
AUGUSTA – Cosa fa “fetere“ l’aria respirata ad Augusta? E’ una domanda rimasta senza risposta per l’intera giornata di Pasquetta, quando sole a picco e vento forte dal mare hanno liberato l’atmosfera. Ma non sono riusciti a sgomberare il cielo dai dubbi su cosa abbia causato quei miasmi, che nella notte fra il 12 e il 13 aprile hanno letteralmente soffocato interi quartieri di Augusta. In alcune zone della Borgata più di una famiglia è stata bruscamente strappata dal sonno per difficoltà a respirare. La forte puzza, “come di plastica bruciata“, ha subito fugato la paura del Coronavirus ma ne ha fatta sorgere un’altra: cosa stavano inalando? Un interrogativo a cui i sistemi di monitoraggio ambientale non stati in grado di dare un giudizio scientifico immediato. Le indagini dell’Arpa con gli stabilimenti della zona non hanno portato ad alcun risultato. Dalle loro interlocuzioni, nessuna industria ha dichiarato guasti agli impianti né le centraline Cipa hanno rilevato anomalie nei parametri che tengono sotto controllo.
Senza esiti immediati le analisi di Canister e Nose.

“Da me contattati per le vie brevi, i maggiori gestori degli impianti della zona industriale mi hanno comunicato che non hanno disservizi in corso” ,ha confermato la sindaca Cettina Di Pietro. Nella sua nota social ha rivolto inoltre un’esortazione, che suona a metà fra lo scaricabarile e l’impotenza. “Il mio pressante invito ai cittadini è quello di segnalare le puzze tramite l’app Nose che, grazie alla geo-localizzazione e allo studio dei venti, permette di ricostruire – anche attraverso i prelievi effettuati e le sostanze individuate – la provenienza della puzza stessa”. In circa 800 le hanno dato retta, però senza apprezzabili risultati sulla natura dell’inquinamento. I vigili urbani sono stati comunque attivati nelle prime ore della mattinata, effettuando rilevazioni col “Canister” poi consegnate al laboratorio provinciale. Non si hanno tuttavia notizie su altri sopralluoghi nel territorio comunale, per escludere l’ipotesi di uno smaltimento abusivo diverso dalle lavorazioni del Petrolchimico. Il tipo di odore, diverso dalle puzze generalmente segnalate, sembrerebbe inoltre far escludere i “soliti” mercaptani dall’elenco imputati.
Il prof Solarino: odore aggressivo tipico delle diossine.

già docente di Chimica industriale
Università di Catania
Copertina, lo smog di Pasquetta sopra Augusta (foto Facebook)
Fra dinieghi delle fabbriche, cui il Comune ha dato una sorta di credibilità ufficiale. E le novità nel tipo di “aroma” percepito, che portano a escludere miasmi esalati da vasche industriali od originati dai camini delle fabbriche, resta perciò intatta la questione di fondo: che sostanza era? In attesa di avere i dati dall’Arpa, qualcuno un’idea di massima se l’è fatta. E’ Luigi Solarino, che per anni ha insegnato Chimica industriale e Impianti chimici all’università di Catania. E fra l’altro vive nel quartiere Paradiso, a un tiro di schioppo dalla cintura petrolchimica. Spiega che “l’odore aggressivo percepito nelle case a 2 chilometri in linea d’aria da dove si trovano gli stabilimenti e l’inceneritore, è tipico delle molecole di cloro sottoposte ad alte temperature”. Nel 2007 aveva redatto una perizia per conto della Procura di Siracusa, nell’ambito di un’indagine a tappeto sulla presenza in atmosfera di esaclorobenzene. “Una sostanza della famiglia delle diossine, che nella zona di San Cusumano era stata trovata in quantità mille volte superiore al consentito”.
L’inceneritore potenziato brucia le plastiche del Covid.

Da quelle analisi chieste dalla magistratura e “fatte sviluppare da un laboratorio di Villafranca Padovana per evitare interferenze“, di anni ne sono passati parecchi. Il fascicolo ha seguito la sua strada, i pm esercitano altrove e molti impianti nel frattempo si sono ammodernati. Compresi quelli di un inceneritore nato in origine come “portuale“, che nel 2013 era inciampato in una condanna in primo grado proprio sulle presunte diossine. I nuovi altiforni di tecnologia svedese, di recente, ne hanno innalzato la capacità a 60 mila tonnellate l’anno, ben aldilà delle necessità legate al porto petrolifero e all’hinterland industriale. Una potenzialità che è venuta utile proprio per risolvere il problema dell’incenerimento dei rifiuti legati agli infettati dal Covid-19. Allo stato delle cose è però alquanto azzardata qualsiasi correlazione fra questa nuova attività, riguardante la distruzione delle protezioni plastiche venute a contatto col Coronavirus, e la puzza “come fosse un medicinale” che è stata segnalata in zona Faro da Manuel Mangano, esponente di Italia viva.
Pasqua, Tribulato e Canigiula scrivono al prefetto.

Enzo Canigiula, da consigliere comunale ha invece scritto alla prefettura. Spiegandole che “lavoro nella zona industriale da 34 anni e il mio olfatto è abituato a tutte le tipologie di puzze. Tuttavia stamani insiste una puzza molto pungente, mai avvertita prima d’ora”. Anche i suoi colleghi d’opposizione Biagio Tribulato e Angelo Pasqua hanno fatto sapere che “abbiamo chiesto al prefetto di Siracusa di essere informati, per avere urgente contezza dei miasmi immessi in aria“. Ovviamente risposte ufficiali non ne hanno ricevute, considerato che l’Arpa è l’unica a poter dire una parola certa. Se non proprio su “chi“, almeno su “cosa” sia stato immesso in atmosfera. Se il giro negli stabilimenti non avrebbe comunque portato a nulla, e anche quello all‘inceneritore sembra non abbia trovato niente di anomalo, da dove arrivava quella nube “tossica” percepita fino a Villasmundo?
I dubbi sugli scarti di legname al porto commerciale.
Un’ipotesi circolata in serata è quella degli scarti di legname accatastati al porto commerciale, le cui resine potrebbero essere entrate in auto-combustione per pressione. Tuttavia sembra difficile che tutto si sia esaurito durante le ore notturne, non lasciando neanche un filo di fumo indicatore quando ha fatto giorno. Lo stesso vale nel caso di quale discarica più o meno abusiva, che ha trovato modo di risolversi il problema dello smaltimento per vie poco ortodosse, se non sfacciatamente illegali. Resta da vedere se abbiano notato qualcosa almeno gli elicotteri, che da giorni sorvolano il territorio a caccia di chi viola la consegna pasquale del #iorestoacasa. Magari alla fine verrà data la colpa alle carbonelle con peperoni e carciofi arrostiti, accese tutte insieme col favore del buio da chi non ha voluto rinunciare alla “illegale” Pasquetta in campagna.
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