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Augusta, eredità contese e piazze agitate: don Prisutto verso la rimozione

Ultimo aggiornamento mercoledì, 14 Luglio, 2021   08:08

AUGUSTA – “Sosteniamo don Palmiro Prisutto e chiediamo che venga immediatamente interrotto il procedimento canonico a suo carico”. La Chiesa cattolica apostolica romana di Augusta inaugura la parrocchia 2.0, sotto forma di una petizione popolare lanciata su Change.org, per sottrarre l’arciprete ambientalista agli “ordini di servizio” dell’arcivescovado. A far scattare la mobilitazione dei supporter è stata la seconda ammonizione notificata al religioso, dove si contesta un presunto svolgimento insoddisfacente delle mansioni ecclesiastiche, che nei fatti prelude alla sostituzione nella carica di parroco alla Matrice. Dal 10 luglio, alla mobilitazione virtuale si sono affiancati i banchetti allestiti sul sagrato durante l’orario delle funzioni. Dove si stanno raccogliendo, carte d’identità alla mano, pure le firme autografe sotto l’appello rivolto a papa Francesco. Affinché, sostiene la lettera al Pontefice“non venga commessa una grande ingiustizia nei confronti di chi da sempre ha dedicato la sua vita al servizio degli altri”. Il documento analogico-virtuale lamenta che “dopo anni di pressioni, la Curia arcivescovile di Siracusa vuole rimuovere attraverso un procedimento che ha del surreale e dell’umiliante nei confronti dell’uomo, del sacerdote e di tutta una comunità intera”.

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Ambientalisti chiedono intervento Vaticano contro il vescovo: l’arciprete è un riferimento.

Il manifesto della campagna a sostegno dell’arciprete a processo nel tribunale ecclesiastico.
copertina, raccolta di firme sul sagrato della Matrice durante le funzioni vespertine.

La petizione illustra al Vaticano il curriculum dell’impegno civile dell’arciprete, che ne ha fatto il paladino di molti movimenti di protesta. “Don Palmiro è da più di 40 anni un punto di riferimento per Augusta”, sottolinea il testo, che sulla piattaforma online ha superato le 1.500 firme in un paio di giorni. Il documento fa rilevare come sia “considerato un ‘sacerdote di frontiera‘ che ha sempre svolto il suo ministero al servizio dei più deboli, denunciando lo scempio ambientale compiuto nella nostra zona, nota per l’alta percentuale di malati oncologici che in lui hanno sempre visto una speranza”. Ai vertici ecclesiastici si sottolinea che per questo impegno ha “ricevuto una lettera di stima da papa Francesco”, oltre ad essere “stato insignito col prestigioso premio Nenni. La sua lotta dà forza e speranza a chi, quotidianamente, lotta contro il cancro, evidenzia l’appello al Pontefice. Ricordando fra l’altro come sia stato “impegnato in prima linea, in seguito al terremoto del 13 dicembre 1990, perché non cadesse mai l’attenzione sul nostro territorio”. Grazie a quella tenacia “perché la gente riavesse le proprie abitazioni in un tempo ragionevole” – cui non mancarono gesti eclatanti come la restituzione della carta d’identità alla presidenza della Repubblica “consentì di poter ricostruire la chiesetta del borgo marinaro di Brucoli, di cui era divenuto parroco”.

La Curia contesta a padre Palrmiro di trascurare troppo la pastorale parrocchiale.

Il prete che piace ai grillini e alla stampa di sinistra, non è la prima volta che si scontra con la sua gerarchia. Ma stavolta è andato a sbattere con la determinazione di Francesco Lomanto, nel mettere ordine all’attività pastorale della Matrice. Il prelato originario di Mussomeli, giusto un anno fa si è insediato nella cattedra di San Marziano. Ereditando la patata bollente di Augusta, dilaniata da uno scontro senza precedenti nella chiesa locale. Innescato proprio dalla grintosa personalità dell’arciprete, e dalla sua visione “ostile” alla pratica religiosa più legata ai riti tradizionali. Ma ciò che avrebbe colpito il nuovo arcivescovo durante il consueto giro di ricognizione nella diocesi, secondo quanto sfuggito dal muro di riserbo eretto dalla Curia, sarebbe il “depauperamento” spirituale della parrocchia: in sostanza resa più simile a un comitato di lotta, che a un punto di riferimento per l’evangelizzazione. Più di un collaboratore ha fatto notare come buona parte di coloro scesi in piazza perché “nessuno tocchi don Prisutto”, quando il predecessore Salvatore Pappalardo gli aveva suggerito le dimissioni, poi non sono stati altrettanto solerti a seguirlo quando officia dall’altare. L’ispezione vescovile ha poi preso forma di un richiamo formale, forse eccessivamente sottovalutato dal destinatario. Col risultato che a metà giugno si è avviato il procedimento canonico disciplinare, attraverso un tribunale ecclesiastico costituitosi a Siracusa in via eccezionale

Sullo sfondo l’imbarazzante processo penale sull’eredità contesa a una confraternita.

