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Punta Castelluccio, ruspe su reperti: una condanna ma resta il giallo resort

AUGUSTA – Due anni dopo lo scandalo di Punta Castelluccio, è arrivata la prima condanna per lo sbancamento che ha devastato il sito archeologico nei pressi di Brucoli. A comminarla col rito abbreviato è stato il Giudice per udienze preliminari di Siracusa, nei confronti del legale rappresentante della “Costa Saracena srl“. Due mesi di arresto col beneficio della sospensione e un’ammenda di 22 mila euro, oltre al risarcimento dei danni e spese legali, sono la pena inflitta per danneggiamento del patrimonio storico“. Cui sono stati sommati anche i reati di “intervento edilizio in zona sottoposta a vincolo in assenza di permesso di costruire”, e quello relativo a “nuove opere in prossimità del demanio marittimo“. Nell’udienza del 29 giugno, sono stati rinviati a giudizio per le stesse ipotesi di reato sia il progettista che il direttore del cantiere. Si tratta di un architetto di Augusta e di un geologo di Catania, che andranno a processo insieme all’amministratore unico della “Realizzazioni e montaggi srl“. Il gup ha ammesso come parte civile Legambiente, che ha diffuso la notizia con un comunicato. Dove auspica che “adesso il procedimento di apposizione del vincolo archeologico sull’area, possa essere rapidamente concluso”, da parte della Soprintendenza.

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“Rimozione rifiuti” su sito archeologico diventata un vasto sbancamento “fino a 10 metri”.

Ma se la giustizia sta facendo il suo corso sulla devastazione del sito, abitato a fasi alterne sin dal neolitico, resta intatto il nocciolo della questione: come è stato possibile che l’autorizzazione a una rimozione dei rifiuti“, si trasformasse in uno spianamento “con profondità fino a 10 metri dal livello naturale”? Su quel livellamento, cosa si voleva realizzare davvero? Domande che forse troveranno risposte durante il dibattimento processuale. Dove le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dalla Soprintendenza, e quelle urbanistiche rilasciate dal Comune all’inizio del 2020, saranno analizzate con la lente di ingrandimento. Per verificare se lo sbancamento fosse finalizzato alla successiva costruzione di una struttura turistica in stile masseria, con tanto di piscina a sfioro, come hanno ipotizzato sin dal primo momento gli ecologisti. Comunque “nelle scorse settimane la ditta Costa Saracena, sotto la vigilanza di Capitaneria di porto e Soprintendenza, ha portato a termine l’intervento di pulitura e di bonifica dell’area”. Ma “dispiace che nessun ente pubblico si sia costituito in giudizio a difesa del proprio patrimonio”, commenta Enzo Parisi, portavoce di Legambiente.

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Promontorio con reperti dal neolitico al periodo bizantino, nel sito pure una necropoli pre-greca.

L’associazione ambientalista ha rimediato alla latitanza degli enti territoriali competenti, sostituendosi a loro come parte civile. E così poter fare luce nel dibattimento su tutti i lati oscuri di una vicenda, che ha traumatizzato il mondo degli studiosi. “A Punta Castelluccio vi è infatti un sito archeologico di grande rilevanza”, sottolinea il comunicato di Legambiente. Che elenca sia la presenza di un villaggio risalente alla tarda età della pietra, che “insediamento e necropoli protostorici” datati fra il “X e il IX secolo avanti Cristo”. Vecchi sondaggi archeologici avevano censito inoltre “un’area di rinvenimento di ceramica greca“. Trovando anche “i resti di strutture murarie e frammenti fittili di età tardo-imperialeromana. In quello strategico sperone di roccia a metà costa fra il golfo di Agnone e la Gisira, metropoli sicula approdo dei megaresi arrivati per fondare un colonia, c’è in aggiunta “un’area di rinvenimento di età bizantina“. Tutto compromesso per la “ripulitura” di un terreno, effettuata “con l’ausilio di mezzi meccanici pesanti”, rivelatosi tutt’altro.

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Nel 2020 la devastazione di un’area in parte demaniale e vincolata dal Piano paesaggistico.

Punta Castelluccio, sopra gli effetti della “pulizia” a mezzo pale meccaniche.
copertina, l’area devastata nel servizio di Lucia Basso al Tg3 Sicilia.

“I lavori di sbancamento hanno colpito e stravolto profondamente una preziosa area di interesse archeologico, nonché sottoposta a vincolo paesaggistico“, dice ancora il comunicato degli ambientalisti. Puntualizzando che “il Piano paesaggistico degli ambiti 14 e 17 ricadenti nella provincia di Siracusa, prescrive tra l’altro il divieto di effettuare movimenti di terra che trasformino i caratteri morfologici e paesistici”. Il documento aggiunge che “purtroppo questo primo risultato dell’azione penale non restituisce alla collettività il bene deturpato, né elimina la selvaggia cementificazione della Costa Saracena perpetrata in questi decenni”. Tuttavia è un segnale forte. La crisi economica scatenata dai lockdown, e una politica locale più orientata a incentivare gli investimenti piuttosto che la conservazione, hanno portato a un allentamento nella vigilanza. Le date dicono qualcosa. In quel terreno recintato e chiuso da un cancello, si erano accumulati materiali di risulta e sfalci di potature. Il 26 maggio 2020 la Srl che lo possiede ottiene il nulla osta per rimuoverli. Operazione che inizia il 26 settembre successivo, come riporta la tabella di cantiere. Ma una volta tolti, le ruspe non si fermano.

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Autorizzazioni dilatate e controlli approssimativi, Legambiente: vigilanza cittadini essenziale.

Enzo Parisi, Legambiente.

Le pale meccaniche vanno in profondità, fino a spianare il promontorio. Intervenendo persino “in parte su aree di demanio marittimo”. Perché nessuno ha controllato un lavoro andato avanti per parecchio tempo? Perché nei verbali di sopralluogo si scriveva che “erano in corso indagini quantitative e qualitative sui rifiuti, senza insospettire nessuno sulle “suddette attività di sondaggio e prelievo campioni, condotte a mezzo utilizzo di escavatori meccanici? Infatti non è stata un’ispezione urbanistica a fare scoppiare il caso, bensì la denuncia di un’archeologa che si trovava in zona, avvertita dai vicini su quanto avveniva in un’area conosciuta per i suoi ritrovamenti. Ora “Legambiente si augura che l’opera di vigilanza delle associazioni e dei cittadini, insieme all’azione della magistratura, serva da monito e da deterrente verso simili crimini ambientali e ulteriori cementificazioni”. Intanto il circolo augustano, insieme a Natura sicula, Piano Terra e Punta izzo possibile, hanno costituito il coordinamento “Salvare Augusta“. Proprio per vigilare “dal basso”, sulle tante pratiche Punta Castelluccio che fanno il loro corso nell’ombra discreta degli uffici. Perché, come tante altre autorizzazioni dall’apparenza innocua, anche quel costoso sbancamento difficilmente era fine a sé stesso. Ed è poco probabile che fosse iniziato senza un progetto più consistente prossimo a partire. Ma se c’è una pratica edilizia – come emerso durante l’udienza al gup e riferito dagli avvocati di parte civile – a che punto era? Cosa si prevedeva di costruire? E ora, che fine ha fatto?

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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