati tutti nella norma. E quando hanno registrato valori più alti, come nel caso del benzene, quei picchi sono stati definiti abituali per l’area“. Insomma, anche quando le centraline hanno trovato qualcosa, si tratta di quantità e tipologie che non possono spiegare la puzza acre con cui si è svegliata mezza città. Nulla perciò riporta a quei “maggiori gestori degli impianti della zona industriale“, che la sindaca Cettina Di Pietro aveva dichiarato di aver subito “contattati per le vie brevi”. I quali le avevano correttamente “comunicato che non hanno disservizi in corso”. Ora resta da vedere se il Comune si era comunque attivato per cercare cause diverse dalle attività di raffinazione. Perché pure l’analisi dei venti, svolta attraverso i modelli di propagazione elaborati in collaborazione con il Cnr, ha confermato che l’origine della “emissione odorigena” è riconducibile a una fonte prossima al bacino portuale. Come d’altronde avevano constatato decine di telefonini nelle prime ore del 13 aprile, quando hanno fotografato una strana nube giallognola che stazionava sopra il golfo Megarese.

PER APPROFONDIRE: Augusta, a Pasquetta “soffocati” in casa e non per colpa del Coronavirus

Dati Canister e centraline studiati a Siracusa e Palermo.

Il professor Luigi Solarino.
Copertina, il report 13/4/2020 del Cipa.

L’indagine sui campioni, presi immediatamente dopo le 800 segnalazioni registrate con l’app Nose, è stata effettuata in sinergia fra i laboratori Arpa di Siracusa e di Palermo. Anche l’interpolazione coi dati raccolti dalla rete di rilevamento del Libero consorzio, ha escluso la presenza di sostanze fuoriuscite dai camini delle raffinerie. Le analisi ora proseguono alla ricerca delle molecole solforate, che sono uno dei parametri studiati sulle cosiddette essenze. Ma da queste investigazioni scientifiche manca la diossina, che per tipologia di odore ed effetti sull’apparato respiratorio è stata il principale imputato sin dai primi momenti. A indicare esplicitamente quella sostanza, già poche ore dopo il fenomeno, era stata l’associazione ambientalista Decontaminazione Sicilia. Il presidente Luigi Solarino, già docente di Chimica industriale all’università di Catania, l’aveva sospettata per diretta esperienza personale, oltre che per la sua preparazione scientifica. Dato che abita in uno dei quartieri più in prossimità del porto. Eppure le ricerche specifiche non sono nemmeno iniziate.

Nessuno ha prelevato i “feltrini” per cercare diossine.

All’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente spiegano che si tratta di analisi che vanno condotte su un periodo di tempo più lungo, analizzando le polveri sottili depositate sui feltrini“. Si tratta di filtri per raccolta del micro particolato, compreso quel Pm10 noto per le sue capacità di penetrare negli alveoli polmonari. La centralina piazzata ad Augusta proprio davanti la rada portuale, e le altre dislocate nei punti strategici del territorio, ne sono dotate. Ma sembra che nessun tecnico sia stato incaricato di raccoglierli, per poter analizzare l’eventuale presenza di diossina. Con gli organici ridotti e l’ufficio a mezzo servizio per il rispettare il droplet imposto dalle misure anti-coronavirus, le indagini sul territorio si sono ristrette a quanto raccolto col Canister portato subito in giro dai vigili urbani. Nonché alle interviste prese a Pasquetta dall’ispettore ambientale, direttamente negli insediamenti che si affacciano sul golfo Megarese. La ricognizione non avrebbe trascurato nemmeno le realtà più piccole, come a esempio l‘inceneritore di Punta Cugno. Che nel 2013 è stato oggetto di una sentenza di condanna in primo grado proprio per inquinamento da diossina “mille volte superiore” al consentito, accusato nel 2008. Gli altiforni nel frattempo sono stati rimodernati con tecnologia svedese, e dall’impianto non sono state segnalate anomalie durante le festività pasquali 2020.

Esclusi anche miasmi dagli scarti di legname al porto.

