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Augusta, 25 novembre: niente dati su denunce, Nesea senza sede

AUGUSTA – Contro la violenza sulle donne “Sveliamoci”, ma fino a un certo punto. Cioè trasparenza dalle istituzioni fino a quando si parla di finanziamenti del Pnrr su una casa accoglienza da un milione di euro, che il Comune realizzerà il prossimo anno in un bene confiscato alla mafia vicino Brucoli. O dei successi ottenuti dall’Azienda sanitaria provinciale, col codice rosa in quei Pronto soccorso che ancora resistono ai tagli della Regione. Ma se si chiedono le statistiche sulle denunce per abusi presentate alle forze dell’ordine di Augusta, senza i quali ogni discorso resta bella teoria che non radiografa la realtà sociale, allora la risposta è un sorprendente “non siamo autorizzati”. Accompagnata dal garbato e imbarazzato invito di “rivolgersi alla prefettura, se il cronista insiste coi carabinieri ad avere ciò che sono semplici numeri senza identità. Così dopo tre ore di convegno sul tema, proprio durante quel 25 novembre celebrato dai Palazzi come Giornata internazionale di sensibilizzazione, si scopre il nuovo approccio governativo alle notizie politicamente “sensibili”: centralizzare l’informazione giornalistica, su tutto ciò che può turbare la narrazione di una Italia open to Meraviglia”, e ostacolarne il controllo diretto sul campo. A fare le spese di questa ulteriore dilatazione della riforma Cartabia, che ha ridotto la cronaca nera e giudiziaria alle réclame dove si pubblicizza la bella confezione ma non il reale contenuto, è stata la tavola rotonda di Nesea al municipio.

Centro antiviolenza: in 15 anni di attività nessuno ha dato locali per accreditarci a emergenze.

La tavola rotonda con le istituzioni.

Nel salone Rocco Chinnici, il Centro di ascolto ha celebrato i suoi 15 anni ancora senza una sede, necessaria a fare il salto di qualità nel fornire tutta l’assistenza possibile ai sensi di legge. E inserire quello di Augusta fra i 13 accreditati in zona, di cui 10 hanno locali dati dal Comune. L’hanno chiesta a tutti, ma nessuno ha l’obbligo di fornirgliela, nonostante l’indispensabile supporto offerto ai Servizi sociali. L’assessore competente, Biagio Tribulato, a fine convegno ha promesso che l’amministrazione studierà di assegnare uno degli immobili indipendenti già in ristrutturazione. Perché qualche stanza dove ci sono uffici non si presta alla necessaria discrezione, richiesta per le donne in difficoltà. “Le quali solo nel 30 per cento dei casi poi si rivolgono alle forze dell’ordine“, dice la presidente Stefania D’Agostino, nel suo intervento. L’avvocata non dipende dallo Stato, perciò può ancora snocciolare cifre sul fenomeno in città. Rivela che la metà di chi subisce violenza di coppia si limita a ricevere consigli e supporto, senza passi ulteriori. E che una su cinque di quante chiedono aiuto, prima o poi finiscono in ospedale. Nesea è “dove si inizia un percorso non necessariamente legale, ma offre soprattutto un sostegno psicologico-sociale perché le vittime di violenza hanno necessità di essere ascoltate”. Negli ultimi 12 mesi ha seguito una ventina casi. “Ma ci sono quelle che non passano da noi, perché vanno direttamente a denunciare o dopo essere state medicate non vanno oltre”. E non sono numeri piccoli.

Pronto soccorso, Umana: al Muscatello 67 codici rosa nel 2019, 5 volte in più la violenza invisibile.

Biagio Tribulato, Nadia D’Agostino, Giuseppe di Mare.

Il responsabile del Pronto soccorso al Muscatello, Danilo Umana, rivela che “nel 2019 hanno registrato 67 casi”. Il bacino assistenziale è leggermente più ampio della popolazione residente ad Augusta, ma se le percentuali empiriche elaborate dal punto di ascolto sono indicative, “quel dato va moltiplicato per 5 e mostra un fenomeno enorme”. Fra l’altro “ancora ci sono difficoltà con il protocollo, per catalogare il soccorso prestato come un caso di violenza di genere, dice Adalgisa Cucè. La responsabile del coordinamento di Siracusa racconta che dopo aver sensibilizzato i medici, “già nel primo anno in provincia sono emersi 450 casi, nel secondo anno sono stati ancora di più”. La statistica della dirigente Asp si ferma “al terzo anno, quando qualcuna morì perché negava a sé stessa la gravità della situazione”. A farle particolarmente male è che “si trattava di un’infermiera laureata, che lavorava proprio al Pronto soccorso“. Nel quale ne ha viste tante, almeno quante la dottoressa che ora la piange. La quale racconta anche di “quella donna che ne aveva prese parecchie e rifiutò l’offerta insistente di essere protetta, perché solo in questo modo avrebbe ‘protetto me’: pensavo che il marito fosse un boss, e invece era un giudice“. Poi trovato “in attesa fuori dalla porta”, e pronto “a interrogare per filo e per segno sull’identità di chi aveva assistito la moglie“.