Secondo indiscrezioni che gli attivisti di “io sto con padre Palmiro” hanno diffuso sui socialle contestazioni riguarderebbero due articoli del codice canonico per i quali è prevista solo la rimozione dalla carica in parrocchia. In sostanza nessun trasferimento obbligato in un’altra città, né tantomeno la sospensione dall’abito talare. Al termine dell’iter processuale ecclesiastico, in pratica verrebbe nominato un altro sacerdote con le funzioni di parroco alla Matrice, sollevando d’autorità il predecessore dalle mansioni legate alla funzione ecclesiale. La quale è comprensiva anche del ruolo di primate in un clero metropolitano, che esplicitamente sostiene l’azione disciplinare del vescovo. Ambienti parrocchiali raccontano che la rottura definitiva con i confratelli si è consumata in primavera. Quando l’arcivescovo ha convocato il Capitolo di tutti i sacerdoti augustani, dove ha rappresentato all’arciprete l’incompatibilità evidente fra la carica di pastore della Chiesa locale, e quella di accusatore penale delle pecorelle più attive nel riempire messe e processioni. La vicenda è quella del manifesto affisso in 3 chiese da alcune delle più antiche e numerose confraternite cittadine, che accusava don Prisutto per l’affitto di un terreno lasciato da un devoto come eredità alla chiesa di San Giuseppe. Quel testamento del 1944 si è presto trasformato in uno scontro giuridico-economico, al quale non erano estranee le precedenti ruggini iniziate per le modifiche logistiche all’usuale processione del Corpus domini, e degenerate dopo il ridimensionamento di altre seguitissime pratiche religiose.

Il sacerdote porta in tribunale le pressioni vescovili per ritirare denuncia spacca-parrocchia.

Quando la stampa locale ha dato notizia del libello, l’arciprete ha ignorato telefonate dei giornalisti e diritto di replica. Andando invece direttamente a denunciare per diffamazione tanto gli autori del cartellone, quanto un paio di cronisti che ne avevano narrato i contenuti. Un esposto che in primo momento era destinato all’archiviazione. Ma poi l’indagine fu riaperta dallo stesso procuratore capo Francesco Paolo Giordano – di cui don Prisutto aveva apprezzato la clamorosa inchiesta sulle norme anti-inquinamento nelle industrie – facendola diventare oggetto di un processo oggi scabroso per la Curia. Perché fra i testimoni della difesa appare lo stesso Pappalardo. Anche il successore Lomanto ha intuito che c’era il serio rischio di vedere in tribunale un vescovo emerito, smentire sotto giuramento le tesi dell’arciprete su una storia riconducibile più a Mammona che al Vangelo. A imbarazzare ulteriormente l’arcivescovado è stata la deposizione in aula rilasciata lo scorso marzo dall’arciprete, quando ha messo a verbale che “sono sei anni che ricevo pressione” per ritirare la denunciaAggiungendo che “recentemente anche con il nuovo arcivescovo uno dei primi atti a cui ho dovuto dare seguito, è stato proprio questa richiesta di rimettere la querela“. A complicare ulteriormente un dibattimento giudiziario ideale per finire sui giornali anticlericali, è la presenza fra gli imputati dell’assessore comunale Pino Carrabino, all’epoca coordinatore delle Confraternite. Molti addetti ai lavori della politica augustana hanno notato che i più attivi ultras social della petizione, sono riconducibili a precisi ambienti dell’opposizione alla nuova amministrazione. Principalmente grillini, dei quali don Prisutto è stato un aperto sostenitore, ricambiato con udienze private dal ministro Sergio Costa e comparsate in diretta su La7 insieme Alessandro Di Battista. Ma fra i supporter figurano anche frange del centrosinistra, rimasto tagliato fuori da quegli accordi di maggioranza afferrati al volo da compagni più scaltri. Persino qualche esponente di Destra ha espresso una sorprendente solidarietà via Facebook, a un prete in netta antitesi a quell’area ideologica.

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Il labile confine fra un prete-simbolo e la tonaca-immagine di chi non va nemmeno in chiesa.

LA NOTA: Chi sta alimentando la campagna mediatica a sostengo di don Prisutto, tenta di far passare il processo canonico come un modo per sbarazzarsi di un prete scomodo alle raffinerie. Nonostante la liberazione dalle mansioni di routine cui è costretto un arci-parroco, di fatto gli slegherebbe le mani ancora di più. E nell’epoca dell’iper connessione web, persino il trasloco in un’altra città non abbasserebbe di un decibel il suo megafono. D’altronde don Luigi Ciotti non ha bisogno di una parrocchia per essere il simbolo forte che è, in tutta Italia. Eppure, chi lo conosce da tempo, mai ha visto don Palmiro così visibilmente provato. Solo a chi lo ha sempre e soltanto considerato come un utile capopopolo, è sfuggito il travaglio interiore di chi è combattuto fra il voto di obbedienza e la personale chiamata missionaria. Perché nessuno, nemmeno fra i detrattori, ne ha mai messo in discussione la vocazione autentica. Solo che la sua visione evangelica, per molti aspetti vicina alla “teologia della liberazione“, è stata spesso strumentalizzata da chi ha poco da spartire con la Chiesa e la sua missione. Riducendolo a una tonaca comoda per veicolare comunicati e legittimare cortei di protesta, mettendo in ombra il contenuto di valori profondi che la riempiva. Una sorta di monsignore ma non troppo, comodo a chi piace riempire i servizi televisivi piuttosto che i corsi di catechismo o i centri di volontariato.

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Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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