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La fase 2 non è per il Muscatello: il risk manager gela sul Covid-hospital

Ultimo aggiornamento mercoledì, 3 Marzo, 2021   13:42

AUGUSTA – Nubi nere si addensano sull’ospedale della zona industriale, ma le raffinerie stavolta non c’entrano. La fase 2 dell’emergenza Coronavirus, infatti, attualmente non prevede alcun ritorno alla normalità per il Muscatello. Almeno fino a quando non lo deciderà quella stessa politica che gli ha piazzato dentro ben 2 corsie Covid, capaci di azzerare la normale operatività del nosocomio. Sono praticamente semi-inutilizzati i 32 posti letto strappati a Chirurgia e Medicina di Augusta, considerato che al 24 aprile sera ne erano occupati solo 7. Ma anche se le fonti ufficiali affermano che il picco è superato, chi gestisce il contrasto all’epidemia non ha ancora preso in considerazione la possibilità di restituire il presidio alla normalità. Anzi, secondo il risk manager Cristoforo Pomara, “l’alta promiscuità” negli stabilimenti potrebbe spingere la Regione a lasciarlo come struttura a disposizione per fronteggiare un eventuale ritorno dell’epidemia. Il docente all’università di Catania fa parte del team di “super-esperti” nominato dall’assessorato regionale alla Salute, proprio per affrontare le criticità delle Asp durante la fase 1. Una decisione presa dopo che il “caso Siracusa” era finito persino nelle cronache nazionali, pur essendo già intasate dalle miriadi di anomalie registrate in tutta Italia.

Il professor Pomara in streaming con Assostampa.

La video conferenza stampa in streaming di Assostampa

Il professor Pomara ha risposto ai giornalisti siracusani il 25 aprile, durante il collegamento in streaming organizzato dalla segreteria provinciale Assostampa. Alla domanda se il ritorno alla normalità vale anche per il Muscatello, ha precisato che “il problema va affrontato globalmente in relazione a quelle che sono le potenzialità che l’Asp provinciale potrà avere per garantire un migliore servizio”. Poi ha rimandato tutto a “quelle che sono le indicazioni nazionali, e poi dal recepimento regionale delle strategie migliori”. In sostanza decide la politica, anche se teoricamente bisogna “vedere le indicazioni che provengono dall’Istituto superiore di sanità“. Ovviamente in quelle stanze così indaffarate di questi tempi, è facile che non guardino gli ospedali su Google maps. E gli sfuggano i 13 chilometri di stabilimenti che si affacciano sul golfo Megarese, trafficato da petroliere e dalla flotta militare più numerosa dopo quella di Taranto. Tocca quindi al governatore Nello Musumeci e al suo assessore Ruggero Razza, decidere ciò che nelle stanze romane può sfuggire. Facilitati dal fatto che essendo catanesi, praticamente sono come dirimpettai. Ma ovviamente gli esperti devono dargli via libera. Ed è qui che, paradossalmente, la cosa sembra complicarsi.

“Chiusura Covid? In zona industriale alta promiscuità”.

Quando tutto inizia a riaprire, sarebbe valida la scelta di lasciare il Covid-center in un ospedale a presidio del Petrolchimico? La risposta di uno dei 3 “guru” scelti dalla Regione è spiazzante. “Proprio perché sono risk manager potrei rispondere che la zona industriale di per sé la dovremmo considerare ad alta promiscuità. Quindi una zona che offre più rischi rispetto a una cittadina con un terziario diversificato”, dice PomaraQuesto professore catanese di Medicina legale potrebbe anche tentare il salto in politica, considerato che prosegue usando quella consumata arte. “Bisognerà vedere da come il legislatore intenderà gestire la situazione di rientro al lavoro. Per ora attendiamo queste direttive di natura applicativa da parte del livello centrale, a meno che non voglia farlo la Regione. Oggi è prematuro fare questo tipo di valutazione, senza dire che le condizioni di rischio non sono valutabili“. In realtà, nella vicina Palermo questa valutazione la possono già fare, senza aspettare il lontano ministero di Roma. Basta consultare le statistiche dell’Asp, e vedere che alla voce contagi gli stabilimenti del Petrolchimico oggi segnano “zero“. Lo conferma Mario Lazzaro, medico componente del comitato di Igiene industriale di Federchimica.

Federchimica: misure già prese, da noi zero contagi.

