Tu sei qui
Home > ERROR404.ONLINE > Augusta, pure il consiglio vuole capire perché demolire mezzo castello

Augusta, pure il consiglio vuole capire perché demolire mezzo castello

AUGUSTA – Sos castello svevo. “Una seduta consiliare monotematica per capirci bene sulle demolizioni, è stata proposta dalla consigliera d’opposizione Milena Contento e subito accolta dal presidente Marco Stella. La richiesta è arrivata l’11 dicembre, in chiusura di una seduta dove la minoranza non ha risparmiato aspre polemiche per la formazione delle commissioni, rifiutando ciò che ha definito come “le 2 presidenze ostaggio”. Ma dove tutti e 24 gli occupanti di Palazzo San Biagio si sono trovati per la prima volta a fare fronte comune, in difesa del monumento federiciano. Che un progetto di restauro conservativo appaltato dalla Regione scavalcando le realtà locali, intende riportare all’epoca spagnola. Attraverso imponenti demolizioni delle sovrastrutture carcerarie, iniziate alla fine dell’Ottocento e proseguite fino al 1978, quando il penitenziario venne definitivamente chiuso. Lavori finanziati per 5 milioni, giustificati dalla Soprintendenza con la necessità di alleggerire la struttura medievale minacciata da crepe preoccupanti. La cui origine però ha acceso un acceso dibattito fra progettisti dei restauri e associazioni culturali augustane. Scontro che non ha sopito nemmeno la videconferenza proposta dall’assessorato regionale all’amministrazione municipale, allargata all’Archeoclub, Italia nostra e Gisira di Brucoli.

Carta geologica “smentisce” le tesi dei restauratori.

copertina: il castello svevo con l’elevazione carceraria e le fortificazioni spagnole.
.

Anzi, se nella video-chat del 2 dicembre sia Comune che associazioni sembravano essere stati convinti sulla ineluttabilità degli interventi illustrati dai restauratori, le polemiche sono nuovamente divampate quando è stata diffusa la carta geologica dove poggia il castello. La quale mostra solida “calcarenite organogena” sotto la fortezza federiciana. Mentre a fondarsi sulla più instabile argilla sono i successivi contrafforti spagnoli, percossi dalle mareggiate. In sostanza si teme che quelle imponenti demolizioni, destinate a cancellare un secolo di storia e mutare vistosamente il profilo paesaggistico, alla fine non toglieranno il problema che sta all’origine delle crepe. Formatesi solo negli ultimi anni, dopo che le possenti mura avevano resistito a 7 secoli e 3 devastanti terremoti. Trasformando il recupero in un cantiere dispendioso, aperto in fretta e furia per evitare di perdere pure l’ultima tranche di un finanziamento che in origine era di 10 milioni.

Il comunicato della Regione su consensi inesistenti.

Il comunicato incautamente diffuso dalla mail del Comune, in realtà sembra sia stato redatto dall’ufficio stampa dell’assessore regionale Alberto Samonà. In quel documento si racconta una videoconferenza dove sembrano acquiescenti amministratori e associazioni, che però nei giorni successivi hanno continuato ad alimentare forti perplessità sulle demolizioni:“Il castello, con la sua possente mole – ha riferito Jessica Di Venuta (di Italia nostra, ndr) – è parte integrante del paesaggio e come tale deve essere salvaguardato. Giampiero Lo Giudice (della Gisira, ndr) ha chiesto che si curino le indagini archeologiche del sito con particolare attenzione al materiale di risulta delle demolizioni e al sottosuolo. Mariada Pansera (dell’Archeoclub, ndr) ha riferito che i tecnici dell’associazione sono a disposizione per eventuale supporto durante le fasi degli interventi previsti. Alle rassicurazioni dell’assessore Samonà ha fatto seguito l’intervento del sindaco Peppe Di Mare, che ha chiesto di procedere speditamente onde evitare di perdere una importante occasione per la città. L’assessore Pino Carrabino ha rammentato la necessità di assicurare al castello ulteriori finanziamenti che consentano la prosecuzione degli interventi. Occorre, ha aggiunto, assicurare la possibilità di conservare le testimonianze della destinazione carceraria, così come suggerito dalle associazioni che sono interpreti del sentire di tutta la comunità”.

Opposizione e maggioranza concordi sul “no”.

Un racconto, rilanciato dalla stampa, che ha scatenato polemiche.Ad andarci più duro di tutti è stato il consigliere d’opposizione Giancarlo Triberio:“Continua a ritenersi discutibile la gestione delle comunicazioni tenuta da questa amministrazione; che dopo aver dichiarato il pieno sostegno delle associazioni intervenute a tale progetto di demolizione, si trova ora a essere smentita pubblicamente non solo dall’assessore regionale Samonà, ma anche dalle associazioni Italia Nostra e Archeoclub che non hanno condiviso la decisione – quindi non più unanime – dell’abbattimento considerato come unica soluzione”. In realtà, laddove la compostezza istituzionale non è di impedimento, anche nella maggioranza ci levati forti toni contrari. “Non conosco quali siano le ragioni del perché si vuole a tutti i costi ridimensionare il castello federiciano” scrive il consigliere Ciccio La Ferla, in un suo intervento social. Come ingegnere civile, già designato alla presidenza della commissione consiliare Lavori pubblici, aggiunge che “la demolizione della sopraelevazione carceraria mi sembra un intervento frettoloso e inutile. Non credo proprio che le azioni sul terreno fondazionale di una struttura così fatta possano destare preoccupazione; anzi sembra proprio che siamo in presenza di calcareniti e argille compatte. Il pericolo più grave invece credo vada ricercato nella centennale azione erosiva del moto ondoso. Ho la sensazione che questo sia un intervento avventato del quale la città potrebbe pentirsene”.

Stella: si a seduta monotematica chiesta da Contento.

Milena Contento, capogruppo Insieme per Augusta.

Sulla stessa linea di pensiero del consigliere deve trovarsi anche Stella. Perché non non se l’è fatto dire due volte ad accogliere la proposta dell’opposizione. Facendosi “carico di contattare progettisti e tecnici, perché è necessario vederci tutti più chiaro”. L’architetto Marco Niciforo ha suggerito un ampliamento della seduta monotematica anche ad altri addetti ai lavori. “Poiché non è scontato che alla Soprintendenza abbiano competenze tecniche esaustive” su un monumento così particolare, che insieme alla Porta spagnola incarna visivamente ed emotivamente l’identità stessa della città. “Potrebbero esserci altre soluzioni”, ha spiegato il capogruppo di maggioranza. Il consiglio e le forze culturali della città chiedono di fare presto, prima che i picconi inizino l’opera o l’appaltatrice dei lavori si trovi nelle condizioni di poter rivendicare risarcimenti. A dilatare i tempi, rischiando di rendere il confronto una mera discussione accademica, potrebbe concorrere pure la nomina di un nuovo soprintendente a Siracusa. Un’ipotesi che ingarbuglia una vicenda dove le crepe non si trovano solo nelle antiche mura, ma anche in un vecchio modo di gestire i beni culturali.

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

Lascia un commento:

Top