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“Roberto siamo noi”, al Monte non vogliono pregare più nessuno

Ultimo aggiornamento mercoledì, 3 Marzo, 2021   00:24

AUGUSTA – Quando si radunano nella chiesa all’aperto del Monte, la fiaccola tremolante, che serrano in mano come un cilicio, contende gli ultimi sprazzi di luce al crepuscolo triste di una serata piovosa. È in quel bagliore che don Giuseppe Mazzotta coglie tutto il senso di una comunità “viva e che vuole testimoniare la vita”. Un centinaio di loro si è radunato proprio lì, dove un tempo c’erano i cannoni che difendevano Augusta. Oggi in quel luogo dove risuonavano gli scoppi della guerra, nelle domeniche d’estate si alzano le melodie di pace della messa. Domani, forse, sarà anche simbolo di accoglienza e tolleranza universali, col suo barcone-memoriale che ricorda le tragedie della migrazione. Ma in questo strano 3 maggio del 2019, quello spiazzo incolto strappato ai rovi diventa qualcos’altro: il simbolo di un quartiere che non vuole più rassegnarsi alle troppe croci, che costellano quel tratto di strada fino all’incrocio per Brucoli.

Troppi morti, troppi incidenti, troppi silenzi e troppo disinteresse. C’è tutto questo nei volti dei parrocchiani che si sono radunati dietro lo striscione Roberto siamo noi”. Si sono riuniti in Comitato per chiedere ciò che da anni dovrebbero avere: sicurezza e attenzione. Il loro logo è una foto sorridente di Reicherl, l’ultima vittima di una strada-killer che lo ha ucciso esattamente un mese fa. È un volto che esprime serenità e pace interiore. Ma non ci sono sorrisi nei tanti che si sono stretti intorno alla famiglia, gomito a gomito, a darle forza nella prima fila di un corteo che non si dà pace. Perché su quel nastro d’asfalto maledetto dove manto stradale, segnaletica, marciapiedi, illuminazione sono precari, precaria è anche la vita di chi l’attraversa quotidianamente.

Don Giuseppe Mazzotta

Altri 17 nomi si sgranano come un rosario doloroso nello striscione del Comitato. Sono Enzo, Alessandro, Carmelo, Martina, Pierpaolo, Matteo, Francesco, Jessica, Maria Concetta, Luca, Aldo, Matteo, Domenico, Maria, Piero, Claudia, Giuseppe. Per ognuno di loro ci sarà una sosta, una preghiera, un ricordo, un “mai più” gridato in silenzio, nella mesta via dolorosa vero la chiesa di San Giuseppe l’Innografo. Il parroco legge poche righe, per spiegare perché sono tutti lì nonostante un’acquerugiola che penetra vestiti e animi. Sono scritte a mano su un foglio di quaderno scolastico. Parlano di enti “competenti”, che non vengono nemmeno indicati anche se tutti sanno chi siano. E che sono chiamati a prendersi le loro responsabilità per assicurare il bene degli amministrati.

La famiglia Reicherl

Perché se quell’arteria stronca vite come una vendemmia, molto dipende da un palleggiamento di competenze ormai non più giustificabile. Le strade tutte intorno sono comunali, ma la giugulare che le collega è provinciale. Dovrebbe averne cura un ente che non c’è più sulla carta, ma che continua a “esistere” quando c’è da fare manutenzione per le sue opere pubbliche. Il risultato è che nessuno se ne prende più cura. L’incrocio di lettere e solleciti appare più un scarico di responsabilità politiche e morali, che la base di una soluzione. A Polizzi Generosa un sindaco che si è stufato di questo giochino dello scaricabarile, ha convinto un pugno di ditte a lavorare gratis per riaprire una strada chiusa da 13 anni. Isolava questa città delle Madonie dissanguata da un’emorragia di emigrazione economica, dalla frequentata stazione sciistica di Piano Battaglia. Giuseppe Lo Verde si è beccato una denuncia, perché quell’esempio si poteva propagare. Ai giornali ha dichiarato che lo rifarebbe subito.

Se Augusta ha “eroi cittadini”, sicuramente non stanno nei suoi Palazzi. Don Mazzotta lo sa bene, per questo si appella alla coscienza della città. Ai suoi abitanti, affinché non usino quella strada come un circuito. Che la percorrano con lo stesso scrupolo con cui si rispetta la vita, ogni vita, “la loro stessa vita”, ha sottolineato. Facciamo Squadra ha presentato una sua proposta, pensando “sia necessario prendere delle iniziative positive lontano da critiche sterili ed inutili”, elaborando un progetto di viabilità che contempla un ampio anello a senso unico. “Crediamo che un po’ di buonsenso, unito al naturale senso civico dei cittadini porterà in breve tempo all’uso corretto della strada con la nuova viabilità”, scrive il coordinatore Giovanni Bonnici.

Enzo Speciale

Enzo Speciale scuote la testa, mentre si prepara a marciare con gli altri “Roberto siamo noi”. Come portavoce del Comitato non la ritiene una soluzione praticabile per molti residenti nella zona, costretti dal senso unico a lunghi giri per poche decine di metri. Spiega che “qui ci vogliono semafori pedonali, illuminazione adeguata, marciapiedi percorribili; non ci fermeremo a questa fiaccolata di preghiera”. I dissuasori di velocità sarebbero una soluzione rapida ed economica, “ma ci dicono che non si possono mettere perché è una strada ad alta percorrenza; il codice lo vieta e nessuno si prende responsabilità”. Già, lo stesso codice che non ha fermato quel primo cittadino che non vuole scendere dalle sue montagne. Dove respira un’aria diversa da quella che aleggia su Palazzi più terra terra.

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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