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Ias senza più limiti a picchi inquinanti, Gip solleva l’incostituzionalità

PRIOLO – Il decreto governativo cosiddetto “salva Isab” calpesta la Costituzione, perché per salvaguardare l’interesse nazionale alla produzione di benzina, ne fa pagare il prezzo intero alle popolazioni del Petrolchimico. Facendo funzionare regolarmente l’Ias di Priolo, anche se non depura i reflui industriali più pericolosi. Lo sostiene la procura della Repubblica di Siracusa e lo conferma il gip Salvatore Palmeri, nell’eccezione di incostituzionalità sollevata il 12 dicembre scorso. A darne notizia è Legambiente Sicilia, con un comunicato diffuso il 30 gennaio dove denuncia il “silenzio assoluto della Regione, sull’adeguamento del depuratore alle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale“. Le norme straordinarie che garantiscono alle raffinerie di continuare tranquillamente l’attività, allargano ulteriormente le maglie per lo sversamento in mare degli inquinanti. L’inosservanza dei limiti di legge, nel giugno 2022, aveva portato al sequestro dell’impianto priolese. Ma i ministri delle Imprese e della Sicurezza energetica, nel settembre 2023 hanno aggirato lo stop dei magistrati. Secondo l’associazione ambientalista, passando alla “misurazione della media mensile dei valori anziché giornaliera”, hanno consentito che “le aziende possano effettuare scarichi caratterizzati da picchi di inquinanti potenzialmente illimitati. Incredibilmente, per idrocarburi totali, fenoli e solventi organici aromatici il Dpcm prescrive il rispetto di indefiniti valori limite massici annuali”. Demandando poi queste “quantità di inquinante emessa nell’arco di un anno, ai provvedimenti di riesame delle Aia e lasciando nel vago chi, come e quando dovrebbe regolamentare il lungo periodo transitorio”.

Il decreto governativo allarga le maglie sui valori limite inquinanti: contano le medie mensili.

Con uno di quegli escamotage che ha reso la politica “Made in Italy” famosa nel mondo, prima ancora ci si dedicasse un apposito ministero oggi co-protagonista della vicenda, è stato modificato alla radice il sistema dei controlli. Dilatando abbondantemente i tempi per valutare ai sensi di legge il superamento dei valori limite, rapportandoli a più tranquillizzanti medie mensili o addirittura annuali, che ignorano i potenziali danni alla salute e all’ecosistema causati dai picchi di inquinanti immessi nell’ambiente. Introducendo inoltre un metodo di controllo e monitoraggio giornaliero degli scarichi, che la stessa Ispra segnala come “operativamente inapplicabile”, nella relazione tecnica trasmessa al ministro delle Imprese. Tanto da far scrivere al gip di Siracusa che “la presente fattispecie appare molto distante da quella presa in esame dalla Corte costituzionale nel 2013, laddove i giudici facevano addirittura riferimento a un allargamento dei controlli”. Invece, il decreto interministeriale “non rinvia a prescrizioni puntuali da rispettare in modo da valorizzare i principi di prevenzione, precauzione, correzione alla fonte, informazione e partecipazione che caratterizzano l’intero sistema normativo ambientale“.

Con le nuove norme del ‘salva Isab’ subito registrati “sforamenti significativi”.

sopra e copertina, l’impianto consortile di depurazione (foto tratte dal sito Ias).

Il risultato di questa ambigua vaghezza normativa si trova nella “istanza numero 71 del 10 dicembre 2023, agli atti del fascicolo” dell’amministrazione giudiziaria Ias. Contiene dati secondo i quali “nei mesi successivi all’introduzione del decreto interministeriale, i valori limite di emissione registrati hanno fatto emergere in diverse occasioni sforamenti significativi”. E se pure quel provvedimento governativo prevede “il costante monitoraggio”, a opera dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il gip ritiene che “tale disposizione appare in realtà una misura formale che non prende in considerazione la realtà sottesa”. Infatti, spiega l’Ispra al ministero del Made in Italy, “per quanto riguarda la contaminazione di metalli, idrocarburi e solventi va rilevato che tale modalità di monitoraggio (media mensile) richiederebbe l’installazione di autocampionatori nei punti di scarico”. Diversamente “la verifica di conformità per i parametri indicati non sarebbe effettuabile”, e “gli Enti di controllo potrebbero unicamente affidarsi alla lettura dell’autocampionatore installato su iniziativa della società, e dalla stessa gestito”. Il gip ritiene che “non vi è stata nel caso concreto una effettiva combinazione tra una norma di legge e un atto amministrativo, in grado di determinare le condizioni e i limiti della liceità della prosecuzione di un’attività per un tempo definito“. In sostanza, laddove per superiore interesse nazionali si può concedere di proseguire produzioni inquinanti, le deroghe devono fissare paletti molto chiari riguardo tempi di proroga e operazioni di adeguamento. Invece nel “salva Isab“, del quale usufruisce Ias come impianto strettamente connesso alla raffineria, non ci sono.

“Delega in bianco al governo, lasciato del tutto libero di incidere su salute popolazioni”.

La Procura fa notare che “la norma non stabilisce alcun limite temporale di efficacia delle misure delegate, né ne impedisce la reiterazione”. Che “non prevede alcuna forma di coinvolgimento o comunicazione alle Camere“. Che “non prevede alcuna particolare forma di pubblicità delle misure delegate”. Che “non indica una cornice o un criterio guida che fornisca al Governo coordinate utili a effettuare il bilanciamento“. Che “non impone all’autorità delegata alcun confronto con Enti istituzionali portatori di saperi scientifici nella specifica materia”. Tutto “si risolve in una delega in bianco al Governo, lasciato del tutto libero di incidere su interessi costituzionalmente tutelati e di derogare a specifiche norme di legge, in assenza di limiti e criteri di indirizzo“. Con una ricaduta di non poco conto in una democrazia parlamentare, dove i giudici devono sottostare solo alla legge e dove le leggi le fa solo il Parlamento, che può al massimo delegare il governo a curarne i dettagli entro precise linee guida. A Priolo invece accade che “la decisione del giudice deve sottostare, senza possibilità alternative, a un provvedimento il cui contenuto è definito integralmente dal potere esecutivo“. Perfettamente consapevole su “un impianto di depurazione che appare inidoneo strutturalmente a trattare i reflui industriali“, facendo una scelta che “ad avviso del giudice non ha tenuto in adeguata considerazione le esigenze di tutela dell’ambiente e della salute, dei lavoratori e delle popolazioni coinvolte”.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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