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Augusta, bonifiche Sin e screening tumori che non interessano più

AUGUSTA – Ad Augusta tornano le “magliette bianche” per le bonifiche, mai partite o rimaste appena abbozzate, come il modesto 12 per cento realizzato nel Petrolchimico. In contemporanea col resto d’Italia, l’11 dicembre una decina di attivisti si è radunata in piazza Castello per chiedere “la tutela della salute e dell’ambiente“, a nome di quanti “vivono all’interno o in prossimità di territori gravemente inquinati. E’ stato ancora una volta il comitato Stop veleni, ad animare una manifestazione che chiede il risanamento dei Siti di interesse nazionale. Individuati da una legge che risale al 1999, poi “profondamente modificata” nel 2006, e riadattata nel 2012 con la nuova mappa dei Sin. Tutto rimasto in gran parte lettera morta non solo nel sito di Priolo, classificato ad alto rischio sin dal 1998, ma pure in quelli derubricati “di interesse regionale”. Così come in quei territori “in cui gli standard di qualità ambientale comunitari per aria, acqua o suolo potrebbero non essere rispettati”. Ritardi e omissioni, che nemmeno le molte inchieste della magistratura sono riuscite a colmare. E che ora rischiano di diventare strutturali, con la deregulation che spira nei Palazzi del potere, compreso in quello del Comune appena promosso “Città“. Dove due nuovi impianti per rifiuti pericolosi stanno completando il loro iter, avvolti nel silenzio della politica.

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Deserto il sit in Magliette bianche, Di Modica: territorio saturo, continueremo anche in due.

a destra, Cinza Di Modica.

“Questo è un territorio saturo, e alle valutazioni di impatto ambientale bisognerebbe aggiungere anche quella di incidenza sanitaria, dichiara Cinzia Di Modica. La portavoce di Stop veleni avverte che “col decreto semplificazioni alcune valutazioni saranno bypassate, e questo rappresenta un rischio per la nostra zona”. Anche perché, fa notare, mancano gli anticorpi del Comune. “Avevamo chiesto a tutti i consiglieri una seduta consiliare sulle nuove discariche: risposta non pervenuta”, dice l’ambientalista. “Comunque non solo il consiglio comunale, ma anche la popolazione non sembra dare il giusto peso ai rischi per la salute”, aggiunge Di Modica. Dicendo di “comprendere gli operai, condizionati dalla necessità di portare il pane a casa. “Ma gli altri che sono liberi?”, si chiede l’attivista. Rispondendosi che “forse le nostre problematiche toccano alcuni interessi”. Nel sit in davanti il Milite ignoto non manca don Palmiro Prisutto. Mentre l’unica partecipazione riconducibile alla politica è quella di Chiara Tringali, consigliere grillina presente “come cittadina”. Per il resto nulla, compresi chi marciava e ci marciava in campagna elettorale. “Non importa, noi continueremo anche in due”, conclude la voce del Comitato.

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Stop veleni nella rete nazionale, documento per leggi più efficaci e sorveglianza ministeriale.

Sono nuovamente un pugno di “Magliette bianche” a tenere accesi i riflettori sulle bonifiche, scendendo in piazza per il terzo anno. Stavolta fanno parte integrante di una rete nazionale, e sostengono una lettera inviata a tre ministeri. Nonché alla Regione Siciliana e ai sindaci di Augusta, Priolo e Melilli. Un documento articolato dove “auspicano attuazione piena delle leggi esistenti”, ma anche “la creazione di nuove norme, con un ruolo operativo e di coordinamento del ministero dell’Ambiente“. Leggi più efficaci nella tutela della salute“, accompagnate da uno stringente crono-programma, insieme a nuoviprocedimenti amministrativi e penali rapidi ed efficaci”. In modo che “il principio ‘chi inquina paga‘ sia realmente rispettato, e siano finanziate le bonifiche anche dalle aziende colpevoli, con ristoro dei danni subiti dalla collettività“. Una posizione che mette un freno alla tentazione di barattare il risanamento, col mantenimento dei livelli occupazionali nella zona industriale. “L’iniziativa scaturisce dalla voglia di far rinascere i territori dove viviamo”, non solo attraverso spot pubblicitari ed eventi d’immagine. Bensì “facendo leva sulla nostra sensibilità di cittadini colpiti da decenni dall’inquinamento industriale, e desiderosi di vivere in ambienti salubri e bonificati”.