Mari Lazzaro
medico del lavoro
Federchimica

“Un caso statistico? Non credo, le fabbriche hanno adottato subito i protocolli più stringenti“, spiega il dottore Lazzaro. Raccontando delle immediate misure prese per il distanziamento personale, dei dispositivi di protezione individuale subito distribuiti, dei termoscanner piazzati nelle portinerie. Insieme agli scaglionamenti in bagni, spogliatoi e mense aziendali. Ai contatti evitati con gli esterni, sia ai pontili che ai varchi d’ingresso per i mezzi pesanti. “Oltre allo smart working che ha coinvolto il 50 per cento del personale”. Questo medico del lavoro chiamato nell’unità di crisi allestita da Assindustria Siracusa, aggiunge che “fra diretti e terzi, oggi è all’opera il 30 per cento della forza lavoro. Ma ci sono piani dettagliatissimi per un ritorno alla normale produzione, compreso un rientro a scaglioni“. Nel frattempo “sono già stati sanificati filtri e condotti dell’aria“, pratica precauzionale della quale non si ha notizia per moltissimi uffici pubblici. E possibilmente magari per gli stessi ospedali, nelle zone non direttamente interessate dai percorsi infetti. Insomma, conti alla mano, non è certo “l’alta promiscuità” della zona industriale che può fare da fondamento scientifico per mantenere il Muscatello come un Covid-center per ogni evenienza. Semmai sono i rischi ambientali legati all’area Sin, che ne impongono l’immediato ritorno alla normalità.

La ripartenza secondo Sicindustria: niente vincoli.

La nube tossica di Pasquetta che si è stesa sopra il porto di Augusta, con i malori accusati da molti residenti nel centro storico, è rimasta in cerca d’autore. A dimostrazione che la concentrazione di attività ad alto rischio ecologico, rendono l’area intorno il presidio ospedaliero molto esposta a un qualsiasi tipo di emergenza sanitaria. In misura superiore a quella di un Coronavirus che ha solo sfiorato sia la città che i comuni limitrofi, stando a ciò ripetono le fonti ufficiali“. Il recente terremoto nella “zona rossa” di Piacenza, inoltre, ha ricordato che la tettonica non si ferma nemmeno con la pandemia. L’area sanitariamente presidiata dal Muscatello è classificata al alto rischio sismico prima ancora del traumatizzante terremoto del 1990. E non occorre un risk manager per sapere che le percentuali di rischio non si sommano, ma si moltiplicano. Fra l’altro Sicindustria ha già presentato “un piano straordinario per la ricostruzione“. Nel comunicato sottoscritto il 25 aprile da Assindustria Siracusa, insieme all’omologa di Catania, parla di “una operazione drastica e radicale di semplificazione amministrativa“. Che in sostanza si traduce nella richiesta di “tempi certi e veloci per le autorizzazioni”. Gli industriali chiedono che “il Governo e la Politica tutta, si impegnino a semplificare la macchina amministrativa”. Per il come, suggeriscono avvenga “rendendo certi e veloci i percorsi autorizzativi per i nuovi investimenti, e alleggerendo i molteplici vincoli imposti dalla attuale normativa“.

Altro che epidemia, il Muscatello è un risk-hospital.

Diego Bivona
Assindustria Siracusa

Un ospedale nel cuore di questa “nuova e convinta politica industriale sostenibile“, svolge una funzione precisa. Soprattutto considerando che per “sostenibilità” gli imprenditori intendono quella di natura economica secondo gli standard produttivi attuali, non certo quella riferibile alla futuristica riconversione “verde“. La funzione svolta da un presidio ospedaliero a ridosso di un Petrolchimico in mano a multinazionali che già indicano “priorità cui bisogna subito mettere mano per vincere la competizione con altri territori nazionali ed internazionali”, è anche quella di essere un centro di monitoraggio epidemiologico. Che si affianca alle necessità di assistenza per le patologie peculiari. Già questo basterebbe a non far nemmeno prendere in considerazione l’idea di farne un Covid-center di lungo corso, senza aspettare direttive dagli “scienziati” di Roma. Se poi si aggiunge che nel mazzo del rischio sismico e del rischio di incidente industriale rilevante bisogna inserire anche il rischio militare, allora non serve un risk manager per capire che il Muscatello è soprattutto una struttura altamente strategica per la Protezione civile. A proposito, qualcuno ha pensato ad aggiornare il piano di emergenza in caso di calamità?

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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