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Sasol, Pnrr per stare altri 50 anni. Legambiente: e le bonifiche?

AUGUSTA – Le bonifiche? “Quasi tutte completate, il resto manca solo per il ministero“. La qualità dell’aria? “Anidride solforosa quasi azzerata e ossidi di azoto ridotti del 42 per cento in dieci anni”. La transizione energetica? “Soltanto se lo Stato ci mette i fondi del Pnrr“. Sasol Augusta, l’ex Liquichimica salvata da Eni e poi ceduta ai tedeschi come Condea prima di finire nelle attuali mani sudafricane, solennizza il suo mezzo secolo di vita mettendo le carte in tavola. Lo fa il 25 settembre, durante l’open day in fabbrica per le famiglie dei dipendenti. L’occasione di presentare un volume celebrativo della ricorrenza, è sfruttata dal management per chiamare a raccolta la politica locale e chiederle una mano col governo. Il direttore Sergio Corso è esplicito, quando dice che “oggi celebra i 50 anni dello stabilimento e intende rimanere qui ancora per altri 50 anni, se il territorio fra squadra attorno all’industria e aiuti la stessa nella sfida della transizione energetica che passa attraverso grossi investimenti, anche tramite risorse pubbliche“. A sostenerlo in questa campagna davanti sindaci e deputati della zona, è arrivato l’amministratore delegato di Sasol Italia, Filippo Carletti. Nonché Jeans Straatman, vicepresidente per le operazioni in Europa e Asia. E Brad Griffith, vicepresidente esecutivo per il ramo Chimica della multinazionale quotata alla borse di Johannesburg e Wall Street. Quest’ultimo ha pure “annunciato che la società ridurrà a zero le emissioni che derivano dal fossile, entro il 2050″.

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La multinazionale: per la decarbonizzazione seguire il modello Germania nell’intesa con industrie.

Andrea Corso e Brad Griffith.
copertina, l’ingresso dello stabilimento Sasol di Augusta.

Per arrivare alla decarbonizzazione, gli industriali chiedono a Roma di seguire il modello Germania. “Dove è Angela Merkel a riunire le imprese per concordare le misure governative”. Altrimenti, e su questo sono chiari, “non c’è un ritorno economico per investimenti così ingenti”. Fra l’altro in un momento in cui si subisce “la grande competizione che viene dall’Asia e dal Medio Oriente“. Manforte arriva dal presidente di Confindustria Siracusa. “Il periodo più incerto della storia industriale della nostra zona, per via della epocale e onerosa transizione energetica”, lo definisce Diego Bivona. In sostanza, sintetizza Corso, alla politica chiedono di “dimostrare di voler accompagnare il settore chimico nel processo di transizione. Sono necessari grandi investimenti in nuove tecnologie, per le quali è imperativo l’accesso a finanziamenti pubblici. E molte delle opportunità passano per i prossimi due-tre anni, anche grazie al Pnrr, per il quale occorrerebbe fare più chiarezza”. Una necessità che si estende pure ai piani aziendali su questi fondi pubblici. La società, oltre che in Sicilia, ha uno stabilimento in Lombardia e un altro in Sardegna. “E’ previsto un piano investimenti che supera i 130 milioni di euro entro 2025”, scrive Angelo Sottosanti nel libro La Sasol e Augusta 50 anni di storia, parlando però dell’intero gruppo italiano. Allo stesso modo la pubblicazione riporta la tabella “Riduzioni delle emissioni 2020 rispetto al 2010”, indicando il dato medio complessivo delle 3 fabbriche: meno 95,9 di SO2, meno 60,6 per cento di NOx, meno 47,8 di CO. Quando tuttavia in sala viene proiettata la slide coi dati relativi al solo stabilimento augustano, le percentuali sono diverse. Se nel dato relativo all’anidride solforosa (SO2) lo scarto con la media societaria è minimo (-94% di emissioni), la differenza diventa significativa per gli altri due inquinanti: l’ossido di azoto (NOx) si è ridotto del 42 per cento, il monossido di carbonio (CO) è diminuito solo del 29 per cento. Quindi gli impianti di contrada Marcellino sono stati meno virtuosi di quelli sardi e lombardi, e forse più di altri bisognerebbero di “più chiarezza” sull’impiego degli aiuti pubblici per la transizione energetica.

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Il sindaco Di Mare: tavolo comune su crescita economica ma anche per ambiente e inclusione.

Il sindaco Peppe Di Mare, al tavolo primo a destra Jeans Straatman.

Quando il direttore locale di Sasol avverte che “è necessario il supporto di tutti per potere realizzare anche un libro sui prossimi 50 anni”, ad ascoltarlo ci sono due sindaci. Quello di Melilli, Giuseppe Carta, non si sbilancia. E si limita a ricordare “il supporto che i Comuni hanno avuto dalle raffinerie durante la pandemia, ringraziando il mondo industriale per il rispetto delle normative ambientali“. Il collega di Augusta, Peppe Di Mare, si fa invece meno influenzare dal parterre nella sala conferenze della multinazionale. Si dice d’accordo nel “fare squadra, mettendosi tutti intorno a un tavolo”. Ma all’ordine del giorno la crescita economica deve essere affiancata dalla inclusione socialee, soprattutto, dallasostenibilità ambientale“. Ed è qui che “la società leader nel mondo per intermedi necessari alla produzione di detersivi, come si definisce in un comunicato stampa, deve fare i conti con i dubbi di Legambiente. Gli ecologisti hanno infatti inserito lo stabilimento augustano nella black list dei nemici del clima. Secondo l’associazione ambientalista, “dai punti di emissione convogliate (10 camini e 1 torcia di emergenza) e dai numerosi punti di emissioni fuggitive e diffuse (valvole, flange, pompe, serbatoi, eccetera) sono emesse rilevanti quantità di sostanze inquinanti“. Si tratta di “polveri, benzene, arsenico e altri composti come anidride solforosa, ossidi di azoto, idrogeno solforato“. La società “ha comunicato al Registro europeo delle emissioni di aver emesso in atmosfera nel 2018 circa 381 mila tonnellate di anidride carbonica e quasi 4 tonnellate di benzene”.

