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Cartabia: garanzia o censura. Augusta, corso Afm e Figec con Scavone

AUGUSTA – Fabio Scavone, procuratore aggiunto a Catania e in predicato al Csm di essere nominato a capo della “scottante” procura lasciata da Carmelo Zuccaro, si confronterà ad Augusta con cronisti e penalisti per discutere del decreto ammazza-cronache della riforma Cartabia. L’iniziativa, patrocinata dall’Ordine dei giornalisti di Sicilia e dall’Ordine degli avvocati di Siracusa, si terrà il 17 novembre nel salone Rocco Chinnici del Comune. A organizzare il faccia a faccia, valido per i crediti obbligatori della formazione professionale continua delle due professioni, sono stati l’Associazione forense megarese e la Federazione italiana giornalisti editori comunicatori. Dalle 15,30, col pm che ha retto la Procura siracusana dopo che è scoppiato lo scandalo del “Sistema Amara“, Afm e Figec si confronteranno su una norma che sta “riscrivendo i rapporti fra inchieste penali, diritto all’informazione e diritti della difesa. A rappresentare il punto di vista dei legali sarà il penalista Puccio Forestiere, presidente emerito della locale associazione forense. Per i giornalisti sarà presente Daniele Ditta, segretario dell’Ordine siciliano e cronista di giudiziaria a Palermo. In video collegamento interverrà Pierluigi Roesler Franz, coordinatore nazionale del gruppo cronisti Figec-Cisal. Modera il direttore editoriale di Error404.online, Massimo Ciccarello.

La riforma che ha introdotto correttivi ai processi mediatici ha però imbavagliato i cronisti.

Puccio Forestiere.

“I decreti attuativi della cosiddetta riforma Cartabia hanno introdotto correttivi alle fughe di notizie e ai processi mediatici“, puntualizza Afm. Ma Figec avverte “che per tutelare il diritto alla difesa fortemente minacciato dalla viralità di internet”, quella norma di fatto “sta intaccando pesantemente il pieno diritto dei cittadini a essere informati”. Dietro la tutela della privacy e della presunzione di innocenza fino a processo concluso, sta accadendo che “inchieste di grande impatto sull’opinione pubblica possono essere rese note col contagocce, o con asciutti comunicati che non descrivono tutti gli aspetti di rilevanza sociale“. Infatti, ciò che non riveste “particolari significati sul piano processuale”, talvolta assume importanza per il pubblico che deve formarsi un’opinione. Soprattutto se il procedimento penale investe un politico, o una grande azienda del territorio, o entrambi nello stesso processo. Blindare tutti gli aspetti “secondari” di un’indagine giudiziaria, significa privare i lettori di elementi preziosi per valutare la bontà dei programmi elettorali. E per valutare le politiche di chi li sta governando o amministrando.

Terrorista Isis nella metro di Milano, notizia data 72 giorni dopo senza indicare la data dell’arresto.

Pierluigi Roesler Franz.

Il 9 novembre, in piena crisi per la Striscia di Gaza, tutti i giornali e i tiggi hanno riportato una notizia data quel giorno dalla Digos di Milano. La quale faceva sapere di aver arrestato un algerino colpito da mandato di cattura internazionale per terrorismo, e che l’avrebbe estradato il 22 novembre. L’informazione era condita dal particolare che il trentasettenne Chouial Yassine ha cercato di prendere un coltello dallo zaino, mentre lanciava il grido di guerra jahidista “Allah akbarnella stazione della metro meneghina. Il particolare che mancava in quella nota alla stampa è che l’arresto era avvenuto il 29 agosto, cioè 72 giorni prima. Ci sono voluti più di due mesi, e una particolare congiuntura geopolitica, perché i milanesi sapessero che un membro dell’Isis si aggirava nell’affollata fermata Cadorna. E’ stata solo una vera e propria inchiesta giornalistica, a scoprire l’omissione. Contattata da Fanpage.it il giorno dopo, come riporta l’articolo firmato da Ilaria Quattrone, “la Questura ha spiegato che la nota stampa è stata diffusa soltanto ieri perché si è concluso un iter burocratico-amministrativo che ha visto coinvolto più enti tra Procura generale, autorità algerine, consolato algerino e Interpol: considerato che l’arrestato era sprovvisto di documenti, era necessario accertarsi che fosse lui l’uomo ricercato. Era quindi necessario gestire la pratica sul territorio con il coinvolgimento di più enti che hanno tempi burocratici molto lunghi. La Questura non sa chiarire perché non sia stata inserita la data del fermo: ha infatti spiegato che ha semplicemente ricevuto una nota condivisa da tutte le altre autorità”. La notizia a scoppio ritardato non è stato un caso isolato. “Al tribunale di Roma c’è una grande sala stampa che ormai si può utilizzare come deposito di cancelleria, perché i cronisti di giudiziaria non hanno più motivo di frequentarla”, racconta Franz.

Afm: giusta tutela dai processi mediatici. Figec: restrizioni incompatibili con libertà di stampa.

Fabio Scavone.

E’ raro che sia un comune cittadino a finire nel tritacarne mediatico, prima ancora che una sentenza lo giudichi con tutte le garanzie di cui ha diritto. Chi sente la necessità di proteggersi dalle rivelazione di “particolari” interessanti, anche se di scarso rilievo processuale, sono proprio i personaggi pubblici. Politici, soprattutto, che imbastiscono campagne elettorali perenni su temi che spesso sono i primi a non rispettare. “I cronisti parlano di restrizioni alla libertà di stampa incompatibili per un sistema veramente democratico, che si fonda su elettori capaci di votare liberamente perché pienamente informati”, dice il comunicato Afm-Figec. Il documento dell’associazione forense e del nuovo sindacato che ha rotto il monopolio Fnsi, tuttavia precisa che “i penalisti dal loro canto apprezzano la tutela del diritto di ognuno a essere indagato con tutte garanzie offerte dall’ordinamento per un giusto processo. Senza subire un pre-giudizio dall’opinione pubblica, basato su mere suggestioni o informazioni parziali”. Per eliminare il fenomeno dei pm-vip, la Cartabia ha demandato al capo della Procura ogni comunicazione per la stampa. Avvocati e giornalisti riconoscono che “i magistrati, a loro volta, si trovano a gestire un delicatissimo equilibrio fra questi rilevanti diritti costituzionali senza avere linee guida chiare e incontrovertibili”. Ma sono soprattutto i cronisti a chiedersi se “un procuratore capo può essere l’unico legittimato a dare notizie di cronaca giudiziaria”. E, soprattutto, “con quali criteri stabilisce ciò che deve essere taciuto?”. Le vicende del Sistema Siracusa raccontano quanto pericolosa possa essere questa esclusiva nell’informazione al pubblico, anche per gli stessi pm che fanno il loro dovere fino in fondo.

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