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Salvini a Siracusa, il bagno di folla diventa un gavettone ai disoccupati

Ultimo aggiornamento martedì, 2 Marzo, 2021   22:43

SIRACUSA – Parla della lontana Bibbiano, dove c’è l’inchiesta sui presunti affidi irregolari di minori. Battibecca coi contestatori assiepati davanti il tempio di Apollo, chiamandoli “figli di papà” anche se una griffe non gli si vede addosso neanche col binocolo. Ma della questione occupazionale nella zona industriale, Matteo Salvini a Siracusa non parla. Non lo fa in piazza, dove comizia l’11 agosto. E non lo fa coi sindacati, in prefettura, dove la Cgil aveva chiesto di incontrarlo senza ottenere nemmeno due righe di risposta. Eppure voleva chiedergli conto del divieto di manifestazioni operaie davanti gli stabilimenti, il primo nella storia del Petrolchimico. Così il day-after del tour ministeriale è del sindacalista Roberto Alosi, che in comunicato accusa il ministro degli Interni di “sottrarsi al confronto”.

Dopo i porti chiusi ora porte sbarrate ai sindacati.

E’ un documento duro, quello del segretario provinciale Cgil. Che getta una luce obbliqua sul Capitano. Il leader della Lega stavolta non ha avuto il bagno di folla sperato (anche se i suoi social-supporter la fanno crescere di mille persone in più ogni giorno che passa). Il vicepremier che nel giro di un anno ha liquidato l’alleanza di centrodestra, con cui era andato alle urne. Che ha mandato in vacca il contratto di governo coi 5 Stelle, dopo essersi fatto salvare dal processo per la Diciotti. Che ha chiesto “pieni poteri” all’elettorato italiano in pieno scandalo Moscopoli, a Siracusa “chiude ogni possibilità della politica di esistere ed esprimersi nel dialogo e nel confronto”. Dopo i porti chiusi alle Ong, così arrivano le porte sbarrate ai sindacati.

Incontro negato, la Cgil: scelta di infantilismo politico.

Alosi la definisce “una scelta di infantilismo politico”. Ma in realtà lo snobismo ministeriale “nasconde imbarazzo, mancanza di argomentazioni, autoreferenzialità ed autoritarismo antidemocratico”. Il sindacalista calca un po’ la mano, affibbiando alla figura di Salvini l’aura del capo arrogante. Quando invece, semplicemente, è solo un politico in fuga. “Non solo Salvini piega il suo ministero alla volontà del governo russo, di soffocare ogni legittima manifestazione di protesta e di dissenso dei nostri lavoratori dell’area industriale attraverso il braccio operativo della prefettura di Siracusa. Ma sfugge a qualunque occasione di chiarimento democratico con un territorio sgomento e profondamente allarmato dalle circostanze emerse”.

Attesa la sentenza del Cga sul divieto di scioperi nel Polo.

Il segretario provinciale Cgil si riferisce alla lettera in cui l’ambasciatore della Russia sollecitava – testualmente – il “caro Matteo” a rendere la vita più facile allo stabilimento Lukoil, economicamente disturbato dagli scioperi nell’indotto. Quella missiva, girata dal suo gabinetto al prefetto Luigi Pizzi, è poi finita agli atti del ricorso al Tar di Catania che il sindacato si è visto respingere. Con motivazioni così opinabili sotto il profilo del diritto sindacale, come si è enucleato in 70 anni di Repubblica, che l’appello al Cga è stato quasi una scelta obbligata. La data della sentenza dovrebbe conoscersi a giorni.

Salvini: non faccio il tramite fra ambasciatori e prefetti.

Intanto qualche giornalista ha provato a chiedere a Salvini qualcosa di quella lettera diplomatica, durante le interviste rilasciate al volo davanti la Capitaneria di porto. Ma il titolare degli Interni è visibilmente provato dalla crisi di governo e dalle inaspettate contestazioni a Catania. Perciò stavolta rinuncia alla solita battuta da avanspettacolo, e si limita a glissare: “Non faccio il tramite fra ambasciatori e prefetti”. Strano. Perché è l’ufficio Affari internazionali del suo Gabinetto a girare a Pizzi la lettera, con tanto di “caro Matteo” scritto di pugno dall’ambasciatore Sergey Razov. Al Viminale si ritrova collaboratori che aprono lettere così importanti e confidenziali, senza fargliele vedere? E senza consultarlo su cosa fare?

I 3 “come mai un ministro” che imbarazzano il Capitano.

Roberto Alosi.
Copertina, Matteo Salvini col santino
(frame dalla diretta di Local Team)

“Un pessimo segnale da parte di un Ministro della Repubblica, espressione del popolo italiano e che al popolo non risponde dopo aver giurato fedeltà alla nostra Carta Costituzionale”, considera Alosi. Il quale gira ai giornali quelle domande che non ha potuto fare di persona. “Come mai ha sentito il bisogno di rispondere prontamente al governo russo piuttosto che preoccuparsi di capire ed ascoltare le ragioni di un territorio, esasperato dalle tensioni sociali causate proprio dalla spregiudicatezza del colosso industriale russo che generosamente ospitiamo nel nostro distretto industriale?”.

Alosi: ascolta ambasciata ma sorvola su impegni Lukoil.

“Come mai – prosegue il comunicato sindacale – accoglie l’invito di un Paese straniero a ‘normalizzare’ le tensioni sociali ed occupazionali che esplodono dinanzi alle portinerie industriali, e non interviene invece sulla Lukoil. Per chiedere conto e ragione dell’impegno assunto al momento dell’acquisto della raffineria Isab di Siracusa, di un investimento di un miliardo e mezzo per ammodernamento tecnologico, risanamento ambientale e prospettive strategiche di sviluppo di cui si sono perse letteralmente le tracce?”.

“Strumenti repressivi invece di ascoltare territorio”.

“Come mai – conclude il documento Cgil – un Ministro della Repubblica italiana non ha sentito il bisogno di capire le vere ragioni di un territorio industriale martoriato, offeso, sfregiato. Che rischia di sprofondare in una irreversibile crisi ambientale, sociale e occupazionale. E, al contrario, ha deciso di inasprire pericolosamente il livello di tensione sociale utilizzando strumenti repressivi che non appartengono alla nostra storia e al territorio?”.

Moscopoli e crisi governo, il vicepremier s’affida ai santi.

L’inchiesta giudiziaria “Moscopoli” sui suoi collaboratori politici, e sui loro presunti affari col petrolio russo sotto costo per finanziare la destabilizzazione dell’Unione europea, resta ad aleggiare come un velenoso sospetto. Il sindacato perciò chiede “come mai”. I giornalisti domandano “perché”. Ma Salvini replica snobbando i primi, e cascando dalle nuvole coi secondi. Anche se una involontaria risposta si può “leggere” nella sua chiusura di comizio. Quando, ancora sul palco – mentre la contestazione prosegue imperterrita il coro “te ne vai o no, te ne vai si o no” – bacia con teatrale trasporto un’immaginetta di Santa Lucia. Restituendo la “fotografia” di un ex vicepremier che non sa più a che santo votarsi.

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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