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Stop veleni su Augusta:”il cancro uccide 1 su 2 e prima dei 67 anni”

AUGUSTA – Augusta é dove le lapidi cimiteriali raccontano che quasi la metà non è vissuta oltre i 67 anni. Augusta è dove un annuncio funebre su due avverte che è una vittima del cancro. Augusta è dove il boom di mortalità per tumore era stato previsto già 40 anni fa, dalle proiezioni statistiche all’università di Catania. Augusta è dove i risultati dei saltuari screening mammografici non vengono resi pubblici. Augusta è dove una comunità non si rassegna a essere un “non luogo”. Il 28 ottobre un pezzo di Augusta chiamato a raccolta da Stop veleni è sceso in strada, accompagnato dal sindaco Giuseppe Di Mare e dalla sua giunta, per dire che “non possiamo aspettare di morire ma dobbiamo lottare per vivere”. Più di un centinaio sono partiti di prima mattina dal camposanto, quasi a raccogliere il testimone di chi vi riposava dopo aver perso la battaglia col male, e ora marciava con loro attraverso una foto appesa al collo. Un corteo arrivato in piazza Duomo accolto dalle campane di mezzogiorno, dopo alcune soste in Borgata come altrettante stazioni di una Via crucis particolare. Dove le denunce di don Palmiro Prisutto davanti le bacheche mortuarie si sono alternate ai contributi artistici della “Compagnia del cactus“, degli Antudo con le loro marionette, e di Andrea “Unnico” D’Amico col suo cane ammaestrato Yaya. Performance dove il no alla malattia come prezzo ineludibile per tirare a campare, si è trasformato in un inno alla vita, e alla gioia di vivere senza la paura che da un momento all’altro un referto medico arrivi come una condanna capitale.

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Documento di Stop veleni alle istituzioni: urgente una presa di posizione del sistema sanitario.

“La gente che oggi è scesa in piazza pacificamente, e che con convinzione ha manifestato il proprio disagio verso una condizione ritenuta ormai inaccettabile, comunica qui tutto il proprio sconforto e chiede immediati ed opportuni provvedimenti“. Si conclude così il lungo documento che il Comitato ha inoltrato ai Comuni dell’Area a rischio di crisi ambientale, nonché alla prefettura, all’Asp, alla commissione regionale Sanità e al ministero dell’Ambiente. Perché, ha spiegato la portavoce Cinzia Di Modica al megafono, “i cittadini possono manifestare ma poi tocca alle istituzioni agire: a partire dai sindaci, che sono i responsabili della salute pubblica“. La denuncia evidenzia che i “lamentati e continui miasmi di origine industriale ingenerano preoccupazione diffusa, al punto che può dirsi colma ogni misura di tolleranza“. Segnala che “i cittadini chiedono un’immediata presa di posizione anche alla luce dei report di Arpa, che registrano una pessima qualità dell’aria in conseguenza dei ripetuti alert scattati mediante il sistema Nose“. Avverte che “la paura ingenerata dai numerosi casi di morte prematura per causa di cancro, necessita di un’urgente presa di posizione da parte del sistema sanitario locale e regionale”. E puntualizza che “nessuna comunicazione è pervenuta dall’Osservatorio regionale di sanità, né aggiornamento alcuno dagli istituti regionali e provinciali di epidemiologia“.

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Sindaco e giunta sfilano con gli ambientalisti. Triberio, Pd: positivo ma ora atti consequenziali.

Il documento conclusivo della “Manifestazione per il diritto alla vita, mette in chiaro come “urgente appare un aggiornamento degli studi epidemiologici e sanitari”. Così come “parimenti improcrastinabile appare l’individuazione delle criticità del sistema sanitario locale, al fine di migliorare le cure disponibili in ambito oncologico e non solo”. Un tema sempre più avvertito, aldilà dei numeri di chi è sceso in piazza. Tanto che in strada è tornata la politica bipartisan, anche se con sfumature diverse. Quella grillina ha ripreso l’originario piglio barricadero, con la capogruppo Roberta Suppo a inalberare un cartello con un “cambiamo aria” che si presta a letture multiple. Il consigliere dem Giancarlo Triberio diffonde una dichiarazione dove considera “positiva la partecipazione di tutta l’amministrazione, minoranza e maggioranza, alla manifestazione che ha unito la cittadinanza su un tema che non ha colore politico”. Ma avverte però i “marciatori” di Palazzo che ora occorre “seguano passi concreti, da tutti coloro che hanno potere e possibilità di fare qualcosa, istituzioni in primis”. Di Mare, richiesto di una dichiarazione sull’inedita presenza in forze della sua giunta, parla di “tema salute che interessa tutta la città e quindi chi la rappresenta”. Il sindaco però non concorda su un problema sanità pubblica specifico per Augusta, perchè “anzi l’ospedale ha avuto visibili miglioramenti”. Prime avvisaglie che una convergenza ideale sulla tematica, sia destinata a diventare divergenza concreta sulle cose da fare, soprattutto se si tratta di affrontare l’argomento del greenwashing?