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Legambiente e la black list del clima: non si hanno notizie precise su bonifiche a carico azienda.

la slide con le emissioni dello stabilimento di Augusta.

Nonostante i rallentamenti della produzione industriale globale a causa della pandemia, Corso conferma che le emissioni comunicate 3 anni fa al Registro europeo, sono “sostanzialmente le stesse” di quelle attuali. Il report degli ambientalisti tuttavia segnala “il preoccupante primato regionale di superamento del limite di legge per la concentrazione media annua del cancerogeno benzene, è stato registrato nella centralina di Marcellino“. E’ una stazione di rilevamento vicina la Sasol, ma anche alla Sonatrach che la rifornisce di semilavorati. Considerando il gioco dei venti e la concentrazione di impianti nell’area di Priolo, neanche Legambiente è in grado di puntare il dito con certezza. Si limita solo a rilevare che la società sudafricana, “al pari delle altre industrie del polo petrolchimico, si è opposta al Piano regionale di tutela della qualità dell’aria“. Aggiungendo che “suolo e falda dell’area d’impianto sono contaminati da idrocarburi leggeri e pesanti, benzene e metalli“. Ma ammette pure che “sono stati realizzati numerosi pozzi-piezometri quali barriere idrauliche per l’estrazione degli inquinanti presenti in falda“. Anche se, alla fine, “non si hanno notizie precise circa lo stato di avanzamento delle opere di bonifica a carico dell’azienda”. Neanche il volume celebrativo, curato dal giornalista Carmelo Miduri con una minuziosa ricostruzione storica, ne accenna. Tuttavia il management è disposto a fornire qualche dettaglio.

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I sudafricani: già spesi 7,5 milioni per disinquinare la falda. per il resto si aspetta ok dal ministero.

I prodotti del supermercato con i detergenti fabbricati ad Augusta.

Salvatore Mesiti, delegato di fabbrica per le bonifiche, dichiara che “sono già stati spesi 7 milioni e mezzo di euro”. Somma impiegata principalmente per un centinaio di pozzi-piezometrici, dedicati a prelevare le sostanze inquinanti che galleggiano sulla falda e convogliarle al depuratore consortile Ias. C’è pure il “progetto di realizzare un proprio modulo di depurazione, per trattare in loco queste acque contaminate. Ma si attende il via libero ministeriale. Così come si “aspettano da Roma le linee guida per completare l’indagine sui suoli“, per verificare se occorre una radicale operazione soil-gas di ripulitura del terreno. Oppure basta un semplice “capping“, con la copertura delle aree inquinate per evitare che le piogge facciano filtrare sostanze nel sottosuolo. Degli 884 mila metri quadrati occupati dagli impianti, i terreni da disinquinare sarebbero appena “fra i 200 e i 300 metri quadri“. Sicuramente di entità più consistente sono i possibili punti di micro-perdite, individuati sfruttando una collaborazione con l’università di Milano. Secondo il direttore Corso “sono circa 10 mila queste potenziali falle invisibili, dalle quali potrebbero fuoriuscire “i cosiddetti inquinanti non normati responsabili delle puzze“. Sono lontani i tempi pionieristici del 1971 quando – ricorda in sala l’anziano dipendente con la matricola di assunzione “numero 5” – si registravano “vari incendi per le valvole che non avevano la tenuta adatta”; il problema venne poi risolto, ma le debolezze nei processi petrolchimici restano quelle di sempre. Con la sua “capacità produttiva di circa 1 milione e 300 mila tonnellate all’anno”, e un parco di stoccaggio “composto da circa 130 serbatoi con un volume complessivo di quasi 480 mila metri cubi”, Sasol ora punta sulla “partecipazione a bandi europei per lo sviluppo delle tecnologie per l’idrogeno verde, e per la cattura della CO2“.

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Istituto superiore di sanità: perdurano tumori specifici, si raccomandano bonifiche ambientali.

la storia dello stabilimento fondato dal discusso Raffaele Ursini nel 1971.

La multinazionale sudafricana si prepara a salvare il clima del pianeta, ma chiede consistenti aiuti pubblici per farlo. Per ottenerli cerca sostegno da quella stessa politica, che deve ancora dare una risposta a quanto evidenzia da anni lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento. Nell’ultimo report sui tumori, riguardo i 4 Comuni del “Sin Priolo” comprendente anche Augusta, Siracusa e Melilli, l’Istituto superiore di sanità “sottolinea il perdurare di eccessi di patologie già evidenziati per periodi precedenti. Molte di queste patologie sono state riportate in letteratura associate con l’esposizione a sorgenti di contaminazione e, in alcuni casi, a specifici contaminanti prioritari presenti nel sito. Questo indica il perdurare di un carico di patologie nella cui eziologia possono aver giocato un ruolo esposizioni a contaminanti emessi o rilasciati dalle attività del polo industriale. Si raccomandano interventi di bonifica ambientale e di sanità pubblica, che tengano conto in particolare di queste patologie e l’implementazione di interventi che diminuiscano l’esposizione delle popolazioni“. Chissà se è per i contenuti di questo quinto rapporto Sentieri, che è stata girata nel melillese – rivela Carta per essere presentata a Cannes 2022 – la pellicola dal preveggente titolo Il deserto dei tartari”.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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