L’ispezione dell’Arpa lungo la costa del Petrolchimico non ha trascurato nemmeno gli stoccaggi del porto commerciale. Dove si trovano accatastate alcune tonnellate di cippato“, uno scarto di legname trattato con resine e prodotti igienizzanti perché di provenienza estera. Ma l’altezza limitata dei cumuli e l’assenza visibile di fumarole, già di primo acchito lo aveva reso poco probabile come origine della nube tossica. I risultati di laboratorio hanno confermato che quei trucioli non c’entrano nulla con “emissioni di gas di quella entità”. La cui tossicità è testimoniata pure da una denuncia presentata alla Procura dalla presidente del consiglio comunale di Augusta, Sarah Marturana. Secondo quanto scrive la seconda carica istituzionale della città, nell’esposto diffuso in copia anche alla giunta e ai consiglieri, lei stessa è stata vittima di “un fortissimo e acre odore molesto che ha causato problematiche fisiche quali broncospasmi, bruciore al petto“. Mentre di un altro familiare presente nella sua residenza al centro storico, ha denunciato “bruciore agli occhi“. Ora resta da vedere se la sua iniziativa giudiziaria, inoltrata anche alle forze dell’ordine e alla direzione dell’Asp, ha messo in moto almeno le indagini del suo assessorato municipale all’Ecologia.

foto allegata alla denuncia diffusa da Marturana.

I chimici: nessun incendio segnalato, sono esalazioni.

Una delle poche cose che l’Arpa è stata in grado di appurare scientificamente è che quella “forte nube giallognola” fotografata a “coprire la città”, come certificano l’esposto e decine di testimonianze sui social“non si può definire fumo”. Dora Profeta, responsabile dei Controlli ambientali” a Siracusa, spiega che “i fumi si originano da attività di combustione inferiore agli 800 gradi”. Mentre Anna Maria Abita, dirigente chimico regionale per Qualità dell’aria, puntualizza che “da una richiesta di informazioni subito effettuata con i pompieri della zona, si è appreso che non ci sono stati incendi, né in territorio di Augusta né in quello di Lentini“. Escluso quindi che qualche raffica da nord-ovest, registrata in quella giornata, possa aver portato e concentrato sopra Augusta qualcosa originato nel Lentinese. Gli esperti, perciò, più correttamente parlano di emissioni“. Ma chi potrebbe generarne del tipo avvertito dai nasi augustani e segnalato al Nose siracusano, considerato che “le stazioni di monitoraggio non hanno trovato particolari concentrazioni di idrocarburi non metanici?”.

Ipotesi discarica abusiva, giallo sui controlli del Comune.

Le diossine possono arrivare teoricamente pure dalle discariche. Perché “nei rifiuti solidi urbani indifferenziati c’è spesso presenza presenza di cloro“, spiega ancora la chimica Profeta. Però devono essere molto grosse per provocare una nube così impattante, tanto sul piano visivo quanto sugli effetti respiratori provocati. Per quanto gigantesca, quella lentinese della “Sicula trasporti” è troppo lontana, e poi lì non c’è stato nessun intervento dei pompieri. Quella della Cisma a Melilli, anche se molto più piccola, potrebbe forse avere le dimensioni sufficienti, in particolari condizioni. “Tuttavia l’analisi sui venti la esclude“. Si torna quindi al punto di partenza: cioè in qualcosa che si è originato in prossimità dell’area portuale. Senza le analisi sulle diossine“la cui procedura non è stata attivata“, resta l’indagine sul territorio come unica possibilità di risalire alla fonte inquinante, e impedire un ripetersi del fenomeno. I “detective” dell’Arpa hanno passato al setaccio quanto rientra nei loro protocolli. L’unica ipotesi che non è stata scandagliata è quella dell’auto-combustione in eventuali discariche abusive. Però cercarle spetta a chi ha questo compito di vigilanza sul proprio territorio, che non può limitarsi a una telefonatina al comodo capro espiatorio delle raffinerie. Nè a un semplice “compulsare tutti i canali a disposizione”, che suona di scaricabarile. Ci sono provvedimenti che sono propri di un Ente territoriale, che ha specifiche competenze in tema di utilizzo del suolo e di salute pubblica. Ma il Comune ha mai messo in moto le proprie pattuglie di Polizia municipale, per un immediato sopralluogo ricognitivo nelle campagne?

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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