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Chiesta una Procura speciale per reati ambientali e norme di tutela legale per i residenti nei Sin.

Stop veleni sottolinea che la convivenza fra industria e ambiente può sensibilmente migliorare, “con le nuove tecnologie maturate dal progresso scientifico”. Ma si tratta di processi costosi, che fra l’altro affossano i bilanci aziendali in rosso e appesantiscono notevolmente quelli in attivo. Chiedono “stanziamenti di ulteriori risorse pubbliche, per garantire le bonifiche nei siti dove non è possibile rintracciare chi ha inquinato”. Fondi “per lavori necessari e urgenti”, poi da recuperare fra “chi sarà dichiarato colpevole dalla magistratura”. Una eventualità che nella zona industriale si scontrerebbe però con le scatole cinesi delle cessioni societarie, dove le nuove proprietà non rispondono degli obblighi in capo ai predecessori. Tuttavia l’inchiesta sul depuratore consortile Ias ha dimostrato che il problema inquinamento riguarda pure il presente. La lettera al governo chiede una Procura speciale ambientale e sanitaria”, specializzata sui reati connessi all’inquinamento, e una “normativa volta a favorire la tutela legale dei cittadini nei Sin”. Da accompagnare con un “programma minimo nazionale di controlli e sorveglianza a campione”. Affidato a un “coordinamento nazionale interforze”, in grado di verificare la “corrispondenza tra prescrizioni contenute nei vari procedimenti di carattere ambientale, ed l’attuazione dei piani per gli impianti a rischio di incidente rilevante”.

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Studi epidemiologici micro-geografici per le correlazioni statistiche fra cancro e inquinamento.

Magliette bianche italiane non dimentica la sorveglianza epidemiologica“. Se i costi delle bonifiche si scontrano con le difficili congiunture economiche, e le autorizzazioni ambientali con la velocizzazione burocratica necessaria per tenere il passo del mercato, sul monitoraggio dell’incidenza tumorale non dovrebbero esserci “controindicazioni”. A meno che non si voglia volutamente “nascondere” il problema, per assecondare narrazioni di comodo in vista di nuovi investimenti ad alto impatto. Il documento chiede una “effettuazione rapida dal ministero della Salute, per il tramite dell’Istituto superiore di sanità e dal Cnr coadiuvato dall’Istat, di studi epidemiologici micro-geografici per ogni territorio ospitante i Sin”. Ad esempio una recente campagna della Lilt sulla prevenzione mediante screening, ha trovato incidenza di tumori al seno “in linea col resto d’Italia”. Ma il dato riguardava la provincia di Siracusa nel suo complesso, mettendo nello stesso calderone statistico sia l’industrializzata Augusta che l’agricola Pachino, ricavando una media aritmetica che nella pratica non serve a nulla. Gli ambientalisti propongono invece al governo studi specifici per le zone inquinate, “finalizzati a stabilire eventuali possibili correlazioni tra cause ed effetti”.

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“Green card Sin” per screening gratuiti e continui sui rischi specifici dei siti contaminati.

Perché laddove la scienza non può ancora trarre conclusioni incontrovertibili, fra le varie forme di inquinamento ambientale e l’insorgenza di alcune specie di cancro, possono comunque arrivare “le analisi statistiche delle probabilità logiche di incidenza di patologie“. Un po’ come la cintura di sicurezza, cui non si può dimostrare inoppugnabilmente il ruolo di salvavita nel singolo incidente stradale, ma lo si può desumere dalla somma dei sinistri fra prima e dopo l’introduzione obbligatoria. Magliette bianche propone una speciale tessera sanitaria gratuita per tutti gli abitanti, pregressi o attuali, vicini od interni ad aree Sin”. Introducendo una green card Sin” per usufruire di “screening sanitari a cadenze regolari, per rischi specifici, stabiliti da linee guida predisposte dal ministero e specifiche per ogni sito”. E nel frattempo magari, a Roma come a Palermo, non sarebbero da trascurare gli ospedali nelle aree contaminate.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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