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Don Prisutto: in aula consiliare Giacinto Franco oggi troppi atti che non avrebbe mai votato.

Lo stesso don Prisutto non si fa illusioni:“Nell’aula consiliare dedicata a Giacinto Franco, molte volte ho visto passare progetti che non avrebbe mai approvato”. Stop veleni aveva invitato anche il clero e le parrocchie a scendere in piazza col distintivo Vogliamo vivere“, ideato e realizzato a proprie spese dall’artista Elena Lucca. Ma ancora una volta l’ex arciprete si è ritrovato da solo, a ribadire che “se c’è qualcosa di sacro e di santo è il diritto alla salute e alla vita”. Forse i prelati temevano di fare il vaso di coccio fra i vasi di ferro che inalberavano striscioni dal tenore “Salus populi suprema lex: tagliare la sanità in area a rischio come Augusta è crimine di Stato, “Difendiamo la nostra terra”, “Abbiamo paura da morire e di morire”, “Morti di cancro ad Augusta: lo Stato finge di non vedere e non sentire”, “Chiediamo giustizia per i nostri morti di cancro (e di lavoro)”, “Ricatto occupazionale: vita e salute non sono merce di scambio”, “All’ospedale di Augusta pochi anni fa si nasceva, ma senza ospedale si muore soltanto” . Però la compostezza della protesta ha smentito quei timori clericali, se davvero erano di tale natura. Il pacifico corteo, sfilato con una colonna sonora che spazia dai Modena city ramblers agli Abba, deve aver tranquillizzato le stesse forze dell’ordine. Dispiegate in un visibile e corposo servizio di controllo, padre Palmiro li ha tirate in causa con un “grazie che ci hanno scortati”. Sulle loro riprese video ai fini di ordine pubblico, il sacerdote commenta che “sarebbe più giusto identificare quelli che ci hanno costretti a scendere in piazza”.

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“Già nel 1980 le statistiche dell’università prevedevano nel 2000 un morto su due per cancro”.

Ma dal monsignore tornato a protestare davanti alla Matrice, dove aveva allestito una bacheca battezzata “Piazza Martiri del cancro” , arriva più un pungolo generale che una critica specifica sul servizio d’ordine. Perché la prefettura per la prima volta non ha ignorato l’invito a partecipare a una manifestazione dalle molte implicazioni. Anche se la nuova prefetta Raffaella Moscarella ha dovuto farlo declinare dalla sua segreteria, “a causa di concomitanti e indifferibili impegni assunti in precedenza”. D’altronde lo stesso don Prisutto ricorda che tutto è partito per merito delle istituzioni, quando raccolsero gli allarmi che partivano dal nascente movimento ambientalista. Erano le preture rette da giovani e idealisti magistrati che la stampa aveva battezzato “d’assalto”, e che aprirono la strada alla rivoluzionaria stagione di Tangentopoli. “La prima indagine epidemiologica seria su malformazioni e cancro fu effettuata nel 1980 dal dottore Franco (primario di un reparto Pediatra poi cancellato dal Muscatello, ndr) su ordine del pretore Antonino Condorelli che conduceva un’inchiesta. Dai dati raccolti e sottoposti all’università di Catania per elaborare le proiezioni statistiche, risultò che nel 2000 ad Augusta uno su due sarebbe morto di cancro. Ho iniziato a raccoglierne i nomi quando un impresario di pompe funebri mi raccontò che in un mese, su 11 funerali da lui curati, 8 riguardavano decessi per tumore. E oggi il 50 per cento muore prima di aver raggiunto 67 anni. Non voglio accusare nessuno, ma il denaro non può comprare il nostro silenzio”.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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