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Augusta senza piano commerciale, Cga spiana la strada all’outlet Scardina

AUGUSTA – Dopo il McDonald’s, arriva il Megara Village? Lo “Scardina outlet” potrebbe nascere per effetto di una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa. Che lo scorso gennaio ha dato torto al Comune, quando nel 2017 aveva negato l’ampliamento dell’Eurospin alle porte di Augusta. Il supermercato doveva essere inglobato in un più vasto centro commerciale, ma l’assessorato aveva bocciato il progetto del megastore, per mancanza di un Piano urbanistico del commercio che ne consentisse la realizzazione. Uno strumento di pianificazione che doveva essere adottato già dal 1999. Ma ben 4 amministrazioni, e persino una gestione commissariale prefettizia, sono rimaste inadempienti. Lasciando spazio alla discrezionalità riguardo i grandi insediamenti commerciali, che il Cga ha ritenuto illegittima senza la regolamentazione del Puc. Il pronunciamento dei giudici amministrativi non è tuttavia un via libera automatico alla edificazione nella zona, attualmente lasciata incolta. “Nel riesercizio pieno dei suoi poteri”, recita il dispositivo, l’Ente dovrà pronunciarsi “attraverso l’acquisizione e la valutazione di tutti gli interessi pubblici e privati in gioco”. Ma Palazzo di città dovrà andare coi piedi di piombo, su un progetto in cui aveva riconosciuto che “l’intervento risulta compatibile ai fini urbanistico/edilizio”. Perché rischierebbe di alimentare un potenziale contenzioso di risarcimento danni milionario, fondato sulla sentenza ottenuta e sui 14 anni spesi per avere risposta.

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Dopo nove anni l’Urbanistica aveva rigettato il progetto di moltiplicare l’Eurospin.

Il progetto del Megara Village viene infatti presentato nel 2008, da una Società in accomandita semplice proprietaria del terreno adiacente l’Eurospin, che giusto l’anno prima aveva ottenuto la concessione edilizia. Nelle intenzioni della proprietà, il supermercato doveva essere inglobato in una struttura più vasta, rivelandosi come il primo step di un grande centro commerciale. Ma ci sono voluti nove anni perché il Comune desse una risposta. Rigettando l’ampliamento, che trasformava l’hard discount a servizio del quartiere di case popolari e cooperative edilizie, nel tassello di un outlet destinato a fare concorrenze ai piccoli commercianti della città. Anche mancando il Puc, il Comune ne aveva comunque applicato i principi di fondo indicati dalla legge. Secondo la quale occorre “assicurare, per il settore dei generi di largo e generale consumo, un rapporto equilibrato tra gli insediamenti commerciali e la capacità di domanda della popolazione residente”. L’amministrazione del monocolore 5 Stelle si appellava inoltre alla necessità di “tutelare le piccole e medie imprese commerciali“.

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Tar Catania aveva confermato la legittimità del diniego dato dall’amministrazione 5 Stelle.

sopra e copertina: la zona della Scardina dove è progettato il Megara Village che ingloberebbe l’Eurospin.

Le ragioni del diniego sono state riconosciute legittime dal Tar di Catania, al quale la Sas si era rivolta per farlo annullare. Il giudizio amministrativo di primo grado dava ragione all’assessorato, anche nella motivazione relativa alla necessità di “rendere compatibile l’impatto territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali, con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e l’inquinamento, e valorizzare la funzione commerciale al fine della riqualificazione del tessuto urbano“. Il giudice scriveva che l’obbligo di un Piano commerciale era finalizzato “alla tutela di superiori beni costituzionali, quali quelli legati al corretto sviluppo del territorio, funzionali alla tutela della concorrenza”. In sostanza, l’inadempienza del Comune nell’adozione del Puc non soffocava in ogni caso la libertà d’impresa, come intesa dalle direttive europee sulle liberalizzazioni. Per costruire il Megara Village, sottolineava inoltre la sentenza del 2019, non si doveva attendere la decisione dell’Urbanistica per poi impugnarla. Ma bisognava chiedere un commissario ad acta che facesse le veci del Puc, oppure ricorrere al silenzio assenso. “La liberalizzazione del mercato dei servizi, sancita dalle norme comunitarie e dai provvedimenti legislativi, non può essere intesa in senso assoluto come primazia del diritto di stabilimento delle imprese a esercitare sempre e comunque l’attività economica”.

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Ribaltato il giudizio di primo grado: l’assenza del Puc non può penalizzare sine die.

Ma se il Tar riteneva che “anche tale libertà economicadeve “confrontarsi con il potere, demandato alla pubblica amministrazione, di pianificazione urbanistica degli insediamenti ivi compresi quelli produttivi e commerciali”, il Cga ha ribaltato quelle considerazioni. Nella sentenza pubblicata il 30 marzo ha osservato che la legge del 1999 prescrive espressamente sei mesi di tempo ai Comuni, per dotarsi di un Piano commerciale. “La disciplina transitoria, applicabile alla fattispecie, è finalizzata a tutelare la posizione del privato che intende svolgere un’attività commerciale di fronte a eventuali inerzie dell’amministrazione. Una interpretazione che comporti l’impossibilità di riscontrare le istanze di ampliamento dei grandi centri di vendita sine die, determinerebbe l’effetto di cristallizzare il mercato nel suo assetto esistente e si tradurrebbe nella sospensione (senza termine) della libertà di accesso al mercato, con conseguente violazione anche della direttiva Bolkestein“. In sintesi dire no solo perché manca il Puc, “introdurrebbe una limitazione all’accesso a un’attività di servizio che non si fonda sui motivi imperativi di interesse generale, ma sull’inerzia dell’amministrazione”.

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Comune condannato in appello, l’amministrazione 5S non si era costituita in giudizio.

Il Cga afferma che “è la stessa tutela della concorrenza a esigere che l’inerzia delle amministrazioni non congeli il mercato“. E se c’è un interesse generale che impone il diniego, serve untermine finale certo, entro il quale abbia fine il periodo di inibizione dell’attività economica”. Bloccare i progetti per un Piano commerciale che non si approva mai, “si traduce in un irragionevole limite all’iniziativa economica privata”, tutelata dalle norme comunitarie. Il collegio giudicante avverte però che l’accoglienza del ricorso presentato dalla Sas, “non determina di per sé l’attribuzione della Società interessata del bene della vita auspicato”. In pratica non accorda la concessione edilizia per il Megara Village, ma condanna solo il Comune a pagare le spese legali e lo obbliga a riavviare l’iter. La sentenza scuote un settore, come quello della grande distribuzione, la cui ipertrofia soffoca il piccolo commercio ma genera nuovi posti di lavoro, sempre ben visti dalla politica di ogni tempo. La quale stavolta è obbligata a uscire dal limbo della discrezionalità, per dotarsi del Puc. “Approvando il bilancio daremo incarico per la redazione”, assicura il sindaco Giuseppe Di Mare. Che l’amministrazione precedente ha costretto nella condizione di dover colmare in pochi mesi un ritardo di oltre vent’anni, sotto la scure del Cga. Infatti, dopo aver negato l’outlet alla Scardina e aver avuto ragione dal Tar, nell’appello a Palermo il Comune di Augusta rinuncia a difendere il suo atto e figuranon costituito in giudizio.

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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