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Panchina ad Augusta ma campione negli Usa: Laura è una storia di molti

Ultimo aggiornamento martedì, 2 Marzo, 2021   22:29

AUGUSTA – Panchina ad Augusta, campionessa negli Usa. Nel titolo c’è già tutto, l’articolo potrebbe anche finire qui. Invece la storia della pallavolista Laura Pasqua merita di essere raccontata fino in fondo. Perché narra di una diciassettenne studentessa amante dello sport. Dei suoi sogni di affermarsi per quello che sa di poter fare. E delle amarezze che “poteri” grandi e piccoli – spesso proprio piccolissimi – infliggono a queste speranze giovanili. Una storia che i giornali del Massachusetts hanno raccontato solo nella parte in cui vince il campionato dello Stato, giocando di ruolo in prima squadra. Ignorando che in questo pezzetto di Sicilia la lasciavano permanentemente fuori dalla rosa titolari, persino fra gli juniores

Vicenda esempio dei talenti soffocati, non solo nel volley.

Nella storia di Laura, bistrattata dai concittadini augustani e valorizzata dagli stranieri americani, ci sono dentro le tante storie del talento riconosciuto fuori, all’estero. Dove non contano i giri giusti, né i cognomi “sbagliati”, né i Rigoletto di turno che li fanno pesare nel modo più vile. Che costringono un giovane di belle speranze a fare il migrante, a partire da un paese dove i migranti invece arrivano. Che portano ragazzi e ragazze a cercare un futuro lontano da casa propria. La stessa casa che molte altre vittime incolpevoli del lato “sbagliato” della storia e della geografia, vedono al contrario come una terra delle opportunità.

Il papà consigliere ha cambiato idea su chi migra.

Quando la liceale si presenta all’appuntamento col taccuino del cronista, l’accompagnano papà Angelo e mamma Carla. E c’è anche “Ibra“, il ventenne gambiano arrivato coi gommoni dei trafficanti libici. La cui odissea attraverso mezzo continente nero, raccontata fra una ripetizione di matematica e l’altra, ha spinto il suo insegnante pro-bono a cambiare idea. Il consigliere comunale che è “di destra, ma nella disumanità non si riconosce”, in quel ragazzo nero ha rivisto – in scala infinitesimamente ridotta – le stesse angosce e aspettative della figlia. E le preoccupazioni di quella lontana mamma africana, che l’ha mandato via per salvarlo dal fondamentalismo islamico.

Titolare nella squadra vincitrice del campionato di Stato.

Laura – per fortuna – ha tutta un’altra storia. Anche se gli interrogativi sul suo futuro sono, soggettivamente, gli stessi del quasi coetaneo. Ha portato le foto mentre gioca con la Norwell High School. Insieme alla copia del Norwell Mariner, quotidiano che l’11 ottobre racconta a tutta pagina la “Record-breaking season” di un team che, per la prima volta, ha vinto il titolo. L’eterna panchinara augustana, diventata seconda alzatrice della squadra statunitense dopo una selezione fra 500 atlete, campeggia nella foto d’apertura mentre si produce in un baker. Il suo racconto è uno spaccato del sogno americano, che ad Augusta sembra impossibile.

Alla Norwell del Massachusetts grazie a Intercultura.

Laura Pasqua mostra le foto di una squadra di volley dove ha trovato l’America.
Copertina, la panchinara augustana con l’articolo dedicatole dal Norwell Mariner.

“Grazie al programma di scambio internazionale Intercultura, per un anno ho potuto studiare in quel liceo a mezz’ora d’auto da Boston. Mi ha ospitato una famiglia meravigliosa come quella di Erik e Kristy Edelmann, ebrei ortodossi e praticanti che hanno tre figli di 10, 12 e 14 anni. Quando hanno fatto le selezioni nella contea di Plymouth per la squadra di pallavolo femminile, mi sono presentata senza grandi aspettative. Invece l’allenatrice della Varsity, Roberta Stannard, mi ha preso fra le 10 da inserire nel team. Da lì è cominciato tutto. La sua esperienza di campionessa a livello federale mi ha fatto crescere tecnicamente. E’ arrivato il posto fisso in prima squadra e la vittoria nel campionato, il primo nella sua storia”.

La coach Stannard: una leader naturale in campo e fuori.

Quando mamma e papà sono andati a trovarla, hanno parlato con quella coach.“L’ho ringraziata spiegandole che ad Augusta avevo pregato, inutilmente, di ripagare Laura del suo impegno facendole giocare qualche partita del campionato provinciale: tutto inutile”, racconta il consigliere Pasqua. Aggiungendo che quella atleta, con la bacheca piena di trofei Usa conquistati in campo e dalla panchina,“si era stupita: la ragazza, mi ha detto, non solo è brava ma sa fare anche spogliatoio. E’ una leader naturale“. Forse alla allenatrice americana è scappato qualcosa che somiglia ad un “crazy” rivolto ai colleghi siciliani.

Ad Augusta è stata sempre lasciata in panchina juniores.

O forse l’ha solo intuito l’affetto di un padre. Che si chiede anche se in qualche modo abbia influito la sua politica di opposizione consiliare con Attivamente, condizionando scelte dirigenziali sensibili al benvolere dell’amministrazione M5s sulla gestione degli impianti comunali. In realtà nessuno può dire quali meccanismi tecnico-societari hanno costretto una giovane atleta, per 4 lunghissimi anni, al posto fisso nella panchina di una squadretta giovanile augustana. E poi, nel giro di neanche un anno, vestire la maglia da titolare nello squadrone vincente di uno stato Usa da 6 milioni e mezzo di abitanti, e ben altra competitività nel volley.

Dopo la High School torna in una città troppo stretta.

La liceale diciassettenne adesso è ritornata in famiglia, portandosi dietro un libro con gli scatti più belli della sua avventura negli States. E’ finito l’anno di scambio culturale, l’emigrazione regolare in America non è una cosa semplice, e poi c’è la questione della validità dei titoli di studio oltreoceano: quindi, per lei estate augustana “as usual“. Probabilmente finirà la scuola qui. E difficilmente tornerà a scaldare la panchina del modesto palazzetto di Brucoli, dopo aver assaporato i riflettori dei campi da gioco nelle organizzatissime High School.

Borse di studio sportive offerte da 3 università Usa.

A casa è tornata, ma ad Augusta Laura non c’è. Non c’è più perché ora sa. Sa che se il talento va a sbattere contro chi non ti dà nemmeno una chance di dimostrarlo; che se l’impegno non trova nessun “capo” capace di apprezzarlo; che se il contesto mostra tutto ciò come inevitabile perché “così è la vita“, in realtà non è affatto ineluttabile che debba andare per forza in questo modo. Ora sa che non la raccontano giusta, che tutto ciò è profondamente sbagliato, che ci sono posti dove funziona in modo completamente diverso. Glielo ricorda quella pagina del quotidiano Norwell Mariner. E le lettere inviate da tre università, dal North Carolina al Maryland, che le propongono un provino per una borsa di studio con cui pagarsi la laurea negli Stati Uniti.

Laura con papà Angelo e “Ibra”, il gambiano che ha cambiato le idee al consigliere “di destra”.
Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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