Servizi sociali, Passanisi: 240 mila euro l’anno per sostenere donne e figli vittime di femminicidio.

Alessandra Garufi e Veronica Russello.

La dottoressa Cucè chiarisce come la violenza di genere origini da “un narciso patologico, che si può trovare anche nei più alti livelli delle istituzioni e della società“. Posizione di cui si fa forte,un controllato e irreprensibile fuori, che in casa si trasforma”. Tanto che “molte dicono di non essere credute”, perché “mio marito è” oppure si dice “amico di”. La psicologa Veronica Russello spiega che “chi manipola tende a isolare”, e che “dentro la violenza domestica c’è una dipendenza affettiva”. Attraverso un percorso circolare che “inizia la giornata con un mazzo di fiori, evolve in forma di controllo sempre più ossessive, e finisce con l’esplosione di violenza”. Per poi ricominciare il ciclo, grazie anche al continuo perdono dalla compagna, fino a quando questa diventa vittima di femminicidio. Come accaduto nel 2009 all’augustana Francesca Ferraguto. “Da 14 anni il Comune mantiene i tre figli dell’assassino, e due sono ancora in una struttura di recupero”, dice Sebastiana Passanisi. La dirigente dei Servizi sociali comunali fa toccare con mano come la violenza di genere la paghiamo tutti, letteralmente. “Nel 2023 le casse municipali hanno impegnato 240 mila euro”, per aiutare appena 6 donne con 7 figli minorenni, ben 4 delle quali vittime di violenza.

Di Mare: fondi Pnrr, nel 2024 la gara per la casa rifugio ad Arcile in un bene confiscato alla mafia.

Adalgisa Cucè.

Il sindaco Giuseppe Di Mare dice che Augusta è stata “fra i primi 75 Comuni ad accedere ai relativi fondi messi a disposizione dal Pnrr“. Perciò “il prossimo anno ci sarà la gara per la nuova casa rifugio ad Arcile, in un immobile confiscato alla mafia“. Costerà poco meno di un milione di euro e prevede 5 camere da letto, 2 laboratori, un asilo nido, uno spazio polifunzionale, oltre a cucina, spogliatoio e relativi servizi igienici. Ma è più un beneficio all’intera collettività, che agli augustani in senso stretto. “Per ovvi motivi un Centro di ascolto non può stare dove c’è una casa rifugio, così come le ospiti devono necessariamente provenire da luoghi distanti”. Lo spiega l’avvocata D’Agostino, ancora in cerca di una sede per accreditare Nesea all’assistenza diretta, e di un affidabile ricovero per chi scappa da situazioni diventate pericolose. “Durante qualche allontanamento di emergenza nel fine settimana, abbiamo dovuto fare una colletta con le forze dell’ordine per pagare un b&b alle donne in fuga”, rivela la dottoressa Cucè. Ma anche rifugiarle nei giorni feriali non è semplice. La dirigente Asp non ha remore nel denunciare che “alcune case di accoglienza fanno schifo, mentre alcuni di questi centri antiviolenza sono virtuali, ci campano coi finanziamenti senza fare nulla”.

Orange the world: la commozione dell’attivista iraniana e i cocci nascosti in Italia sotto il tappeto.

Vajiheh Hajhousseini.

L’iniziativa svolta sotto l’egida alla campagna Onu Orange the world“, moderata dall’avvocata Alessandra Garufi, si chiude con la toccante testimonianza dell’attivista iraniana Vajiheh Hajhousseini. “Qui le forze dell’ordine aiutano le vittime di violenza, nel mio Paese è la polizia religiosa che le picchia. Qui i Pronto soccorso applicano i codici rosa, lì rifiutano di curare le manifestanti ferite perché sarebbero favoreggiatori di un reato“. La vicepresidente del movimento Donne vita libertà in Italia, si commuove quando racconta del video inoltrato ai suoi contatti social in Iran, dove si mostrano gli studenti augustani che mettono in scena a palazzo San Biagio l’impegno a una cultura rispettosa del “femminile”. Anche se tavole rotonde e iniziative nelle scuole servono fino a un certo punto, se chi ha “rotto il tetto di cristallo” poi usa le prefetture per nascondere i cocci più taglienti sotto il tappeto.

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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